1.Sette speranza

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SKY

Poche volte mi era capitato che le parole si incastrassero in gola e quella mattina in macchina con mio padre era successo.

Succedeva sempre con lui.

Non sapevo come approcciare un discorso, degli argomenti vaghi di cui parlare, di cosa chiedergli per non rimanere imballati in quel silenzio soffocante, qualsiasi cosa pur di non rimanere fermi. Eppure, eravamo a pochi centimetri di distanza, io guardavo fuori dal finestrino e lui davanti a sé con le mani salde sul volante. Presi l'iniziativa di accendere la radio, in modo tale che coprisse quelle mancate parole e quel brusio fastidioso.

Con mio padre, di discorsi, nei miei diciassette anni di vita ne avevo fatti ben pochi.

E ogni volta che provavo ad abbozzarne uno, veniva demolito dalla sua completa indifferenza, perciò crescendo avevo smesso di farlo. Avevo smesso di cercare un padre a cui affidarmi, perché lui non c'era mai stato e se ci fosse stato, sarebbe stato assente dalla realtà del quotidiano. Mi faceva così tanta rabbia che strinsi la cintura per non scoppiare, ma nervosa mi mordevo le unghie.

«In questi giorni non ci sono, vado via per lavoro. Mi raccomando, sii seria e impegnati da subito.»redarguì, senza degnarmi nemmeno di uno sguardo. Impassibile nella sua posizione impostata e la sua solita espressione composta, fredda, che non sapeva donare affetto. Annuii, stanca perfino di controbattere con altre domande o di tentare di tenere in vita quella conversazione improvvisa.

«Non combinare guai, non fare la sfacciata con i professori e cerca di fare amicizia solo con gente a modo.» mi servì praticamente tutto il libretto illustrativo su come avessi dovuto comportarmi. Mi stava programmando come una bambola, per l'ennesima volta. Anche se non ne aveva il diritto.
Non più.

«Posso respirare, oppure quello è vietato?» sbottai scendendo dalla macchina nera con lo zaino in spalla, vedendolo andare via di nuovo. Ormai, non ribatteva neanche più alla maniera in cui mi comportavo. Anzi, lui non aveva mai ribattuto, perché a lui non era mai fregato nulla.

Diamine. Papà ti ho sbraitato contro e tu non mi dici nulla?

Sbuffai, stringendo il pugno in una morsa stritolante come se in quel momento avessi voluto sferrare colpi all'aria. Ero così arrabbiata, che avvertii il sangue pompare attraverso le vene.
Scossi il capo e lo voltai alla mia destra, verso l'edificio grigio che si innalzava.

La scuola che si era presentava piccola e mal strutturata ai miei occhi, ebbe il suo apice di curiosità, quando un gruppo di studenti su delle panchine si misero a fumare il narghilè con una faccia estasiata; mai nella mia vecchia scuola,
avrei potuto assistere ad una scena simile. Ma, loro lo facevano spontanei, senza timore di essere beccati da nessuno, il che mi fece sorridere.

Tutti erano vestiti in modo diverso, comodi nei loro stili differenti, non con stupide uniformi addosso, belle e profumate.

Beh, almeno sai che non sei capitata nel circo del conformismo Sky.

«Signori e signore, non so se lo sapete...Ma è arrivata il prossimo angelo di Victoria Secret nel nostro liceo!» affermò Drew a voce alta arrivando a passo spedito nella mia direzione. Se avessi potuto tirargli un pugno in pieno viso, lo avrei fatto volentieri, dato che tutti gli studenti che stavano discutendo per conto proprio si voltarono nel sentire quella frase con singolarità e attenzione.

Il biondo dai capelli spettinati e lo sguardo maliardo, spalancò le braccia come se non ci fossimo visti il giorno prima.

«Sai, Drew...Una cosa mi ero premessa di fare per iniziare bene il primo giorno di scuola: non fare pessime figure. Ma wow, tu sì che mi capisci al volo no?» gli intimai ironica schivando la sua presa.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora