10.Eco aggressivo

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Spiegai a Maeve che avevo avuto un contrattempo e che sarei dovuta tornare a casa urgentemente. Nonostante lei mi avesse chiesto ripetutamente se fosse stato tutto a posto e si fosse proposta di accompagnarmi a casa, io avevo rifiutato. Drew che non si faceva sentire da giorni, mi aveva riscritto così all'improvviso e non capendo quello che intendesse, mi aveva inviato poi un altro messaggio più esplicito:

Raggiungimi al nascondiglio.

Non c'era bisogno di altre delucidazioni.

Non sapevo in cosa si fosse immischiato, qualsiasi fosse stata, ora non era ridotto bene. Per poco non persi il pullman che conduceva a scuola, salendo la collinetta a grandi falcate. Avevo una memoria visiva molto affidabile e mi ero ricordata del percorso che avevo intrapreso con Drew, settimane fa.

Quando arrivai di fronte al negozietto di videogiochi abbandonato, notai che la saracinesca era alzata di poco così da poterci passare sotto con molta tranquillità. Mi abbassai e attenta a non strisciare nella polvere, vi entrai con la valigetta.

Era buio pesto e non vedevo nulla. Così sfilai dal giubbotto il cellulare e illuminai il luogo tetro e isolato, per poco non sobbalzai quando una voce rauca e carica di rabbia non mi riprese.

«E tu che cosa cazzo ci fai qui?» domandò Tom adirato sul divano vecchio che avevo visto la volta precedente.

Era seduto nei suoi jeans larghi e una felpa bianca. La solita bandana nera legata alla fronte e le treccine scure che gli ricadevano sulle spalle modulate.

Quegli occhi di un colore simile alla pece e al petrolio, mi stavano uccidendo man mano che prendevo un piccolo respiri.

«Drew mi ha scritto che era un'emergenza!» mi difesi da quel tono accusatorio.

Era la prima volta che mi parlava dopo giorni, e non mi andava giù che quella fosse stata la sua illazione. Non avevo fatto nulla e mi trattava come se fossi stata il peggiore dei criminali.

«Beh, tuo cugino dice un sacco di cazzate!» ribatté stretto nella sua pozione di ostilità innata.

«Non penso che mi avrebbe fatta venire qui solo per una "cazzata" come dici tu...E poi dov'è lui?» chiesi notando la sua assenza.

Ma Tom non mi rispondeva, rimaneva nel suo zelo assoluto e nella sua espressione vitrea.

«Cosa ora? Facciamo i preziosi?» lo costrinsi per estrapolargli un'informazione.Serrò la mascella e respirò pesante, voltando lo sguardo in tutt'altra parte.

Mi stava ignorando! Brutto...

Così gli andai contro, non mi interessava di lui, però di Drew sì e qualcosa mi sussurrava che lui sapesse dove fosse mio cugino. Sicura gli afferrai quasi il braccio per farlo voltare, ma lui mi batté sul tempo e schivò la presa prendendo il mio con violenza.

«Cos'è tutta questa confidenza?» ringhiò tra i denti con occhi iniettati di astio, occhi minacciosi.

«Voglio solo sapere dove diavolo è mio cugino! Non ti allarmare non avrei mai voluto toccarti!»borbottai cercando di dimenarmi dalla sua morsa forte. Non ne ero capace. La sua potenza era inaudita.Mi stava strattonando e mi faceva male, nonostante ciò, non avevo intenzione di ammetterlo ad alta voce.

Volevo fare la dura e vedere fino a che punto si sarebbe spinto.

«Ragazzina non farmi girare le palle e vattene.» dichiarò tra i denti ad un passo da me.

Avrei dovuto avere paura, immaginai di sì. Ebbene, non seppi il perché, ma nulla simile a ciò si infuse nel mio corpo. Non avevo paura di Tom.
Non avevo neppure la certezza che non mi avesse fatto nulla, però qualcosa, un piccolo barlume fioco e infondato di speranza mi diceva che non dovevo averne. Non dovevo, perché non c'era motivo.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora