34.Illuminare la strada

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S K Y

Un nero scuro.

I suoi occhi erano scuri, sì. E allora perché nei suoi occhi non ritrovavo alcuna familiarità con quelli di Tom? Perché mi apparivano estranei, così diversi da quelli a cui ero abituata.

«Bill...?» ripetei io involontariamente ad alta voce a causa dello stupore. Non riuscivo a muovermi, ero come paralizzata da un senso di fremito incessante.

Tom.

Fu a lui che pensai fissando negli occhi quel ragazzo impalato che faceva passare lo sguardo da me a Drew, intrinseco di un ingente fretta di andar via da quel posto. Da quella scuola.

Aprii le labbra per dire qualcosa, anche solo una minima sillaba, per non farmi trascinare dal silenzio rintoccante che pulsava nella mia testa.
Avevo così tanto idealizzato quella persona nel mio immaginario, che senza averla conosciuta ne ero rimasta catturata. Eppure, da lì a qualche minuto sarei rimasta delusa dalla sfrontatezza della realtà e dalla disillusione che mi ero creata nel mio io.

Sbilanciai subito un'occhiata fugace a Drew, che se dapprima aveva avuto gli occhi sbaragliati, in un istante la sua postura era ritornata ad essere rilassata e poggiata contro il muretto della scuola. Perché era così calmo? Perché sembrava che la presenza di quel ragazzo non lo toccasse nemmeno, e tutto fosse ritornato ad essere normale?

Io avevo scorto in un breve frangente di secondo, tutta la sua preoccupazione. Io l'avevo vista.
Lui aveva davvero cambiato espressione temendo un suo confronto, come faceva a fingere a quel modo allora? A fingere.

«Drew...» provai a capire di più di quella inequivocabile situazione in cui ci eravamo trovati. E come ogni volta che ogni cosa pareva farsi più scura, Tom emergeva all'apice della superficie per scombussolarmi i pensieri.

Oh.

Mi irrigidii sul posto, feci qualche passo avanti come a nascondere la figura di Bill dietro alla mia, non compresi l'irrazionalità del mio gesto avventato. Cosa mi spingeva a credere che quella fosse stata l'opzione migliore da prendere?
Cosa si sarebbero detti, come si sarebbero guardati, come avrebbe reagito Tom?

Quest'ultimo che contrasse la mascella e dispiegò l'attenzione ben oltre la mia spalla. Si soffermò allungo su quel ragazzo, l'osservo, lo studiò minuziosamente nei suoi minimi particolari imprimendosi la sua immagine dentro le iridi.
La vedevo riflessa al suo interno della chiazze scure, mentre sbatteva le palpebre e le ciglia lunghe ondeggiavano nel movimento. Poi rilasciò un respiro tirato e rilassò la postura.

«E chi sarebbe lui?» chiese scettico «Un nuovo amico che vuole far parte della gang?»

Come?

Inarcai il sopracciglio e nel mio viso l'alone di confusione trasparve chiaro.

«Bill Schmidt! Cosa diavolo le é saltato in mente, ritorni subito in classe!!» dalla soglia dei cancelli tetri comparve un uomo dagli occhiali fini e la sagoma alta. Il professor Sborn.

Non era lui.

«Dovrà subire una punizione per la conseguenza delle sue azioni indisciplinate e poco rispettose nel nome di questo istituto! Vada subito in presidenza, oppure-» il suo parlare deciso e minaccioso fu interrotto quando si accorse di non essere solo all'esterno. Il suo sguardo infervorato e la sua voce rimbombante di tracotanza, diluì fino a scemarsi. E nel suo viso si dipinse l'aria sorpresa di circostanza di non si aspettava di ritrovarsi giudicato e squadrato negli impercettibili e discriminatori comportamenti.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora