8.Il fuoco su benzina

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«Vediamo un po' chi c'è qui oggi...» una serie di luci bianche ci vennero proiettate in pieno viso e furono così fastidiose che dovetti serrare gli occhi in due fessure per vedere chi le stesse puntando.

Erano degli agenti in borghese.

«Vedo che oggi siete in tanti qui...» incominciò a far scorrere la torcia verso degli altri ragazzi che stavano fumando e imprecando verso di lui.
L'uomo aveva avuto più o meno sulla quarantina, una voce baritonale, corporatura massiccia e pelle olivastra. Ci guardava come se fossimo stati la peggiore feccia sul globo terrestre. Poi puntò di nuovo la luce abbagliante verso la nostra panchina, su Drew che era diventato imbronciato.

«Müller, non è passata l'ora dei bambini per andare a letto?» chiese con sarcasmo dando un'occhiatina all'altro agente che non ci prestava la minima considerazione.

«Se è per questo anche l'ora dei pensionati...» borbottò mio cugino sottovoce guardando altrove. Blake gli diede una gomitata per invogliarlo a stare zitto prima che i nervi gli fossero saltati e lo avrebbe arrestato per aggressione a pubblico ufficiale. Misi le braccia incrociate sotto al seno, continuando a muovere i piedi in modo frenetico. Di solito quelle cose le avevo viste solo nei film, ma non mi erano mai capitate nella realtà. Non capivo perché fossi così agitata, dopotutto non avevo nulla per cui esserlo. Forse, il semplice fatto di essere presa sotto analisi mi destava nervosismo.

Il poliziotto scosse la testa rassegnato, come se non fosse stata la prima volta che avesse sentito delle battute simili, poi fermò la torcia su di me con un certo interesse.

«Oh...Cosa ci fa una ragazzina con un bel faccino come il tuo qui in mezzo?» si stava avvicinando di qualche passo per studiarmi meglio. Ma la sua mano fu bloccata da quella di Tom, che ci comparve davanti nella sua solita attitudine fredda e composta.

«Agente Rodriguez, come se la passa?» gli domandò con una certa ironia mentre l'uomo allontanava disgustato la mano. Tom fece una cosa che mi mandò in tilt il cervello e rabbrividire il corpo.

Mi spostò delicatamente e mi fece sedere sulle sue gambe, continuando a fissare l'agente con noncuranza, come se fosse stata la cosa più naturale da fare. Anzi, prese a stringermi il fianco e ad avvicinarmi più al suo petto. Il contatto con la sua mano, con la sua pelle e la vicinanza con il suo viso...I nostri corpi che si scontrarono.
Quella fu la prima volta che fui così vicina a Tom, tanto da poter sentire il suo respiro sulla nuca e il suo cuore battere dalla gabbia toracica.

Dovevo essermi incantata nei dettagli del suo viso, quando lui che non mi aveva nemmeno degnata di uno sguardo, me ne regalò uno di sbieco, uno di intesa.

«Ovviamente...Come poteva mancare il nostro Kaulitz.» abbozzò un ghigno infastidito nel vederlo lì davanti a lui. In seguito spostò gli occhi in cerca di un'altra preda. Solo in quel frangente di tempo feci caso al fatto che Josh non ci fosse stato più. Il suo posto era vacante.

«Mocciosi...» bisbigliò l'uomo seccato.
Si voltò nella nostra direzione di nuovo, puntandoci, o meglio puntando il dito contro Tom.

«Kaulitz, ti assicuro che se ti trovo a fare cazzate o delle roba addosso è finita davvero...» le sue iridi minacciose lo uccisero con lo sguardo, però il moro non parve darci peso e alzò le spalle indifferente, quando qualcosa mi fece raggelare il sangue nelle vene.

«Cos'è quella che ti esce dalla tasca?» domandò indicandogli un pacchetto bianco che sporgeva.

Per un attimo davvero mi augurai il peggio, e mi dipinsi il terrore negli occhi. Però Tom mi guardò e nel suo sguardo non vi era un velo di preoccupazione, per niente e capii che non avrei dovuto avere timore neppure io.

𝟐𝟒 𝐜𝐚𝐫𝐚𝐭𝐢 ||Tom kaulitzDove le storie prendono vita. Scoprilo ora