Capitolo 4: Un briciolo di speranza

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La casa nella nuova città, dove tutt'ora abito, è più grande di quella precedente: è una villetta su due piani con un po' di giardino che circonda l'intera casa, sia avanti sia dietro. È davvero molto spaziosa, ha più stanze e queste sono anche più grandi di quelle precedenti: il piano terra comprende un ingresso, un ampio salone, una cucina, un bagno con tanto di lavanderia e un piccolo studio dove mamma può lasciare tutti i documenti e il computer che le servono per lavorare; al piano di sopra invece ci sono le nostre camere da letto, un altro bagno e una stanza in cui c'è una libreria, un divano e una tv, insomma per passatempo.

Questa villetta ha altre villette simili vicino, è una zona composta da case di questo tipo; questo quartiere è davvero molto tranquillo. Il prezzo che abbiamo pagato per la nostra nuova casa è stato alto, ma mamma disse che potevamo permettercela senza problemi grazie ai soldi che ha sempre conservato, grazie al suo nuovo lavoro e grazie anche alle entrate dovute all'affitto della nostra precedente casa. Inoltre, mamma ha scelto questa casa perché è molto vicina a dove lavora lei tutt'ora, praticamente ci arriva a piedi, ed era vicina anche alla mia nuova scuola media di allora.

Mamma era felicissima di questo cambiamento, il fatto di rendersi indipendente da mio padre la faceva sentire al settimo cielo e si sentiva anche realizzata per il fatto di non doversi più considerare semplicemente una casalinga single con un bambino da accudire. In questo nuovo ambiente sono riuscito a vederla molto più tranquilla e serena, con uno sguardo fiducioso verso il nostro futuro.

Già, anche il mio.

Appena mettemmo piede nella nuova casa, disse che aveva fatto questa scelta per permettermi una vita migliore, per farmi respirare aria nuova che sapeva di libertà e di un futuro radioso per me. Disse che con il lavoro e lo stipendio che riceveva avrebbe potuto pagarmi senza difficoltà gli studi nelle migliori scuole del Giappone e che già aveva in mente bei progetti per me.

Grazie mamma, che hai fatto tutto questo per me, ma io in quel momento volevo solo sparire. L'unica persona con cui volevo stare era lontanissima da me e io non riuscivo proprio a vedere niente per il mio futuro, sia in campo di amicizia sia in campo lavorativo. Tutto ciò che ho sempre desiderato mi è stato portato via o non l'ho mai ricevuto: stare con Kacchan e avere un quirk per diventare un eroe.

Per questo ogni giorno ciò che mi chiedevo era "cosa ne sarà di me?", seguito da "chi vorrà mai essere mio amico?" e "cosa potrà mai fare da grande uno come me?".

I vicini sono stati sin da subito gentili e disponibili con noi, in un certo senso questo poteva aiutare mamma a stare più tempo lontana da zia Mitsuki, anche se ciò non impediva alle due amiche di sentirsi ogni giorno.

Ma... tra quei vicini non ci sei tu, Kacchan.

Io ero felice di avere una nuova e bellissima casa, di vivere in un ambiente tranquillo, di vedere mamma finalmente sorridere sempre e di vederla più tranquilla, di avere la possibilità di non essere più picchiato e insultato da qualcuno, ma non è stato e non è tutt'ora facile convivere con la tua assenza.

Non c'è niente da fare, Kacchan, la tua assenza si è sempre fatta sentire in me ed è incolmabile, niente e nessuno potrà mai sostituirti, nonostante tutte le ferite che mi hai provocato.

Non ci siamo mai scambiati i numeri di telefono e quindi non posso nemmeno illudermi di ricevere un messaggio da te un giorno. Sì, è vero, tramite le nostre mamme avremmo potuto recuperare il numero dell'altro, ma c'è sempre stato qualcosa che ci ostacolava: il tuo orgoglio e la mia paura. Ed è così che da allora, quel giorno in cui mi voltasti le spalle, non ho mai saputo più niente di te.

"Come stai? Cosa stai facendo? Cosa pensi della mia assenza?" erano e sono domande che mi sono sempre posto ogni giorno, ogni secondo in cui mi fermavo e mi fermo a riflettere.

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