3; Lilith

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Se non mi fossi lasciata convincere da Noah, non sarei mai andata a quella stupida festa e non ci sarebbero stati questo tipo di problemi. In questo momento, però, dato che non si può tornare indietro, voglio solo tornare dai miei genitori e dimenticarmi di questa situazione ridicola e devastante.

<<Tu? Come ti chiami, stronzo che non sei altro?>>

Nel suo sguardo prevalgono un'ostentata sicurezza e un briciolo di perversione. Chissà come passa il tempo libero, oltre a rompere il cazzo.

<<Mi chiamo Luigi, ma non sono qui per fare amicizia.>>

Mette subito le cose in chiaro. Come se io avessi voglia di conoscerlo meglio!

<<Io non sono qui per dartela, quindi puoi anche lasciarmi andare.>>

Gli scappa una risata divertita e mi scruta dalla testa ai piedi. In modo particolare, si sofferma sui miei capelli.

<<Non sono qui neanche per questo. Insomma, sei una bimba e non sei neanche bionda. Senza dubbio non il mio tipo.>>

Tiro un sospiro di sollievo, anche se queste parole sono una pugnalata alla mia scarsa autostima.

<<In effetti neanche tu sei il mio tipo. A me non piacciono gli stronzi e soprattutto sono una fan dei ragazzi mulatti.>>

Scoppia a ridere di nuovo, stavolta con più gusto. Sono veramente così divertente? Oppure mi trova semplicemente infantile e stupida?

<<Sei proprio strana. Non pensi sia il caso di cambiare stile e modi di fare? Con questi vestiti sei ridicola, non provocheresti neanche->>

Ho sentito abbastanza. Gli mordo il collo e d'istinto mi lascia andare. Mi allontano velocemente dal bagno e da quella che temo diventerà la mia tortura.

<<Lilith dove eri finita? Pensavo ti fossi sentita male.>>

Mia mamma ha finalmente smesso di piagnucolare, quindi tiro un altro sospiro di sollievo. Sono stanca di prendermi il dolore degli altri, ma purtroppo non riesco ad evitarlo.

<<Il signore non riusciva a trovare il bagno, quindi gli ho dato delle indicazioni.>>

Mento. Non posso di certo dire: sai papà, questo coglione l'ho incontrato giusto ieri sera in una discoteca, stava per farsi una bionda, mi perseguita. Non lo sopporto. Uccidilo.

<<Ok, sto decisamente ingigantendo le cose.>>

Tutti mi guardano in modo strano, compreso questo Luigi, che ho appena scoperto essere dietro di me. Ho pensato ad alta voce?

<<No, ehm, stavo pensando. Pensando a cose mie, personali, cioè...>>

Dì qualcosa, ti scongiuro. Perché non riesco a concentrarmi?

<<Non si preoccupi signorina, abbiamo cose più importanti di cui parlare in questo momento.>>

Interviene l'incasinato. Dovrei ringraziarlo? Non ci penso neanche.

<<Mi devi un favore.>>

Mi dice con un sussurro, seguito da un occhiolino che mi stordisce. Mi prendo il permesso di osservarlo meglio.

Ha gli occhi scuri, le labbra gonfie e rosate, il ciuffo ribelle non è in linea con il lavoro che svolge. Indossa sempre camicie provocanti, probabilmente la sera non torna neanche a casa. Devo ammetterlo, è più bello di quanto pensassi. Ha un non so che di attraente: probabilmente è il modo in cui mi guarda.

<<Ci vediamo la settimana prossima. Vi ricordo di ragionare bene su questa situazione. Mio padre non è molto contento di avere a che fare con così tante famiglie. Può essere limitante per voi. A partire da oggi, avete un mese di tempo per sgomberare tutto.>>

Ritorno a concentrarmi sulla situazione tragica dei miei genitori. Anche la mia, se è per questo. Non accetteranno mai di tornare a vivere con la nonna. Spero solo che si rendano conto che quest'offerta è più che buona, soprattutto per una famiglia come noi.

In realtà non piace neanche a me l'idea di lasciare Noah, i miei posti preferiti e la città in cui ho vissuto per anni. Devo proprio pensare a cosa fare, devo trovare un modo per aiutarli.

<<Lilith puoi accompagnare il signore alla porta, per cortesia?>>

Mi chiede Alba, mia madre. La fulmino con lo sguardo e penso a come sembrare cortese.

<<Certo, volentieri.>>

Dico con strafottenza, osservando il ghigno beffardo comparso sul volto di Luigi.

<<Ei bimba, prima di andare, vorrei farti una proposta.>>

Sto per sbattergli la porta in faccia, giuro che non ne posso già più.

<<Ho già detto che non vengo a letto con te.>>

Sforza un sorriso. Nella sua espressione noto la consapevole di essere pericoloso per le ragazze. Sa che le ferisce, ma evidentemente non gli interessa.

<<Dopodomani sera c'è una festa a casa mia. Mio padre è fuori per lavoro, quindi posso fare tutto quello che voglio.>>

E quindi?

<<Bella notizia, posso uscire con i miei amici senza incontrarti in giro.>>

Alza gli occhi al cielo, evidentemente infastidito da me e dal mio essere puntigliosa.

<<Vieni. Puoi portare anche la tua amica, non mi interessa.>>

Solo per paura// Luigi StrangisDove le storie prendono vita. Scoprilo ora