Ricordi

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Harry era esausto. Già avrebbe faticato a restare concentrato per tre ore di seguito senza pause facendo lezioni normali, figuriamoci se le tre ore erano le lezioni di occlumanzia tenute da Piton. Sentiva che la sua mente era sull'orlo di rompersi, dopo essere stata forzatamente violata ancora e ancora dagli incantesimi dell'uomo. Aveva già provato a chiedere delle pause, ma era stato inutile. Sarebbe potuto svenire da un momento all'altro, se lo sentiva. Guardò con occhi parzialmente vacui il suo insegnate.

-Cinque minuti, signore.... Solo...

Non fece in tempo a finire di parlare che l'uomo lanciò nuovamente il suo incantesimo, lasciando al ragazzo l'unica possibilità di provare a difendersi. Ancora una volta Harry fallì, percepì la presenza del professore dentro la propria mente ancora una volta. Poi qualcosa cambiò.  Fece male, Harry si sentì come se una bomba fosse esplosa all'interno del suo cervello, poi una serie di ricordi gli invasero la mente, solo che quei ricordi non erano suoi. L'intero processo fu doloroso; in pochi secondi il tempo equivalente ad un intera vita umana di ricordi gli riempì la mente. Era decisamente troppo per le sue condizioni. Si sentì urlare, ma non era per nulla presente nella realtà, sovrastimolato da tutte quelle nuove conoscenze. Senza volerlo cadde dalla sedia e riuscì a recuperare appena in tempo un secchio prima di vomitarci dentro.

I nuovi ricordi non erano i suoi ricordi, non riguardavano la sua vita; si trattava della vita di una ragazza che non aveva neanche mai visto. Eppure era come se fossero i suoi, una parte di se era convinta di essere quella ragazza, sentiva con certezza che tutto ciò che vedeva gli era successo in passato. Tutto gli sembrava improvvisamente familiare eppure era così assurdo, non solo perché quei ricordi appartenevano a secoli fa, non solo perché la vita era quella di una strega e lui era maschio. Era strano, era stranissimo anche perché la protagonista di quei ricordi non era certo una strega sconosciuta. Era una figura che era piuttosto sicuro di aver dovuto studiare, ma che non aveva mai immaginato potesse essere cresciuta così prima di diventare nota: Morgana detta "la fata" per le sue grandissimi dote magiche.

In pochi secondi Harry si trovò a ricordare -non conoscere, proprio ricordare- ogni evento della vita della donna: i suoi studi, le sue conoscenze, le sue motivazioni, le sue azioni migliori e peggiori. Ogni ricordo era fin troppo personale, lo toccava direttamente. Poi piano si calmò e tornò alla realtà, si trovò in ginocchio, stretto al secchio in cui aveva vomitato. Stava piangendo per il dolore e continuava a sentirsi malissimo, il suo naso stava sanguinando copiosamente, ma non sembrava essersi ferito. Alzò lo sguardo sul professore che ora gli si era avvicinato e sembrava quasi preoccupato per lui, insicuro sul da farsi. Se perfino Piton era preoccupato significava che aveva avuto una reazione davvero strana. In un ultimo lampo di lucidità, Harry si chiese se Piton avesse visto tutti quei ricordi visto che gli stava leggendo la mente. Poi svenne.

Quando si svegliò, il giorno dopo, scoprì di trovarsi in infermeria con la febbre. Notò anche che tutti i ricordi di Morgana erano ancora nella sua testa, come se fossero i suoi. Anzi, si sentiva emotivamente legato a quei ricordi, come se fossero propri. Sapeva che erano suoi, sapeva che in qualche momento lui era stato Morgana. Quando trovò le parole razionali per descrivere ciò che provava, capì che quei ricordi appartenevano alla sua vita precedente.

Si alzò, nonostante la febbre per raggiungere il grande specchio rotondo appoggiato contro la parete della stanza. Si guardò. Era sempre se stesso: stessi occhi verdi, stessi capelli spettinati, stessa fastidiosa cicatrice. Morgana era del tutto diversa: lunghi capelli neri e setosi, pelle pallida... Eppure anche guardandosi continuava a sentirsi lei. Non poteva trattarsi di un sogno o di una suggestione quando il sentimento era così forte. Sembrava assurdo, ma più ci pensava più ne era sicuro: Morgana era decisamente la sua vita precedente.

-Signor Potter! Cosa ci fai in piedi? Torna a letto: ieri sera, quando ti hanno portato qua, sembravi più morto che vivo.

Si girò incontrando lo sguardo dell'infermiera e si affrettò a fare come detto.

-Mi sento molto meglio ora...

-Questo sarò io a determinarlo: lasciami fare qualche controllo.

Mentre la madama Chips eseguiva i vari incantesimi per constatare il suo stato di salute, Harry si trovò a osservare con interesse che conosceva la maggior parte delle formule che la donna diceva, o meglio che Morgana li conosceva, li aveva studiati. Si ricordava la fatica con cui li aveva appresi...chissà se sarebbe riuscito a imitarli ora che aveva quelle memorie.

-Hai ancora la febbre, ma stai decisamente meglio... Cosa è successo questa volta? Speravo di non vederti in infermeria quest'anno...

Il ragazzo sorrise, non era certamente il caso di parlare delle sue memorie, meglio tenersele per se.

-Ho esagerato con lo studio... mi stavo esercitando con un incantesimo e mi sono spinto oltre il limite.

La donna annuì con aria di rimprovero.

-Per ora riposa, il professor Piton sembrava davvero preoccupato quando ti ha portato da me... Ora vado, ma quando torno non voglio voglio trovarti in piedi, chiaro? Sta a letto.

Harry annuì e, appena la donna se ne andò, tirò fuori la bacchetta per provare a riprodurre alcuni degli incantesimi delle nuove memorie. Quasi tutto gli riuscì subito, principalmente perché aveva scelto magie semplici e che non rischiavano di attirare l'attenzione, ma anche perché era molto più facile imparare quando si ricordava già l'esatta sensazione che si aveva quando si faceva un incantesimo, quando si sapeva di essere riusciti a farlo decine e decine di volte. Era una bella sensazione... Non per nulla Morgana era stata una delle streghe oscure più conosciute della storia.

Sorrise fra sé, era bello sapere che la storia non lo aveva scordato nella sua vita di prima...Sarebbe stato bello se non lo avesse scordato neanche in questa vita, soprattutto se lo avessero ricordato per qualcosa di più che essere stato abbastanza fortunato da non morire da piccolo. Poi la porta dell'infermeria si riaprì e il sorriso sul volto del ragazzo svanì appena vide chi era entrato.

La professoressa Umbridge gli sorrise mielosa.

-Buongiorno signor Potter... Mi è stato comunicato che stava male e ho ritenuto importante venire a controllare le tue condizioni.

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