New school

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La mia ansia crebbe ancora di più quando intravidi in lontananza il New Empire College. Con fare impacciato mi allungai verso il campanello per segnalare la fermata e dopo pochi minuti l'autobus si fermó. Altrettanto impacciatamente raccolsi lo zaino da terra e mi feci spazio tra la gente per raggiungere la porta centrale del bus, arrossendo imbarazzata quando per sbaglio urtai uno dei ragazzi che mi era stato accanto durante il viaggio e lui mi borbottó qualcosa di rimando, anche se non capii bene se era un' imprecazione...o... qualcos'altro. Scesi dal bus mettendomi lo zaino in spalla e unendomi a un gruppo sparso e disunito che si avviava nella mia stessa direzione. Recuperai il cellulare e prima di ficcarmelo in tasca controllai l'ora: 8.40. Ero in orario. Almeno questo...
Dopo dieci minuti di camminata lungo un viale porticato svoltai a destra, e dopo pochi metri mi ritrovai davanti ad un enorme edificio in mattoni rossi che si estendeva in una forma arcuata, abbracciando un grande parco disseminato qua e là di panchine e, in un angolo, c'erano dei tavolini rotondi davanti a un bar. Rimasi per qualche secondo incantata a osservare la mia nuova scuola, ferma sul marciapiede davanti al grande cancello aperto in ferro battutto. Quando mi resi conto che ogni tanto qualcuno entrando si girava a guardarmi con una mezza risata sulle labbra mi ricomposi dal mio stupore e mi avviai a testa china verso la porta d'entrata.
Anche l'interno era molto bello. L'edificio era a due piani, con diverse classi e laboratori, e armadietti rossi e verdi lungo i corridoi.
Ad un certo punto andai in panico quando mi resi conto che non sapevo assolutamente cosa fare: qual'era il mio armadietto? Dove dovevo ritirare il mio orario? Qual'era la mia aula? Cercai di tranquillizzarmi, respirando lentamente e guardandomi intorno: decine, centinaia di persone che camminavano in ogni direzione. Chi lentamente, in gruppi da quattro o cinque persone, chiacchierando tra loro come non avessero la minima fretta; chi più velocemente, aprendo e poi chiudendo rumorosamente le ante degli armadietti per poi dirigersi frettolosamente verso le proprie aule. Tutti sembrava sapere esattamente cosa fare. E allora perché io non lo sapevo? Non ero di certo l'unica studentessa del primo anno, eppure sembrava fossi l'unica ad essere totalmente disorientata, come un pesce fuor d'acqua. Odiavo quella sensazione. Eppure la provavo così spesso.
Tornai sui miei passi e seguendo due ragazzi che erano appena entrati, mi diressi con loro in segreteria. Erano entrambi piuttosto alti, uno aveva una massa scompigliata di capelli castano chiaro in testa, mentre l'altro aveva dei capelli più scuri, quasi neri, ma con un grande ciuffo verde che gli scendeva nell'angolo dell'occhio, coprendolo parzialmente. Mi misi in fila dietro di loro, e quando si girarono e io mi distanziai un po per farli passare, li fissai esterrefatta, riconoscendoli: loro erano due dei ragazzi che avevano cominciato a seguirmi, quel giorno di pioggia, la settimana prima. I due probabilmente si accorsero solo ora della mia presenza e del mio sguardo su di loro, perché prima di raggiungere la porta si fermarono e si voltarono verso di me. Mi guardarono per qualche secondo e poi, forse, anche loro mi riconobbero. -Ehy! Tu... ci siamo già visti?- chiese sorridendo il ragazzo con il ciuffo verde. Io distolsi di colpo lo sguardo, in imbarazzo. Non sapevo cosa rispondere. -Ehm no... no, non proprio...- farfugliai arrossendo. In quel momento avrei voluto scappare via e non tornare mai più. -Comunque io sono Michael. - continuò il ragazzo dal ciuffo verde. -E io Ashton. Ash.-si corresse l'altro, che era il più carino. Da sotto i capelli lunghi che mi coprivano il volto sentii addosso il loro sguardo squadrarmi dalla testa ai piedi, come davanti ad uno scanner. A quel pensiero sorrisi impercettibilmente, e facendomi coraggio alzai il viso da terra e mi presentai: -Io sono Sophie.- I due ragazzi sembravano però aver già perso ogni interesse per me perché sentii qualcuno che li chiamava da fuori, dopodiché senza degnarmi di uno sguardo spalancarono la porta e si fiondarono fuori sorridendo.
In quel momento sentii un colpetto di tosse e un rumore di fogli proveniente alle mie spalle. Mi girai di colpo, ricordandomi del motivo per cui ero lì e del fatto che tra meno di dieci minuti avrei dovuto essere in classe, e mi avvicinai al bancone della segreteria, dietro il quale una donna sulla cinquantina mi scrutava, impaziente.
-Sophie Jackson. Votrei avere il mio orario per cortesia, e la chiave del mio armadietto.-

Cercai di orientarmi confrontando la cartina che avevo avuto dalla segretaria con il luogo in cui mi trovavo, ma mi sembrava di essere già passata per quel corridoio davanti alla porta verde della palestra almeno cinque volte. Mi stavo disperando:quel luogo enorme era un labirinto e ormai mancavano pochi minuti alle 9.00!
Ad un certo punto sentii una voce maschile chiamare il mio nome da dietro di me, e io mi giarai di scatto sussultando. -Ehy, ciao. Sophie, giusto?-
Ashton. Ash. Era lui. Grazie al cielo qualcuno a cui chiedere aiuto. -Ehm, sì Ash, giusto? - Lui sorrise leggermente, annuendo. Raccolsi tutto il coraggio che avevo superando la sensazione di passare per una stupida e lo implorai di aiutarmi a trovare l'aula giusta, e lui lo fece senza troppi problemi. Mentre mi guidava verso la mia classe avevo come la strana sensazione di essere osservata da lui continuamente e quella sensazione mi infastdiva, oltre a farmi sentire terribilmente in imbarazzo. Così quando raggiunsi l'aula giusta, non pensai neanche a ringraziarlo. Gli feci un debole sorriso, al che lui mi rispose con un -Ci vediamo in giro, Soph-. "Speriamo di no!!" pensai io. Lui e il suo amico con i capelli colorati non mi piacevano granché. Non volevo diventare loro amica, non volevo avere proprio niente a che fare con loro. Ma forse era solo perché erano ragazzi, e io non avevo mai avuto molti rapporti con i maschi.
Quando abbassai la maniglia della porta ed entrai era appena suonata la campanella, e fortunatamente tutti erano ancora in piedi vicino al proprio banco a chiacchierare o a giocare con il cellulare. Io mi guardai intorno alla ricerca di un posto libero e mi diressi silenziosamente verso un banco in seconda fila, vicino alla finestra. Qualcuno si era girato al mio ingresso, ma probabilmente solo per assicurarsi che non fosse il professore, e per il resto nessuno si era accorto di me. Meglio così. Mi sedetti al mio banco con lo zaino sulle gambe e rimasi lì in silenzio aspettando che la seconda campanella suonasse dando definitivamente inizio alle lezioni. La mia vicina di banco era una ragazza con lunghi capelli mossi come i miei, ma biondi, occhi chiari e pelle color latte. Stava seduta girata verso la fila dietro di noi, dove era riunito un gruppo di raggazzi a parlare. Ogni tanto lei partecipava al discorso, poi taceva per qualche minuto, vagando con lo sguardo attorno a lei, come persa in chissà quali pensieri.
Suonò la seconda campanella e un professore alto e smilzo fece il suo ingresso. Tutti si zittirono e andarono ognuno al proprio posto. -Buongiorno ragazzi, io sono il professor O'Bryan. Quest'anno io sarò il vostro insegnante di filosofia.-

Cure || Luke HemmingsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora