Restai con la felpa per il resto dell'ora, nonostante l'invito del professore a togliermela e gli sguardi complici delle ragazze. Passai per lo più il tempo o da sola o a fare qualche passaggio con Ash, mentre cercai di evitare il più possibile Luke, pur sapendo che così facendo avrei accresciuto le sgradevoli voci su di me.
Alla fine dell'ora, in spogliatoio, restai in bagno per qualche minuto e aspettai che se ne fossero andate tutte prima di cambiarmi. Quando finalmente la porta fu chiusa, mi decidetti ad uscire e a togliermi la felpa e la maglia, rimanendo in reggiseno. Prima di infilarmi la maglia pulita ritornai davanti un piccolo specchio mezzo crepato sopra i lavandini del bagno. I lividi sul polso si vedevano molto, ma quello sul viso stava già scomparendo.
In quel momento si abbassò la maniglia della porta, e prima che potessi fare qualcosa questa si spalancò.
Quando vidi un ragazzo alto e biondo che mi fissava dall' uscio divenni paonozza, rendendomi conto che era i pantoncini e reggiseno sotto i suoi occhi.
Mi affrettai a prendere la maglia e coprirmi il petto. -Luke, che cavolo ci fai qui?- urlai indispettita.
Per tutta risposta lui si avvicinò e disse:-finalmente- a mezza voce.
Io spalancai gli occhi: finalmente cosa?
Subito dopo però capii a cosa si riferiva. Avevo notato come mi guardava fin da quando aveva visto il mio livido sulla faccia, e ora avrebbe di sicuro visto tutti gli altri. Infatti mi scostó le braccia dal petto, senza che io riuscissi ad oppormi più di tanto, e appena lo fece rimase a fissarmi con occhi sgranati.
Sentii il suo sguardo vagare dal cerchio violastro del mio polso, a quello sul fianco e osservarli a lungo, fino a quando finalmente alzò la testa incastrando gli occhi nei miei.
-Chi ti ha fatto questo?-
Io mi allontanai da lui e mi infilai in tutta fretta la maglia, e poi la felpa, sentendomi di nuovo al sicuro sotto lo spesso tessuto dei miei vestiti. -Non è niente che t' interessi, Luke- risposi io dandogli le spalle per farmi la borsa di ginnastica. Lui sospirò e si appoggiò al muro, come se il tutto fosse fin troppo banale per lui. -Tua madre vero? Non capisco perché si sia incazzata così tanto quando mi ha visto. Certo, sarò stato il primo ragazzo che vede venire a casa sua, ma mi è sembrata un po esagerata come reazione.- commentò, e io strinsi i denti per evitare che dalla mia bicca uscisse qualcosa di inadeguato.
Tuttavia subito dopo riprese un tono serio: -Non va bene così, Sophie, se tua madre ti picchia dovresti dirlo a qualcuno. -
Non risposi, perché non avevo alcuna voglia di parlare con lui di quell'argomento. Sperai che lasciasse perdere ma invece continuò: -Sophie? Mi ascolti? Cazzo, ti sto parlando seriamente!-
Io continuai a non rispondere e uscii con passo deciso dalla palestra, spingendo la porta di vetro.
Ma lui continuò a seguirmi. Impossibile, questo ragazzo non voleva davvero darmi tregua.
-Sai che non mi piace per niente quando parlo e non mi dai retta- disse, più come una constatazione che una domanda.
Mi stavo spazientendo.
-Mia madre non mi picchia.- dissi, ma a bassa voce perché non avevo il coraggio di affrontarlo.
-Come?- fece lui, costringendomi a ripetere: -Mia madre non mi picchia!- Lui rise sommessamente, e non potei fare a meno di notare che era davvero bellissimo con quel fantastico sorriso aperto sul viso candido, e le due piccole fossette al lato sinistro della bocca. -A me pare proprio di sì- disse poi guardandomi, e io abbassai di colpo la testa perché lo stavo ancora fissando. Rimanemmo in silenzio per un po, perché non sapevo cosa ribattere a quell' affermazione. Arrivammo fuori dalla scuola sentendomi il suo sguardo puntato addosso al mio corpo. Feci qualche passo verso la fermata dell'autobus ma vedendo che camminava ancora al mio fianco mi fermai e gli dissi timidamente senza guardarlo: -Bhe ciao.- per poi riprendere a camminare.
-Io vengo con te. Cioè ti accompagno.- mi disse Luke per tutta risposta e sentii di nuovo i suoi passi raggiungermi. Cercai di allontanarmi ma lui era sempre più vicino, nonostante stessi camminando il più velocemente possibile. Medetto lui e le sue lunghissime gambe.
-No, vado da sola- dissi.
-No, ti accompagno.- ribatté lui.
-No!- sbottai.
-Sì- disse, sembrava del tutto calmo. Provai a rifiutarlo di nuovo ma mi si avvicinò e in un attimo era piegato su di me con i suoi occhi di ghiaccio fissati nei miei color nocciola dilatati per la paura. -Ho detto che ti accompagno, e piantala di fare la bambina perché mi fai proprio incazzare quando mi contraddici - mi intimó, e io non potei far altro che annuire come sempre deglutendo rumorosamente per la sua vicinanza a me. Lui si accorse del nervosismo che mi provocava, perché si passò una mano tra i capelli, tirandosi leggermente le punte del ciuffo biondo e si morse il percieng nero sul labbro. -Mm, bene, brava bambina- mi soffió in faccia facendo sfiorare i nostri nasi.
Io abbassai gli occhi e li socchiusi. Non mi piaceva affatto che mi chiamasse bambina, ma non potevo oppormi a lui, non ci riuscivo, e ogni volta che ci provavo mi zittiva.
Lui continuò a guardarmi maliziosamente, fissandomi le labbra e si avvicinò srmpre di più. Io non mi allontanai, di colpo i miei piedi si erano fatti di piombo e le mie gambe non rispondevano ai comandi del cervello.
Ma in quel momento lui si staccò bruscamente e io barcollai in avanti per il suo improvviso distacco.
-Quindi, sali piccola.- disse con un sorriso aprendo la portiera. Non mi ero accorta che eravamo arrivati davanti alla sua macchina. Cos'era questa storia che ora dovesse sempre accompagnarmi a casa lui?
Esitai qualche secondo, guardandomi intorno quasi avessi paura che qualcuno mi vedesse, e poi mi decisi a salire dalla parte del passeggero, buttandomi sul sedile di botto e sospirando sconfitta.
-Ti porto a casa.- disse, cosa ovvia, ma in quell'istante mi ricordai che se mia madre lo avesse visto di nuovo accompagnarmi mi avrebbe ucciso. In realtà mia madre non c'era, quel giorno era tornata a lavoro, ma ero comunque terrorizzata dal fatto che avrebbe potuto tornare prima e fare di nuovo la scenata del giorno prima davanti a Luke.
Credo che oltre a me avrebbe potuto uccidere anche lui. -No!- sobbalzai. Luke mi guardò dapprima sorpreso, e poi capí. -Certo. Tua madre ti ammazza se ti vede con me, no? Di nuovo.- aggiunse.
Abbassai lo sguardo. Quante volte lo facevo quando stavo con lui.
Non mi piaceva che continuava a tirare in ballo quell' argomento. Soprattutto perché era vero ma facevo di tutto per negarlo. D' istinto mi tirai giù le maniche della felpa verso i polsi e mi ci strinsi voltandomi con il viso verso il finestrino. Mi faceva male pensare che la causa della mia sofferenza e delle mie orribili botte fosse davvero mia madre. Sentii le lacrime spingere per uscire ma cercai con tutte le forze di arrestarle. Sentivo Luke osservarmi dal suo posto e poi con un sospiro annunció: -d'accordo. Allora ti porto a casa mia.- e avviò il motore.Girai di scatto la testa verso di lui come un pagliaccio a molla dentro quelle orrende scatole giocattolo.
A casa di Luke Hemmings? Io e lui? Da soli? Un'altra volta? Nonononono assolutamente fuori discussione, c'ero già stata e non volevo tornarci visto com'era andata la scorsa volta...
-No!- strillai di nuovo, facendogli prendere un colpo. Infatti lasciò di colpo la presa sulle chiavi della macchina e sbatté le mani sul volante. -Ma che... La pianti di fare l'isterica?? Vuoi forse restare tutto il giorno qui in macchina? - urlò a sua volta esasperato. Vista dall'esterno quella scena sarà stata probabilmente alquanto esilarante.
Ma io non ero per niente divertita. Non avevo alcuna intenzione di andare di nuovo a casa sua, e a quel punto presi la decisione di scendere e tornarmene a casa in autobus, come avrei dovuto fare.
-Senti, io... io vado a casa. Da sola. Come sempre. Prendo l'autobus e vado come ho sempre fatto, non serve che mi accompagni tu ogni volta, ok? Ciao.- Feci per aprire la portiera ma era chiusa con la sicura dall'interno. Ci riprovai. Niente da fare. Mi girai a guardarlo e Luke era tranquillamente seduto con la schiena contro lo schienale del sedile e si stava riavviando il ciuffo biondo, con un gomito appoggiato al finestrino. Stavo cominciando ad odiare il suo atteggiamento sempre così tranquillo e menefreghista.
-Luke... Non... non voglio andare a casa t-tua. Quindi fammi scendere adesso.- dissi cercando di dare un contegno alla mia voce, che però tremava comunque come quella di un bambino spavento. Che era esattamente come mi sentivo, ma in teoria stavo cercando di non darlo troppo a vedere a Luke, con scarsi risultati dato il sorriso sbilenco e divertito con cui mi guardava.
Rise e poi parlò, e le sue parole suonavano assolutamente come una presa in giro: -Cosa stai cercando di fare, bimba, provi a dare ordini a me? Non credo proprio, sai. Non ti riesce neanche un po.-
Lo guardai super imbarazzata e indignata allo stesso tempo. Evidentemente, in una persona timida e debole come me, le sensazioni di rabbia e furore non esistevano, o semplicemente si trasformavano automaticamente in vergogna e imbarazzo. Per questo davanti a Luke che mi derideva così, anziché essere rossa per la rabbia mi ritrovai ad essere rossa per tutt'altro.
Luke scosse la testa mordendosi il labbro, e Dio quant'era sexy quando lo faceva. Arrossii ancora di più rendendomi conto dei ridicoli pensieri che facevo, e lui forse se ne accorse, come se mi leggesse nel pensiero, perché mi guardò con la coda dell'occhio sorridendo ancora di più. Riaccese la macchina e disse: -Ti porto a casa mia-.
Quel tono così autoritario non concedeva repliche. E io non ne feci.
Mi limitai a sospirare, espirando rumorosamente, e sussurrare: -ok.
Lui mi guardò di sfuggita come per dire "certo, non mi serve mica la tua approvazione per farlo". Che tanto lui faceva sempre e comunque quello che voleva.
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Cure || Luke Hemmings
Random"Se avessi saputo che quella sera non mi avrebbe raccontato neanche la metà dell'oscura verita in cui lui e gli altri erano coinvolti, e avessi potuto immaginare cosa stava succedendo a casa, in quel preciso momento, non sarei restata. Ma non potevo...