Quella sera saltai la cena, nonostante avessi una certa fame. Non volevo vedere mia madre un secondo di più, così aspettai il mattino dopo per rimettere piede fuori dalla mia camera e andare a fare colazione. Come mi sedetti sullo sgabello davanti l'isola della cucina, però, avvertii un dolore lancinante al fianco destro. Tirai su la maglietta del pigiama e rimasi inorridita alla vista di un grosso ematoma violaceo che probabilmente mi era comparso durante la notte a causa della botta presa la sera prima, quando mia madre mi aveva strattonato violentemente in casa. Provai a testarlo delicatamente con le dita e subito la mia pelle rispose con una forte fitta di dolore.
Di colpo fui come fulminata da un pensiero terribile, e mentre arrotolavo la manica della maglia sperai con tutta me stessa di starmi sbagliando. Ma non ci volle molto prima che dalla manica, sul mio avambraccio, poco più su del polso, apparisse un livido violaceo più o meno della stessa grandezza del primo. E anche quello faceva male. Sbiancai e lasciai cadere nel piatto l' omelette che stavo mangiando.
Corsi su per le scale, entrai in bagno e posizionatami davanti allo specchio mi sfilai completamente la maglia, osservando l'immagine riflessa allo specchio di una me a dir poco raccapricciante. Oltre al grosso ematoma sul fianco e sull'avambraccio destro, un altro livido troneggiava sul costato a sinistra, anche se quello era minore e meno evidente. Ma il problema principale era costituito da una macchia rossa e allungata sulla mia guancia appena sotto l'occhio, dove mia madre mi aveva colpito più volte. Non potevo credere che fosse rimasto così tato il segno!! E che dire degli altri lividi? Chiunque poteva pensare che fossi stata picchiata a sangue, mentre a picchiarmi era stata solo... mia madre. Mi veniva da piangere, non avrei mai potuto immaginare che anche il giorno dopo avrei avuto i segni degli schiaffi di mia mamma su tutto il corpo.
Fortunatamente, sotto i vestiti nessuno poteva vedere gli ematomi, nemmeno quello sul polso, ma restava il problema di come far passare inosservato quello sul viso. In più bastava una lieve pressione per farmi andare in fiamme i lividi, che a stento avrei potuto trattenere un gemito se qualcuno mi avesse toccata in quei punti.
Restai ancora qualche minuto a guardarmi allo specchio, assicurandomi che non ci fossero altri segni e continuando a domandarmi come era potuta accadere una cosa simile.
Presi a truccarmi e a riempirmi di cipria il viso, nel tentativo di mascherare il segno lasciatomi dalla mano di mia madre.
Non so perché mi venne in mente papà, le sere che lo vedevo tornare a casa già incazzato col mondo e che se la prendeva con mamma. Un giorno le aveva persino tirato uno schiaffo e quando avevo cercato di intervenire mi aveva spinta via con violenza. Allora mia madre era corsa in mia difesa, allontanandomi da lui, e mi aveva mandata in camera mia.
Da quel giorno avevo imparato a chiudermi in stanza e coprirmi le orecchie con la mia amata musica a tutto volume per non sentire le loro liti, rifuguandomi in un mondo di tristezza e malinconia che mi aveva sempre salvato da quello reale.
Senza rendermene conto avevo cominciato a piangere in silenzio, rigandomi il mascara e il correttore, mandando a farsi friggere il tentativo di coprire il livido. Era comunque inutile, perché era evidente che avevo una guancia completamente rossa e gonfia, così mi lavai il viso e rinunciai a sistemarmi il trucco.
Andai in camera e mi accorsi che erano già le nove meno venti, e io era ancora seminuda in casa. Non ce l'avrei mai fatta ad arrivare in tempo!
Aprii l'armadio e indossai un jeans stretto scuro con un maglioncino a caso, mi infilai le mie all star, mi pettinai velocemente i capelli lasciandoli sciolti sulle spalle e cominciai a buttare nello zaino i libri di scuola. Mi bloccai quando lessi che all' ultima ora avevo educazione fisica.
-Cazzo- mormorai, passandomi una mano tra i capelli: e ora come facevo? Con la canotta di ginnastica i lividi si sarebbero sicuramente visti! Presi un pantaloncino dall'armadio, che tanto le gambe erano apposto, e optai per una maglia blu larga a mezze maniche, ma questo non risolveva comunque nulla. Buttai tutto nella sacca e l'afferai insieme allo zaino, precipitandomi giù per le scale.
Non avevo tempo per pensare ad una soluzione, quindi l'unica sarebbe stato inventarmi una balla e chiedere al professore di esonerarmi per quel giorno dalla lezione.Fortunatamente, dato che erano quasi le nove quando presi l'autobus, non c'era molto traffico in città e arrivai a scuola alle nove e venti. Corsi fino al cancello, che però era ovviamente chiuso, e stavo per suonare quando sentii qualcuno avvicinarsi. Mi voltai: era Ashton. Che ci faceva lui lì?
Stava parlando al telefono: -Sì Jus... ok, ok, domani è perfetto... lo dirò agli altri... Sì. Ora ti devo lasciare, ci vediamo domani. -
Mi si avvicinó con le mani ficcate nelle tasche dei jeans strappati sulle ginocchia e mi sorrise. Ricambiai il saluto con un cenno del capo sorridendo a mia volta. -Ehy, piccola, hai deciso di marinare oggi?- mi disse Ash appoggiandosi al cancello. Arrossii e lo guardai male prima di capire che stava scherzando. -Anche tu in ritardo, eh?- continuò.
-Ehm, già-
Non sapevo se chiedergli il perché del suo ritardo, che lui mi precedette: -come mai?-
Io scrollai le spalle e risposi restando vaga: -Problemi... con mia madre- e automaticamente portai la mano al viso e lo coprii il più possibile con i capelli.
Lui annuì e non chiese altro, perché probabilmente capiva che si trattasse di problemi legati alla morte di mio padre. Amavo quella cosa di Ash, che era cordiale ma mai eccessivamente curioso o invadente, e sapeva quando tacere.
-Bhe, allora credo proprio che dobbiamo entrare- sorrise. Io feci di nuovo per premere il citofono, quando con un balzo Ash saltò dall'altra parte del cancello. Io lo guardai esterrefatta ed esclamai: -Che cavolo fai? Lo sai che c'è il campanello apposta per quando il cancello è chiuso?-
Lui rise vedendo il mio stupore e mi disse: -Dai, così facciamo prima! Firza, salta anche tu!-
Quel ragazzo doveva essere pazzo! Non c'era ragione per cui io dovessi arrampicarmi su quel cancello e buttarmi nel vuoto dall' altra parte a più di un metro e mezzo da terra. Tralasciando la mia totale incapacità in queste cose, c'era da tenere conto che Ash avesse circa venti centimetri di gambe in più di me.
E poi mi resi conto che se avessi fatto una cosa del genere avrei probabilmente rischiato di uccidermi, oltre a fare forza sui miei lividi doloranti.
Tuttavia Ashton mi pregò di fare come lui, indicandomi un punto in cui la ringhiera era meno alta, e salendo su un piccolo mucchio di mattoni sarebbe stato facile arrampicarsi.
L'idea mi intrigava e mi divertiva, così alla fine mi ritrovai a cavalcioni in cima al cancello. Con uno scatto di reni portai la gamba sinistra dallo stesso lato di quella destra e saltai giù. Avevo però calcolato male la distanza, infatti a salire sembra sempre più facile che scendere. Fortunatamente Ash mi prese al volo afferandomi da dietro per sotto le braccia.
Mi tirai su immediatamente, ma il risultato fu che persi l'equilibrio e caddi di nuovo contro il suo petto, tra le sue braccia. Alzai la testa borbottando uno- scusa- imbarazzato, ma lui non lo sembrava affatto.
-Sei stata brava, come prima volta! Apparte... bhe, la parte finale..- rise, e due adorabili fossette comparvero sulle sue guance, così anche io scoppiai a ridere, come non avevo fatto da molto tempo.
Le nostre risate furono interrotte da una voce familiare.-Hey... cosa state facendo voi due?-
Luke stava in piedi in tutta la sua bellezza (e altezza), nel suo cappotto nero da sotto il quale spuntava una camicia a quadri neri e rossi, stessi pantaloni di Ash, ciuffo biondo sparato in testa e una sigaretta in mano.
-Hey, Luke! Ho insegnato a Soph a saltare il cancello- sorrise Ash, e io abbassai la testa e mi distanziai velocemente da lui quando due occhi blu si fissarono su di me.
-Sì? Non è troppo piccola per queste cose?- disse, con un tono... infastidito. Sbaglio o ora stavano parlando di me?
Ashton infatti se ne accorse, e disse: -No, Luke. È andata alla grande- guardandolo negli occhi. Stava ancora sirridendo, ma aveva perso il divertimento con cui aveva parlato poco prima, e la sua espressione era piena di sottintesi verso Luke.
Luke buttò per terra la sigaretta e la spense pestandola sotto la suola della scarpa.
-Ok. Io ero venuto a prendere una boccata d'aria- disse, riprendendo un tono impassibile. Certo, perché per lui era normale uscire a prendere una boccata d'aria durante l'ora di lezione.
-Ti stavo aspettando Ash. Non dovreste stare qui, qualcuno potrebbe vedervi-
-E chi se ne importa- rispose Ash.
-Lo dicevo per lei- disse Luke, indicandomi con un cenno del capo. Dopodiché si avvicinó ad Ash e i due si allontanarono parlando tra loro e lasciandomi sola davanti al cancello. Ma prima fui quasi sicura che Ash mi avesse lanciato un sorriso.
Ma che aveva Luke? Era sempre così antipatico e lunatico. Rimasi un po a osservare quei due ragazzi che parlottavano tra loro finché non scomparvero dentro la scuola.
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Cure || Luke Hemmings
Diversos"Se avessi saputo che quella sera non mi avrebbe raccontato neanche la metà dell'oscura verita in cui lui e gli altri erano coinvolti, e avessi potuto immaginare cosa stava succedendo a casa, in quel preciso momento, non sarei restata. Ma non potevo...