Dopo qualche minuto in cui percorremmo una stradina in salita che si snodava in periferia arrivammo in un grande spiazzo erboso circondato da alcuni alberelli ombrosi. Ad un ramo di uno di essi che aveva il tronco particolarmente grosso, era legata tramite due funi una grossa gomma da camion che fungeva da altalena.
Parte di questo parchetto era contorniato da un muro alto poco più di un metro pieno di scritte e disegni. Rimasi estasiata dalla vista che si estendeva sotto l' altura su cui ci trovavamo: un pendio erboso punteggiato da migliaia di fiori colorati portava alla strada che costeggiava la città. Era talmente bello che per un attimo dubitai di trovarmi a New York.
-E questo cos'è? - chiesi meravigliata. Ma la domanda che mi interessava di più era perché Luke mi ha portata qui? Non era da lui una cosa del genere, e non credevo proprio avesse deciso di farmi vedere quel posto per fare il romantico.
-Questo è... un posto speciale-
Eravamo entrambi in piedi uno accanto all'altro, io con le mani nelle tasche della felpa e Luke con le mani infilate nelle tasche degli skinny jeans scuri e attillati, e guardavamo l'orizzonte dall' orlo del pendio.
-Ci venivo sempre con Ash e Michael quando ero più piccolo, era sempre questo il luogo in cui ci trovavamo. Un po isolati da tutto il resto e allo stesso tempo padroni del mondo. Non ci è mai venuto nessun'altro oltre noi tre e Calum, che si è aggiunto a noi solo qualche anno fa.
Io e Ash ci divertivamo a far finta di essere gli unici sopravvisuti di un' orribile disastro, e che questo fosse il nostro "rifugio segreto"- disse Luke. Aveva lo sguardo perso come se fosse perso nei suoi pensieri, come se quel passato felice non potesse più tornare.
-Lo dici come se tra voi ora fosse cambiato qualcosa. Siete amici come un tempo voi due, no?- chiesi io.
Lui fece un sospiro profondo e poi mi rispose: -Niente è più come un tempo. La vita quando hai dieci anni è facile, spensierata, senza preoccupazioni né priblemi. Siamo sempre amici, certo, ma... siamo cresciuti e siamo cambiati. Siamo cambiati molto.-
Quella risposta mi lasciò penseriosa, e così gli dissi: -ma secondo me nessuno cambia davvero diventando una persona diversa. Non è possibile. Si cambia diventando qualcuno che già si è, scoprendo una parte di te stesso che prima non conoscevi. Ma sei sempre tu.-
-Ma se nella tua vita entra qualcosa o qualcuno di... completamente diverso, che ti può sconvgere la vita... allora sì che si può cambiare. E non è quasi mai in meglio.- ribatté prontamente.
Non seppi più cosa rispondere, così stetti in silenzio. Cosa voleva dire Luke con quella frase? Si stava riferendo a se stesso? Rimasi molto perplessa da quell' affermazione, e osservandolo di sottecchi mi parve di vedere un Luke diverso dal ragazzo duro e autoritario di poco prima. Si stava aprendo, come se quel posto magico lo facesse ritornare con la mente a quando era piccolo.
Solo allora, ripensando alle parole di Luke, realizzai che quindi io ero la prima ragazza, la prima persona all'infuori di lui e i suoi amici ad andare lì. Mi sentii quasi lusingata da quel fatto, ma non potei fare a meno di domandarmi il perché. Tuttavia non volevo rischiare di rovinare quella momentanea armonia che si era creata tra noi, così lasciai perdere senza fare domande. Intanto si era alzata una brezza leggera che mi faceva volare i capelli contro il viso e sollevava quelli morbidi e biondi di Luke, facendolo sembrare statuario in quel magnifico panorama.
Luke si spostò di lato verso il muro e io lo seguii a debita distanza.
Lo guardai osservare per qualche secondo le numerose scritte colorate fino a che si abbassò leggermente e me ne indicò una con il dito lungo e affusolato. -Vedi- disse senza staccare gli occhi dal muro. -queste dovranno essere di almeno dieci anni fa.-
Leggo i due nomi che mi sta indicando, scritte entrambe con un pennarello rosso. Il primo nome è Ash Irwin, la scrittura è leggermente ondulata e molto ordinata. Mi accorgo che si è firmato non con il suo nome completo, e mi riprometto di chiamarlo più spesso così. In effetti il soprannome ''Ash" mi piace.
Sotto c'è un altro nome: Lucas Hemmings. Questa firma è scritta in modo meno ordinato, le lettere sono strette e leggermente allungate. Decido che mi piace quella scrittura, in qualche modo rispecchia la persona di Luke.
Rimango un po interdetta: non avevo mai pensato che quello non fosse il suo vero nome, non me lo aveva mai detto. Non che ci fosse stato un motivo preciso per cui avrebbe dovuto, e d'altra parte non mi era mai passato per la mente una cosa del genere, ma credevo che, conoscendolo da diversi giorni, avrei dovuto in qualche modo venirlo a sapere. -Lucas? - azzardai guardandolo.
-Sì, bhe, è quello il mio nome. Ma... nessuno mi chiama così tranne i miei genitori.- rise lui.
-Non lo sapevo- mormorai.
-Non sapevi cosa?- mi chiese girando la testa verso di me.
-Che ti chiami Lucas-
Luke mi fissò per qualche secondo con espressione confusa e poi mi disse alzando le sopracciglia: -Non devi infatti. Te l'ho detto, nessuno mi chiama così. E poi non sono costetto a dirti niente di me, e sinceramente non so neanche perché ti ho portato qui e perché ti sto dicendo queste cose...- concluse alzandosi.
Lo sapevo che non avrei dovuto dirlo, ma non sono ancora abituata ai suoi continui sbalzi d'umore.
Mentre lui si allontanava rimanendo in piedi alle mie spalle controllando con aria accigliata i messaggi sul cellulare, io spostai gli occhi verso le altre scritte. Mi soffermai sul alcune parole in nero che mi colpirono particolarmente: It's never too late to bring it back to life.
Rimasi per un po ad osservare quella frase, leggermente sbiadita dal tempo e scritta in un angolo del muro. Non è mai troppo tardi per tornare a vivere. Non riuscivo a capire chi avesse potuto scrivere quella frase, ma mi venne un tuffo al cuore quando mi accorsi che la scrittura era uguale a quella usata da Luke per la sua firma. Una frase del genere mi dava l'impressione di essere stata scritta da qualcuno di molto triste, perché il suo significato era molto cupo e profondo.
Mi si strinse il cuore all'idea di un Luke di qualche anno fa che scriveva quella frase in quel suo rifugio segreto. Stavo riflettendo sul motivo che avesse potuto spingere un ragazzo a scrivere una cosa del genere, quando la voce di Luke mi riportò alla realtà: -Dobbiamo andare adesso, devo vedermi con Ash.-
Ci impiegai un po di tempo per comprendere le sue parole, e poi di colpo mi alzai pulendomi il retro dei pantaloni dall'erba e guardai l'ora sul cellulare: erano le 5 passate, non molto tardi in realtà, ma più di quanto immaginavo.
-Io devo tornare a casa.- dissi. Lui annuì e mi disse sospirando che mi avrebbe accompagnata. Mi sentii un po in imbarazzo perché sembrava che fosse infastidito dal fatto che doveva riaccompagnarmi. Camminava davanti a me e sembrava nervoso, ma non feci commenti. Prima di andarmeme lanciai un ultimo sguardo alla parete del muro, ma i miei occhi caddero anziché sulla scritta letta poco prima, su un nome familiare affianco ad essa. Gaia. Cercai di rileggerla meglio ma Luke mi afferó per un braccio e mi trascinò via prima che potessi accertarmi di quello che avevo letto. Mi dissi che avevo letto male, perché Luke mi aveva detto che ero la prima ragazza a mettere piede lì. O forse mi aveva mentito?Per tutto il tragitto cercai di tralasciare il fatto che mi era sembrato di leggere quel nome sul muro, e di convicermi che dopotutto non erano neppure affari miei. Mi tolsi quel pensiero dalla testa e continuai invece a ripetermi a fior di labbra la frase letta lì accanto. Ero talmente impegnata a non dimenticarla che non mi resi conto di stare parlando a voce troppo alta. Infatti dopo aver girato un paio di volte la testa verso di me mentre guidava, Luke mi disse: -Che stai dicendo? -
Io lo guardai interrompendo la mia cantilena interiore.
-C-che?-
-È da tutto il viaggio che continui a parlare da sola... si può sapere che stai dicendo? -
Feci per dirgli della frase che mi aveva colpito molto, ma lui subito, dopo pochi secondi di riflessione, si immobilizzò. Lo vidi stringere la mascella e le dita intorno al volante, e mi domandai se avessi detto qualcosa di sbagliato.
Si girò di scatto verso di me, sterzando bruscamente tanto che credetti saremmo andati a schiantarci contro qualche macchina nella corsia opposta.
-Dimenticati di quella cazzo di frase, non significa niente-
Mi disse, cercando di tenere il più possibile contatto con i miei occhi nonostante debba continuamente tornare a guardare la strada.
La rabbia che lessi nei suoi occhi mi fece gelare il sangue, ma sembrava quasi che, al contrario, il ghiaccio delle sue iridi azzurre sia travolto da un fuoco di ira.
Non riuscii a rispondere, esterrefatta davanti ad una reazione del genere che non mi sarei mai aspettata. Che gli aveva preso?
Lui d'altro canto non mi lasciò replicare e continuò a dire, cercando di mantenere la calma: -Devi dimenticartela, mi hai sentito? Non voglio che continui a ripeterla. Lo sapevo che non dovevo portarti lí, cazzo.- e si passò le mani tra i capelli, battendo poi una mano sul volante. Vorrei chiedergli perché tanto scandalo per una semplice frase, perché se l'era presa così e perché diamine mi aveva fatto vedere quel posto se era da quando ce ne siamo andati che continuava a ripetere che era stato uno sbaglio. E anche lui sembrava voler aggiungere qualcosa, ma lo vidi impallidire ancora quando i suoi occhi si fermaronoo sullo specchietto retrovisore dell'auto. Seguì il suo sguardo ma non riuscii a vedere niente, eppure il suo comportamento mi spaventò. Così mi girai verso il retro della macchina e allora la vidi anche io. Guardo di nuovo Luke, poi la strada dietro di me, dove una macchina della polizia sta avanzando a sirene spiegate... proprio verso di noi.

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Cure || Luke Hemmings
Acak"Se avessi saputo che quella sera non mi avrebbe raccontato neanche la metà dell'oscura verita in cui lui e gli altri erano coinvolti, e avessi potuto immaginare cosa stava succedendo a casa, in quel preciso momento, non sarei restata. Ma non potevo...