Risvegli Contrapposti

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In quel fioco campo rivestito per intero da fiori bianchi e attorniato da irti alberi, la sola vampira si sentiva scrutata da quel cupo cielo, che adesso aveva messo su un paio d'inquietanti occhi;

i quali imperterriti la guardavano con le loro accese pupille scarlatte che se guardate con arguzia, potevano essere sgamate a tremolare, forse perché assai pregne di potere. 

Reveneria era immobilizzata. Sembrava che il candido prato notturno che la cullava, fosse il chiostro di quel piccolo bosco che aveva ospitato il suo teletrasporto, e lei ne era al centro, come se si stesse allignando. Quei rotondi occhi giganti la continuavano a guardare, come se la braccassero. 

La fanciulla bianca, che ancora doveva spiegarsi il perché lei e la sua famiglia si fossero iscritti al Festival Della lama, ora si trovava dinanzi ad uno dei due Grandi Occhi Celesti.

Provava sgomento, sconforto; angoscia. Forse avrebbe dovuto suicidarsi con la sua spada d'avorio, ancora con lei dopo il sortilegio di Roselius, dopo aver visto le viscere di suo padre e sua madre marchiare l'arido campo di quella traumatica arena. 

Purtroppo o per fortuna, di forze non ne aveva più, e poté solo lanciare lancinanti urla interrotte a tratti da struggenti e allo stesso tempo flebili mugugni. 

Forse si dovrebbe dire per fortuna, visto che ora la sprovveduta vampira si trovava di fronte all'entità più misteriosa e potente di Princìpia, la quale iniziava ad emettere un fascio di luce rossa che si stagliava sul piantato corpo di Reveneria, che inorridita ma allo stesso tempo affascinata da quello spettacolo di luce rubiconda poteva solo guardare trasecolante. 

Senza poter agire. Senza poter muoversi.

Il fascio di luce rubra terminò, e con il suo culmine iniziò la genesi di una pianta direttamente dall'esangue corpo della povera vampira. Era messa a mo' di croce: le sue orizzontali mani iniziarono a tramutarsi in rami; le sue gambe piantarono le radici e iniziarono ad affondare nel centro di quel cerchio creato da quegl'innevati alberi che la cingevano; dal suo busto iniziarono ad uscire radici, che mentre dilaniavano la impotente Reveneria, le lasciavano almeno il "lusso" di urlare a squarcia gola. 

Le radici di quella mostruosità vegetale iniziarono ad allungarsi, e con esse il tronco. La povera mezza-vampira aveva trovato un nuovo flagello dopo i Corvini, ma questo non sembrava risparmiarla. 

Mentre esauriva la sua voce, i rami di quella pianta si contorcevano e si conformavano. La candida fanciulla continuava a confarsi di corteccia marrone chiara, finché gli Occhi Celestiali non si socchiusero per un attimo. 

Mentre tenevano strette le loro cupe pupille, dai rami di quell'albero iniziarono a nascere degli sgargianti petali di fiori rossi e bianchi, che mano mano coronavano d'un rosso acceso e di un puro bianco la chioma della pianta che aveva sostituito la sofferente Reveneria. 

E così in quella notte di discussioni e cogitazioni, I Grandi Occhi Celesti si erano palesati per la prima volta dinanzi a qualcuno, facendolo diventare, chissà perché, un ricettacolo pieno di sangue e potenza.

La giornata seguente s'aprì con una trepidante Malice diretta al Cimitero Degli Illusi, situato a sud di Rupestride, pronta a polverizzare l'impiccata Reveneria.

Non sapeva però che lo stesso cimitero degli Illusi l'avrebbe ingannata.

Grazie al sortilegio di Rèoro attuato sui vampiri la bella Reggente Del Deserto poteva stare sotto al sole tutto il tempo che voleva.

La regina non appena arrivò tutta sola in quell'oscuro posto sempre più gremito di cappi attorniati a colli, iniziò a cercare il corpo di colei che sarebbe potuta diventare la nemesi di Princìpia.

Infatti la regina passò l'intera mattinata a cercare l'esanime corpo pallido della fanciulla dagli altrettanto candidi capelli, ma non ve ne trovò traccia.

Malice stava iniziando a perdere la pazienza, e in essa iniziava a pensare che la sorte le avesse portato la più grande disgrazia possibile, anziché la migliore grazia possibile che tanto bramava.

L'unica soluzione era tornare nel capoluogo del deserto e parlare con un Roselius pronto a "salpare" verso lo staccato ed indipendente sud-est come impartitogli da un adirato Nubius, il quale altresì era pronto a partire alla volta della Capitale Dorata.

Nel frattempo, in pieno pomeriggio, in un lugubre posto, che attingeva ad una grotta pigmentata d'un blu scuro, locato sotto la città la quale tutta è d'oro, il Cavaliere riaprì i suoi cristallini occhi dopo diversi giorni di coma e guardandosi attorno vide che era osservato da due figure con gli occhi vispi e le orecchie a punta, accompagnate da una creatura che ammiccava ad un drago, privo però di artigli anteriori.

Le Cronache Scarlatte - Il CavaliereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora