CAPITOLO 1

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Il suono della sveglia riempie l'aria del mattino, costringendomi a lasciare il calore confortevole del mio letto. Con un sospiro, mi alzo e apro le tende, lasciando entrare la luce flebile del giorno nella mia stanza.
Oggi è il primo giorno all'Universität für Musik und darstellende Kunst Wien, o come preferisco chiamarla, l'UMDK.

Non posso nascondere l'emozione che mi pervade, mentre immagino di percorrere l'ingresso del maestoso palazzo storico. Un brivido attraversa il mio corpo, accompagnato dalla mia mente che dipinge vivide immagini. Posso quasi sentire il fruscio delle foglie, i miei passi sulle piastrelle in pietra e gli affreschi che contornano le antiche pareti.

Le mie mani tremano per qualche secondo, come per ricordarmi che tutto inizia oggi, una nuova vita mi aspetta e farò in modo che quest'ultima sia migliore della precedente.
Mando via quei pensieri, mentre mi avvicino allo specchio appoggiato alla parete e osservo il mio riflesso. I miei capelli neri cadono morbidi sulle spalle, accompagnati dalla luce del sole che colora di arancione la mia stanza e che fa risplendere le poche sfumature di castano. Queste, non sono altro che piccoli residui di una tinta fatta ormai mesi fa.

I miei occhi marroni, normalmente vivaci e pieni di vita, oggi sono un po' più seri, riflettendo l'ansia e il nervosismo di questo giorno.
Guardo il mio guardaroba, pieno di abiti di ogni tipo, e scelgo un outfit semplice ma giusto per iniziare quella giornata al meglio. Sono decisa, devo e voglio mostrare a tutti la parte migliore di me. La parte di me stessa che amo. Opto per un paio di jeans aderenti ma confortevoli che avvolgono perfettamente le mie forme, il blu leggermente sbiadito gli dà un tocco di vintage, ricordandomi perfettamente a chi appartengono quei pantaloni. A Mia madre.

Un sorriso spontaneo mi si forma sul viso, ho sempre "rubato" i vestiti di mamma, sin da quando ne ho memoria. All'età di soli tre anni, organizzavo sfilate di moda casalinghe con addosso i suoi vestiti e qualche volta anche con i suoi trucchi. Solo io conosco le sue scenate, dovute al casino che combinavo.

Scelgo una maglietta di un grigio chiaro, quasi bianco, morbida e avvolgente, con un taglio leggermente attillato che non cade sulle mie anche ma si ferma sulla vita, avvolgendola in modo grazioso. Nonostante la sua semplicità, la maglietta ha un che di elegante, con dettagli in pizzo sulle maniche.
Anche questa è un regalo di mamma. La mia dolce mamma.

Per completare il tutto, scelgo un paio di scarpe da ginnastica bianche e un delicato ciondolo d'argento che cade delicatamente sul mio petto.
Dopo aver spruzzato la mia fragranza preferita, la mia attenzione ricade sul pianoforte. Accarezzo i tasti del mio vecchio strumento, facendo risuonare una melodia familiare che porta con sé un senso di calma; me l'ha regalato papà prima di lasciarmi e volare via.

Ogni nota suonata è un promemoria dei miei ricordi più belli e allo stesso tempo tristi. Ma ricorda anche tutti i sacrifici che mi hanno portato fino a qui, fino a questa città, fino a questo momento. Devo liberarmi di questi pensieri che mi affliggono e l'espressione "nuova vita" mi risuona nuovamente in mente. 
Esco dalla mia stanza e mi avvio verso il campus, ma una piccola scossa di ansia e nervosismo mi percorre la schiena.

Questa è la mia opportunità di dimostrare ciò di cui sono capace e di immergermi in quello che amo di più: la musica. La mia unica ancora di salvataggio. Nonostante tutto, il sorriso non lascia mai il mio viso mentre cammino lungo le strade di Vienna e osservo la città che si risveglia, sotto i primi raggi di sole che illuminano i palazzi storici e le botteghe appena aperte.
Passo accanto a un piccolo bar, il profumo del caffè fresco e dei dolci appena sfornati si diffonde nell'aria e prende possesso delle mie narici.

Un rumore improvviso si fa sentire dal mio stomaco, interrompendo il silenzio che mi circonda; devo assolutamente prendere uno di quei dolciumi. Mi concedo qualche minuto per assaporare la vista dei vassoi stracolmi di delizie, tutte esposte dietro il vetro del bancone del bar.

«le mie preferite» esclamo tra me e me, ciambelle.
Scelgo una ciambella ai mirtilli, la glassa blu che la ricopre mi attrae e fa brontolare nuovamente il mio stomaco. Non posso ignorarlo.
La ragazza che lavora lì me la consegna in un sacchetto di carta azzurro, insieme a un caffè fumante. Ringrazio e pago, sentendo già l'acquolina in bocca. Uscendo dal bar, mi avvio finalmente verso il campus dell'UMDK.
All'arrivo, mi fermo un attimo per osservare l'edificio imponente che mi si presenta davanti. Con le sue pareti di pietra grigia e le grandi finestre, è proprio come me lo sono sempre immaginato. Respiro profondamente e il suono della musica che si diffonde dalle finestre aperte mi fa venire i brividi. C'è già qualcuno che suona? eppure è ancora molto presto.

La melodia è così soave che rende l'atmosfera quasi magica. Entro nel campus, basta aspettare.
Vedo subito i primi studenti che ridono e chiacchierano spensierati. Me li lascio alle spalle e mi dirigo verso l'ufficio di registrazione, dove una volta arrivata un addetto mi indica la mia prima classe. Eccitata mi avvio verso le scale, che in poco tempo percorro , trovandomi subito davanti alla stanza 3AB al terzo piano.

Arrivo in aula fortunatamente con qualche minuto di anticipo, così ho tutto il tempo per scegliere accuratamente il mio posto. Quest'ultima si sta riempiendo piano piano e ogni persona che varca la soglia della porta, è immersa nei propri pensieri.

Noto subito un banco vuoto vicino alla finestra e non ci penso due volte, decido di sedermi proprio lì. La vista è spettacolare, vedo perfettamente i vari giardini del campus.
Tuttavia, mentre mi sto per sedere, una voce risuona nell'aria interrompendo la mia azione.  «Scusa, ma quello è il mio posto» la sua voce maschile, bassa e calma mi fa voltare. Lo guardo attentamente, ma resto ammaliata e sorpresa non appena mi ritrovo davanti due occhi verdi che mi ricordano uno smeraldo. Non mi muovo, resto ferma a guardarlo per qualche secondo, prima di rendermene conto. «Non sapevo che i posti fossero assegnati» rispondo, sistemando la mia borsa sul banco e cercando di mantenere un tono tranquillo.

«Non lo sono» agli angoli della bocca gli si forma una piccola smorfia, come se fosse già stanco di quella conversazione. «Ma questo è il posto dove mi siedo, solitamente.» puntualizza, senza mostrare alcuna emozione, il suo viso è come una maschera di indifferenza. Un'indifferenza seducente.

Mi guardo intorno notando che ormai ogni posto vicino alla finestra è stato occupato. Voglio a tutti i costi sedermi lì, d'altronde sono arrivata prima io.
«Visto che da come dici, solitamente ci stai tu, per oggi posso starci io? ogni posto vicino alla finestra è occupato.» resto in silenzio per qualche secondo, prima di continuare. «Va bene?» concludo, aspettando una sua risposta. Ma lui non dice nulla, mi guarda attentamente, come se mi stesse giudicando. Non so per quale motivo, ma mi sento in soggezione sotto il suo sguardo magnetico.

Mi sta letteralmente studiando, forse mentalmente già mi ha attribuito un giudizio, negativo o positivo, non riesco a capirlo. Non ricevo alcuna risposta e dopo aver preso un po' di coraggio, decido di sedermi. Solo in quel momento lui distoglie i suoi occhi dalla mia figura.
Non proferisce parola, si siede di fianco a me lasciando scivolare la chitarra che tiene tra le mani accanto al suo banco, possibile che non l'abbia notata prima? adagia delicatamente il manico sul bordo del banco, in modo che quest'ultima stia in piedi e non intralci il passaggio.
Adesso sono io che mi prendo del tempo per studiarlo, proprio come lui ha fatto con me in precedenza.

I suoi capelli, neri come la pece e lisci, attirano subito la mia attenzione. Cadono senza sforzo lungo la nuca, creando un disordine affascinante e quasi provocatorio. Le lunghe ciocche gli coprono di poco gli occhi, nascondendo la loro bellezza. Mi incantano, sono di un verde profondo, così intensi e misteriosi. Che sia qualche specie di magia? In quel momento mi chiedo se è davvero possibile rimanere affascinati da uno sconosciuto.

Infine, mi concentro sulle sue braccia, coperte da una semplice felpa nera, arrotolata fino ai gomiti. Da quel che riesco a vedere, sono come una tela piena di schizzi artistici e neri. Alcuni disegni sono più complessi, altri sono nascosti dalle maniche della felpa. Mentre continuo a guardarlo, lo noto girarsi, lentamente e in una frazione di secondi i nostri occhi si incontrano, di nuovo.
Non posso negare a me stessa che lui ai miei occhi è avvolto in un'aura così misteriosa e seducente, che  anche volendo non riesco a ignorare.

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