CAPITOLO 3

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Quella sera, a casa, mi ritrovo a ripensare alla giornata. Le parole dell'insegnante, i momenti di silenzio e le mille atmosfere. Ed infine anche le note della melodia suonata da Sebastian mi rimbomba nella mente.
Mentre questi momenti gironzolano nella mia testa, mi preparo per andare a letto. Il cuscino è fresco e le coperte avvolgono il mio corpo. Ma nonostante la stanchezza, il sonno tarda ad arrivare, i miei occhi non si chiudono fino alle 2:00 del mattino.

Il mattino seguente mi sveglio con il sole che filtra attraverso le tende del mio appartamento, il secondo giorno è arrivato e io mi stiracchio nel letto, pronta ad affrontarlo. Il suono metallico della sveglia entra nelle mie orecchie, ed è in quel momento che capisco che devo veramente alzarmi e non rimandare più.

Mi dirigo verso il bagno, passando davanti allo specchio. I miei capelli neri sono spettinati e i miei occhi marroni sono ancora un po' gonfi dal sonno, me li stropiccio. Mi dirigo verso la doccia e l'acqua calda con il suo vapore, inizia a riscaldare tutta la stanza. Poco dopo entro e mentre l'acqua scorre sulla mia pelle, in modo lento e accogliente, i miei pensieri vanno all'inizio del progetto. L'e-mail sarà già arrivata? Non vedo l'ora di iniziare a lavorarci, voglio suonare il mio pianoforte, accompagnata dalla chitarra del mio compagno.

Dopo la doccia, scelgo il mio outfit per il giorno. Opto per un paio di jeans neri a zampa di elefante, una maglietta bianca semplice a maniche lunghe e per finire scelgo un cardigan anch'esso bianco da mettere sopra. Indosso le mie Nike bianche e dopo un ultimo sguardo allo specchio, una spruzzata di profumo, esco di casa.
La strada per l'università è tranquilla.

Respiro profondamente l'aria mattutina e decido di andare nuovamente al Bar di ieri. L'impiegata mi saluta e io ordino le stesse ciambelle, ai mirtilli con glassa blu e caffè, pago e mi incammino verso l'università.
Appena arrivata vado subito in aula. Spero di trovare Sebastian già lì, così da poter iniziare a discutere del nostro progetto e dei nostri piani futuri. Ma quando entro in aula, non c'è traccia di lui. Mi siedo nel mio posto, o per meglio dire "nostro posto" e prendo il telefono. L'email è arrivata, ma aspetto l'arrivo di Sebastian per aprirla, così da leggerla insieme e decidere sul da farsi.

La classe sembra improvvisamente più silenziosa ma anche più piena, il trambusto delle conversazioni svanisce mentre ciascuno si concentra sul proprio compito. Lui però, non è ancora presente. Dopo poco sento dei passi avvicinarsi sempre di più a me, alzo lo sguardo lo vedo impegnato a sistemarsi i capelli. Eccolo, si siede nel posto di fianco a me, senza dire una parola, nemmeno un saluto.

«Buongiorno.» Dico prima di aprire definitivamente l'email. Faccio scorrere il dito sullo schermo e pian piano inizio a leggere le varie istruzioni date dal Professore. Sebastian fa scivolare la custodia della chitarra a terra, con un rumore ambiguo e un po' fastidioso. Dal suo zaino estrae un piccolo quaderno con la copertina bianca.

«Ho già letto tutta l'email, sta notte.» Esclama. Mi giro verso di lui, sorpresa del fatto che non mi abbia aspettato. Porto la mia attenzione su quel quadernino, cercando di scacciare via il fastidio.
«C'è scritto di scegliere dei punti chiave e lavorare su essi, ho preso quelli che secondo me sarebbero giusti per noi.» Estrae una penna e inizia a giocherellare con essa, mentre mi passa il quaderno.

«Visto che tu suoni il pianoforte e io la chitarra ho pensato di puntare la nostra attenzione sulla cover di un brano, adattato ai nostri strumenti.» Sento un brivido di sorpresa quando Sebastian menziona il mio strumento. Come fa a saperlo? Non ricordo di averglielo detto e sulla lista di nomi sono sicura, non era presente.

Le sue dita cessano di giocare con la penna e noto un rapido sollevamento e abbassamento delle spalle. «Lo so e basta, non è questo l'importante» dice improvvisamente. Resto sorpresa, è come se avesse letto nel mio pensiero. Sebastian non è solito aggiungere dettagli, ormai l'ho capito e devo accontentarmi di questa semplice risposta. Ma il dubbio rimane, nonostante tutto.

«Suoni la chitarra classica?» chiedo curiosa.
«Sì» risponde con la stessa brevità di prima.
Mi fermo un momento per formulare una risposta.
La mia bocca si apre per pronunciare le parole, ma Sebastian parla prima di me. «In realtà, preferisco la chitarra elettrica» afferma.

«Perfetto!» Esclamo, più ad alta voce di quanto avrei voluto. L'imbarazzo mi colpisce e prende parte nel mio corpo, ma presto passa in secondo piano. L'entusiasmo è troppo, ed è dovuto alla mia idea, una meravigliosa idea. Ne sono sicura.

«Uniremo il "vecchio" con il "nuovo", io suonerò il pianoforte e tu mi accompagnerai con la chitarra elettrica. Scegliamo insieme il pezzo e poi iniziamo le prove.» Dico tutto d'un fiato, «Sarà fantastico, non vedo l'ora!» il mio entusiasmo è palpabile, mi sento al settimo cielo al solo pensiero.

Sebastian risponde con indifferenza, come se ciò non avesse importanza. «Va bene, come preferisci. Abbiamo finito?» la sua risposta mi spegne. La mia eccitazione si trasforma in frustrazione e nervosismo. Come può essere così disinteressato a un progetto che segnerà l'anno scolastico.

«No che non è finita.» Dico a denti stretti.
Lui risponde con un semplice sguardo, chiudendo il quaderno che poco prima ha aperto sul banco. «Abbiamo scelto cosa fare, quali strumenti suonare e tutto il resto. Non vedo altro da discutere.» La sua voce è piatta, quasi annoiata.

Sento i pugni che si stringono involontariamente.
«E quando scegliamo il brano?» La mia voce suona infastidita dal suo modo di fare. «Ascolteremo qualche canzone durante la giornata, ognuno per conto suo.» Puntualizza. «Poi ci incontriamo per decidere.» conclude, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Non è così che funzionano i lavori di coppia.

Si alza dalla sedia e mi saluta con un breve cenno del capo. «Ci si vede, Miss Fretta.» Dice prendendo la chitarra e lasciando l'aula subito dopo. «Mi chiamo Amelie, non Miss Fretta!» Dico con tono di voce più alto del solito, infastidita e stanca. Lui però, è già troppo lontano per sentirmi.

Sconcertata dal suo atteggiamento indifferente, raccolgo rapidamente le mie cose che ho messo sul banco e prendo la mia borsa, avviandomi verso l'uscita. Devo rilassarmi, mi avvio verso il giardino del campus, cercando di riprendere la calma e sperando che Isolde abbia già finito le lezioni.

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