CAPITOLO 5

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La mattina successiva, mi avvicino a Sebastian.
Il plettro bianco scivola avanti e indietro tra le mie dita nervose. «Sebastian», lo chiamo, lui si volta guardandomi negli occhi.

Un brivido mi attraversa, ma rimango ferma.
«Ho trovato questo ieri», dico, dandogli il plettro.
Non dice nulla, ma lo prende dalla mia mano.
Prendo l'iniziativa e inizio a parlare nuovamente del progetto. «Ho ascoltato Bohemian Rhapsody, The Scientist, Let It Be e Clocks», dico. Lui mi guarda, con un'espressione che non riesco a decifrare.

I suoi capelli ondeggiano con la brezza sottile che soffia. «E tu?», gli chiedo. Sebastian mi guarda, come se stesse considerando se rispondere o meno.
Ma alla fine, sento la sua voce. «November Rain, Lithium, Back in Black, Plug in Baby», le canzoni che ha scelto mi sorprendono.
In quel momento sogno un progetto incredibile.
Guardo Sebastian, il suo sguardo è fisso sul plettro che ora giace tra le sue mani.
«E se provassimo a combinare le nostre scelte?» suggerisco. Lui alza gli occhi verso di me e annuisce. «Possiamo provare», risponde infine.

Mentre rifletto sulle possibili combinazioni, un'ombra scura si avvicina sempre di più a noi.
Guardando su, vedo una ragazza che avanza con un sorriso troppo luminoso. Alta e slanciata, con capelli biondi cenere che cadono morbidi sulle spalle. La sua pelle chiara di color oliva contrasta con i suoi occhi, profondi e neri.

«Sebastian!», esclama, ignorando completamente la mia presenza. Lei gira la testa verso di me, i suoi occhi ridono quasi come se volesse prendermi in giro per qualcosa. «Amelie, giusto?», dice con un tono che suona tutto fuorché amichevole.
Mi sorge spontanea una domanda: come sapeva il mio nome? «Stavi parlando con Sebastian del progetto, vero?» Prima che possa rispondere, lei continua.
«Sai, io e Sebastian abbiamo lavorato su molti progetti insieme. Forse potrei aiutarti.» Ignoro quel suo finto atto di gentilezza. «Conosci il mio nome, ma io non so il tuo. Chi sei?» Sembra sorpresa dalla mia domanda.

Si ferma per un momento, per poi sorridere.
«Sono Lena, siamo nella stessa classe, Amelie.» Il modo in cui pronuncia il mio nome porta un tono di sarcasmo che non mi sfugge. Come se fosse divertita.
«Lena, non pensi che sia il momento di concentrarti sul tuo progetto?» Dico, respingendo con delicatezza l'offerta di aiuto che aveva fatto in precedenza.

«Amelie, non preoccuparti per me.» Il sorriso non lascia le sue labbra. È quasi fastidioso.
«Hai detto che tu e Sebastian avete lavorato su molti progetti insieme...come è possibile? Questo è il nostro primo anno di università o sbaglio?» Lena rimane in silenzio per un momento. Infine, sospira.
«Abbiamo cambiato facoltà, anche prima eravamo nella stessa classe.» Il commento di Lena attira finalmente l'attenzione di Sebastian.

«È vero.» la sua voce neutra risuona nell'aria.
Ci voltiamo entrambe verso di lui, che fino a quel momento era rimasto in silenzio.
«Eravamo nella stessa classe.» Si svincola con nonchalance dalla presa di Lena e ripone il plettro nella tasca dei suoi jeans. Senza un altro sguardo, dichiara in un tono quasi disinteressato: «Amelie, ti aspetto tra due ore nella sala prove numero 5 al secondo piano.»
Saluta Lena con un cenno della testa e la sua figura si allontana, svanendo tra la folla di studenti.

Lascio un ultimo sguardo a Lena, ancora in piedi dove Sebastian l'ha lasciata, prima di girarmi per andarmene anch'io. Le prossime due ore saranno dedicate alla «Storia della Musica».

.

Dopo due ore, mentre mi dirigo verso la sala prove numero 5, il mio telefono vibra nella borsa.
Estraendolo, vedo il messaggio di Isolde.
"Ciao Ame! vorrei farti conoscere i miei amici. Penso che ti troverai bene con loro. Andiamo in un bar qui vicino. Ti va di venire? :)" Un piccolo sorriso si forma sul mio viso mentre leggo il messaggio.

Rapidamente digito: "Ciao Iso, sarebbe fantastico! Però finirò un po' tardi a causa del progetto musicale con Sebastian. Vengo appena finito! Mandami il nome del Bar<3" Dopo aver letto il nome del Bar ripongo il telefono in tasca.

Salgo le scale fino al secondo piano e mi dirigo verso la sala numero 5. Attraverso il vetro della porta, vedo Sebastian già impegnato ad accordare la chitarra.
La luce del sole entra dalla grande finestra, baciando i suoi capelli e creando un'atmosfera quasi magica.
Non posso fare a meno di rimanere ferma per un attimo, osservandolo attraverso il vetro, prima di raccogliere il coraggio di aprire la porta e entrare.

«Pensavo volessi rimanere lì a guardarmi» Dice Sebastian senza alzare lo sguardo dalla sua chitarra.
La sua voce è calma, Senza dire un'altra parola, prende il suo telefono e avvia la canzone.
Le note iniziali di "November Rain" iniziano a riempire la stanza. La luce del sole che filtra dalla finestra la illumina, creando ombre lunghe che danzano al ritmo della musica.

Mentre la voce di Axl Rose inizia a cantare, mi trovo ad osservare Sebastian. Le sue dita si muovono abilmente sulle corde della chitarra senza toccarle.
Seguono attentamente la melodia della canzone, che lui conosceva già.

La sua espressione è concentrata, come se fosse completamente immerso. Mi ritrovo ad ammirarlo per alcuni secondi, soffermandomi ancora una volta sulle sue mani.

Le sue dita sono lunghe e agili, accarezzano delicatamente le corde della chitarra. Le unghie sono tagliate corte, ideali per pizzicare le corde senza intoppi. Le vene sul dorso delle sue mani raccontano di un'intensità nascosta.

Chiudo gli occhi, permettendo alla melodia di "November Rain" di avvolgermi. Non posso fare a meno di sorridere e poco dopo apro gli occhi. Sebastian solleva lo sguardo dalla sua chitarra e mi fissa per un istante.

Dopo quel momento, che sembra durare un'eternità, Sebastian interrompe il silenzio. La sua voce risuona nella stanza, accompagnata dalle ultime note della canzone.

Con un movimento fluido, Sebastian posa la chitarra sul suo supporto. Poi, estrae il solito quadernino bianco che tiene sempre con sé. Sfoglia lentamente il quaderno, le sue dita accarezzano le pagine. Infine, si ferma su una pagina, i suoi occhi si fissano intensamente sulle parole e sulle note scritte lì. Mentre guardo le pagine di quel quaderno, piene di note musicali e di idee, la mia curiosità si accende.

«Stavi già pensando a come potremmo arrangiare l'inizio di 'November Rain'?» Le mie parole spezzano il silenzio. Lui annuisce senza distogliere lo sguardo. «Stavo pensando a un modo per combinare i nostri strumenti.» Sfoglia l'ennesima pagina.

«Vedi» continua, indicando la pagina con un dito. «l'idea è di adattare il tutto in modo che possa essere eseguito sia alla chitarra che al pianoforte.» Mentre i miei occhi seguono affascinati le parole e le note sul quaderno, la mia voce interrompe il breve silenzio che si era creato.

«Dobbiamo trovare un equilibrio, in modo che nessuno strumento sovrasti l'altro.» Dico spontaneamente. Il suono improvviso del mio telefono che vibra nella mia borsa interrompe il nostro momento e mi costringe a distogliere l'attenzione da Sebastian.

Guardo lo schermo e vedo il nome di Isolde, un messaggio da lei. "Noi siamo tutti al bar, manchi solo tu zuccherino!" Leggo il messaggio di Isolde e un sorriso spontaneo compare sul mio viso a quel bizzarro soprannome.

La voce di Sebastian mi richiama alla realtà.
«Devi andare?» Mi chiede e per un attimo segue il mio sguardo verso il telefono poi sposta il suo verso la finestra. «È pomeriggio inoltrato» constata, con voce simile a un sussurro che si perde nell'aria della stanza. Mi alzo dalla sedia, le gambe ancora intorpidite per essere rimasta seduta così a lungo.

«Posso rimanere ancora, in fondo non abbiamo finito il progetto» Lui stacca lo sguardo dalla finestra e lo posa su di me. «Devo andare anche io» Afferma, infilando il suo quaderno nello zaino.

Si alza dalla sedia e senza aspettare una mia risposta, si avvicina alla porta.
«Ci vediamo domani, Pimpi» Dice, prima di uscire dalla stanza.

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