Capitolo 43: Notte

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Tell me what you mean, is it all me?
Start to overthink everything
When you're close to me, I can't breathe
We're already six-feet deep
-Fuck Up The Friendship, Leah Kate

RULA'S POV

Ryan mi ha baciata.
Io ho baciato Ryan.
Io e Ryan ci siamo baciati.

Questo era l'unico pensiero che continuava a girarmi per la testa.
Come potevo pensare ad altro?

Come non potevo pensare a quello che era stato uno dei baci migliori e al tempo stesso più pieno di significato della mia vita?

Il giorno dopo essere stato a casa di Martin e essermi aperta con i miei amici avevo capito che necessitavo di parlare di nuovo con Devon, perché se da una parte avevamo chiuso un cerchio con la nostra ultima chiacchierata, io non avevo fatto altro che credere che mettere apposto quello che avevo messo sottosopra con lui bastasse a sistemare anche i miei di casini interiori, quando in realtà c'era molto altro su cui dovevo ancora lavorare.

Così l'avevo chiamato, non era fondamentale vederci, forse anche perché parlarne di persona mi avrebbe tolto un po' di quel coraggio con cui ero partita in quarta avviando la telefonata.

Avevamo parlato per un po' prima che lui mi chiedesse per quale motivo l'avevo effettivamente chiamato, ed era stato lì che avevo ceduto, avevo buttato fuori pensieri e discorsi a cui non mi ero mai lasciata andare e lui mi aveva ascoltata e sostenuta, ma soprattutto capita.

Certo forse dirgli così su due piedi che ciò che aveva rovinato la nostra relazione era l'ombra di mio padre che non mi aveva mai abbandonata e che aveva influenzato fin troppo la mia vita non era stato il modo migliore per andare oltre a tutto quel casino ma di sicuro sentivo un peso più leggero sulle spalle.

Quella verità non cambiava nulla e in tutta sincerità sospettavo che Devon avesse sempre saputo che quello c'entrasse, almeno in parte, con la nostra rottura, però per rispetto non aveva mai tirato fuori l'argomento e aveva semplicemente aspettato che lo accettassi anch'io.
Sì ci erano voluti anni, ma alla fine era accaduto.

E infondo sapevo che non fosse nulla di straordinario, capitava a più persone di quanto fosse normale che il proprio padre lasciasse inevitabilmente dei traumi che poi ci si portava dietro fino a che non li si risolveva una volta per tutte e poi si poteva finalmente passare oltre.

Ma in qualche modo avevo sempre cercato di accantonare questa idea nei meandri della mia mente e non averci a che fare perché quello significava soltanto che quell'uomo aveva avuto una parte fondamentale nella mia vita e questa era l'ultima cosa che volevo.

In un modo che faticavo a comprendere forse, tenere a distanza la sua figura dal bagaglio emotivo che mi portavo dietro mi aveva aiutata a non sentirmi più legata a lui in una maniera in cui non volevo averci a che fare e tornare sui miei passi e ritirare fuori quella ferita sembrava solo una sconfitta.
Non alla parte razionale di me ma per quella bambina che per colpa sua aveva dovuto attraversare cose che nessun bambino meritava.

Poi però ci ragionavo meglio e capivo come questo fosse quel passo necessario al definitivo superamento del fatto e al ritrovo di me stessa, per cominciare un nuovo capitolo della mia vita in cui le cose potevano andare diversamente da come mi ero ritrovata a confinarle.

E allora avevo chiarito le cose con Devon anche se ormai la nostra storia aveva avuto inevitabilmente un inizio e una fine ben segnati.

E sul tetto quella mattina mi ero lasciata andare con Ryan perché in un qualche modo ancora dentro a quell'onda emotiva che mi aveva attraversata.

𝑫𝒖𝒑𝒍𝒊𝒄𝒊𝒕𝒚 - il doppio o il nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora