Capitolo 21: Giorno

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I'ma do just what I want on the regular
-S.L.U.T., Bea Miller

RYAN'S POV

Charlene era un bravo capo.

Potevo dirlo non solo vedendo come si era sempre comportata con me, in fondo visti i miei collegamenti ero di parte.

Ma per come ogni singolo giorno si impegnasse tanto per rendere la Laflinis un posto migliore, sia in termini di incremento di vendite e acquisizione di nuovi clienti, ma di benessere del personale, di aiuto e ascolto verso ogni voce dei dipendenti.

Sapeva fare il suo lavoro meglio della maggior parte delle persone che mi ero ritrovato davanti negli anni e con cui avevo dovuto lavorare quando ancora praticavo con mio padre.

Sapevo che non veniva da una grande esperienza, aveva aiutato da giovane a fondare l'azienda insieme a sua nonna e visto che a sua madre non era mai interessata, l'eredità della rivista aveva saltato una generazione ed era finita dritta nelle mani di Charlene dopo la scomparsa della nonna.

Inizialmente non ne era rimasta molto felice, da quello che avevo sentito dire, anche se non sapevo bene quale fosse la sua vita prima di prendere le redini di questo posto, e nemmeno se ciò che faceva prima era qualcosa a cui teneva molto o a cui non avrebbe mai rinunciato in altre circostanze, sapevo solo che l'aveva fatto.

Aveva mollato la sua vecchia vita per prendere in mano questa, ciò che sua nonna aveva costruito, cio che lei aveva già in partenza contribuito a costruire.

Ha reso in poco tempo questo posto ancora più grande e non sono in termini di grandezza e comunità ma anche come luogo dove rifugiarsi e dove essere coloro che tendono una mano al prossimo, e questo cambiamento che ha portato internamente all'azienda non aveva fatto altro che aumentare il livello qualitativo anche di ciò che portava all'esterno.

Prima di venire qui era stato abbastanza lungo il periodo in cui si erano protratte le trattative.

Mio padre e Charlene si conoscevano ormai da molti anni, e quando lei gli aveva parlato delle sue nuove idee riguardo alla rivista e di come cercasse qualcuno che potesse aiutarla nell'ambito burocratico e finanziario era venuto fuori il mio nome. Certo inizialmente non era stato così facile convincere mio padre a questo cambiamento, avermi al suo fianco nella sua società era importante da sempre, da prima ancora che iniziassi a camminare probabilmente, ciò che aveva costruito non poteva andare perduto e per questo aveva bisogno di eredi.

Il piano per la mia vita era sempre stato chiaro a mio padre: seguire un percorso di studi da lui prontamente scelto anticipatamente, stage formativi estivi in altre aziende del settore per imparare come muovermi, entrare poi in società al suo fianco per poi infine prendere il suo posto dopo la sua dipartita, perché non era il tipo da mollare le cose per andare in pensione.

E ovviamente in questo piano ciò che io volevo o anche solo pensavo non era contemplato.

E così avevo seguito ogni suo ordine come un cagnolino obbediente, mosso dal senso di colpa e di dovere e avevo messo mio padre e il suo volere davanti, a discapito della mia stessa vita.

Per questo quando era sorta la possibilità che io mi allontanassi non solo da mio padre ma da quella città che mi era ormai da tempo cominciata a stare stretta, avevo colto ciò che potevo e messo tutte le mie forze nel convincere mio padre a lasciarmi andare.

Era un modo per aumentare la mia conoscenza in quell'ambito, sarei stato maggiormente pronto ad affrontare le diverse difficoltà che si sarebbero potute presentare, avrei costruito nuovi rapporti professionali su cui contare nel futuro e qualsiasi altra cosa avrei potuto tirare fuori per persuadere mio padre a lasciarmi libero, almeno per un po', almeno lavorativamente.

𝑫𝒖𝒑𝒍𝒊𝒄𝒊𝒕𝒚 - il doppio o il nienteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora