CAPITOLO 26

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POV NIKI

Che situazione di merda.

E io che immaginavo che solo io e Roku avessimo grossi problemi, invece a quanto pare mi sbagliavo e anche molto, ma non erano cazzi miei, non mi sarei mai intromesso, lei per me era solo un interesse momentaneo.

Guardai l'orologio, era il momento di andare, avevo una corsa da vincere e non potevo distrarmi a pensare al dramma familiare in corso, mi pulii la bocca con il fazzoletto e mi alzai, quando la voce della mamma di Heejun mi bloccò.

<< E tu dove pensi di andare?>>

In effetti era una donna abbastanza snervante, non riuscivo ancora a capire cosa ci trovasse Roku in lei, poi ci pensai meglio, forse l'essere patologicamente degli stronzi insensibili doveva essere un richiamo più forte di qualsiasi altra compatibilità.

<< Non sono cazzi tuoi.>>

Non riuscii a frenare quel pensiero che poi diventò frase, mi ero appena incasinato con le mie stesse mani, ma in fondo ero stato onesto no?!

<< Come, scusa?>>

Leggevo incredulità nel suo sguardo, ma di sicuro con me il suo modo di agire non avrebbe funzionato, lo potevo garantire.

<< Io esco, e credo che tu abbia problemi più grandi del voler sapere dove io vado o non vado.>>

Lo dissi indicando il posto vuoto, dove prima c'era Heejun, la quale era uscita da poco sbattendo la porta, ora io non sono Mister persona dell'anno, ma se una mia ipotetica figlia fosse uscita di casa in quello stato mi sarei un attimino preoccupato.

Lei rimase impietrita, non rispose subito, tanto che pensai che forse non l'avrebbe fatto più.

<< Non sono problemi tuoi di quello che faccio con mia figlia, la conosco le passerà.>>

Alzai un sopracciglio.

<< Convinta tu.>>

Fu la mia unica risposta e mi diressi verso la porta, ma Roku mi fermò prima che potessi mettermi le scarpe.

<< Invece dove tu vada è un mio problema, quindi Riki sei pregato di informarmi dove tu abbia intenzione di andare e a che ora pensi di tornare.>>

Scoppiai a ridere, mi abbassai per indossare la scarpa sinistra e nel mentre pensai di nuovo alle sue parole, e la risata aumentò, era patetico e dico sul serio.

<< E' da quando ti interessa sapere dove io vado? Vuoi fare il genitore modello proprio in questo momento?>>

Presi il giubbotto e lo indossai, raccolsi il portafoglio, le chiavi della moto e mi diressi verso la porta.

<< Ti do un consiglio Roku: non cominciare ora e smettila di chiamarmi Riki, è un nome di merda.>>

Vidi quello che all'anagrafe era mio padre trasalire.

<< Ti chiami come mio padre, ho scelto io il tuo nome.>>

Inclinai leggermente la testa e lo guardai con il mio solito ghigno.

<< Appunto per questo mi fa schifo.>>

E mi chiusi la porta alle spalle.

Scesi nel garage, salii sulla moto e indossai il casco, sentii le fusa del motore e mi rilassai un pochino, parlare con mio padre mi metteva sempre di pessimo umore, era uno stronzo collaudato il quale mi teneva con se solo per fare un dispetto a mia madre, diedi gas e partii, il vento sferzava la visiera del casco, la velocità mi dava un senso di libertà, ecco perchè partecipavo alle corse clandestine, oltre ad avere un interesse in comune con i miei amici era anche per essere libero, solo in quei momenti mi sentivo realmente come se fossi il padrone di me stesso, poteva essere una sensazione data da un sovraccarico di adrenalina, ma a me piaceva pensare di più la prima ipotesi.

I Can't Stop|| NI-KIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora