FILOSOFIA DI VITA

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Nella vita sarà capitato a tutti di violare delle regole. Questo perché l'essere umano è talmente paradossale che ha costruito delle norme da seguire attraverso la sua immaginazione e il suo intelletto e, al tempo stesso, si è opposto alla sua stessa creazione. Un po' come l'esistenza di Dio: esisterebbe o meno a sé stante, ma il fatto stesso che egli sia comunicabile fra noi è perché l'uomo ha ideato la sua esistenza. L'uomo ha sempre cercato una spiegazione del mondo e lo ha fatto attraverso la figura della divinità: onnipotente, onnipresente e onnisciente. Al tempo stesso, l'essere umano ha anche affermato che non esiste ciò che non si può vedere, né sentire attraverso i cinque sensi. E dunque, si crede che l'unica cosa certa è ciò che è valido empiricamente, perché è l'uomo l'artefice del proprio destino e non un'essenza soprannaturale che decide le sorti dell'universo. Su molti aspetti, in realtà, gli uomini si sono sempre trovati a discutere su realtà contrapposte. Uno fra i tanti è sicuramente l'idea del bene e del male. Fin dall'antica Grecia la filosofia si è basata su cosa siano questi due valori. La loro definizione viene spesso considerata come un problema morale, come un oggetto di riflessione per molti intellettuali, ma anche come un punto di arrivo di un personale percorso di conoscenza. Quello che è sicuro è che tali idee sono relative in base alla società dove ci si trova e al tempo in cui si vive: quello che è bene per una società può essere male per un'altra. Ad esempio, nelle tribù di Sioux gli adulti insegnavano ai ragazzi di rubare con destrezza. Nei comandamenti ricevuti da Mosè, leggi bibliche, uccidere un uomo è universalmente considerata un'azione da condannare, tuttavia si ritiene accettabile uccidere per legittima difesa. Addirittura, uccidere un nemico in guerra è considerato un atto d'onore. Come pure, in alcune nazioni che ammettono la pena di morte, assassinare un criminale è un atto di giustizia. Ma che cos'è in realtà il bene? Per Platone l'uomo è buono se partecipa all'idea di bene, di cui bene supremo ha fondamento in Dio; per Aristotele il bene va inteso come fine ultimo cui deve tendere l'agire umano: la realizzazione di questo bene consiste nella vita compiuta di uomini liberi nella pòlis, ma anche nell'attuazione di una vita dedicata alla conoscenza, vissuta come stato di inalterabile felicità; per Kant il bene consiste nella volontà buona, tesa al rispetto della legge morale, cioè consiste in un modo d'azione a favore del rispetto di quel particolare dovere che ogni uomo sente nella propria coscienza. Dunque, esso si può tradurre come una giusta condotta.
Questi due principi che governano l'agire umano, bene e male, sono in perenne lotta fra di loro e corrispondono alle pulsioni originarie teorizzate da Freud:  Eros e Thanatos, amore e odio, vita e morte. Nel pensiero psicoanalitico, il male origina dalle pulsioni alla distruttività e dalla lotta tra istinto di vita (Eros) e istinto di morte (Thanatos), tra odio, invidia e amore. Queste pulsioni possono poi accompagnarsi a forme di piacere e sadismo, una sorta di droga. Uno degli scrittori che hanno maggiormente capito la tragicità dell'esistenza e la drammaticità del fenomeno del male e del dolore descritto in tutte le sue  forme è stato Dostoevskij. Nelle sue opere, egli "scava" nel mistero insondabile dell'animo umano, mostrando una umanità degradata, sintomo del malessere di un  mondo sul limite del proprio abisso e continuamente oppresso dalla presenza del male. Ad oggi vi è la cosiddetta normalizzazione del male: è stata Hannah Arendt, attraverso i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale, a identificarla nella sua opera "La Banalità del Male". Ha cercato di capire la natura e le cause del male che si è manifestato nei regimi totalitari del XX secolo, come il nazismo e lo stalinismo, e nei loro responsabili, come Adolf Eichmann, il funzionario nazista che organizzò la deportazione degli ebrei nei campi di sterminio. Per lei, il male non è una forza metafisica o una sostanza, ma un fenomeno storico e sociale, che nasce dalla perdita della capacità di pensare e di giudicare. Non è il risultato di una volontà malvagia o di una passione criminale, ma dell'indifferenza e dell'obbedienza alle regole e alle ideologie imposte dal sistema. Atti malvagi possono essere compiuti da persone comuni che non mettono in discussione l'autorità o le convenzioni sociali. Il termine "banalità" significa che le persone possono fare cose orribili non perché sono di natura cattiva, ma perché non pensano abbastanza a ciò che stanno facendo, inconsapevolmente rinunciando alla propria libertà e soggiacendo passivamente alla pressione sociale. Questo fa scomparire la loro coscienza individuale e persino le persone istruite, che dovrebbero essere capaci di pensare autonomamente, cedono all'autorità. Hannah ci invita a interrogarci e a riflettere: il pensiero è l'antidoto. Il pensiero è l'attività che ci rende capaci di riconoscere la dignità e la diversità di ogni essere umano, mentre la paura e l'apatia possono condurre le persone a ignorare o accettare passivamente comportamenti immorali. L'oppressione è stata descritta anche da Primo Levi con il sistema dei campi di concentramento: questo non è stato progettato solo per uccidere, ma anche per umiliare, deumanizzare e distruggere lo spirito umano.

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