Che cos'è la fobia? È una paura marcata e irrazionale nei confronti di un oggetto specifico. Può essere un elemento, un animale, una situazione, un luogo ecc. Nei casi più gravi questa limita l'autonomia del soggetto stesso. Avere una fobia significa avere una percezione distorta del pericolo e provoca reazioni fisiche e psicologiche di varia entità. Il soggetto fobico tenta di evitare le situazioni o gli oggetti che innescano paura, oppure le sopporta con profondo malessere, che a volte sfocia in un attacco di panico. Il modo più efficace per superarla è esporsi gradualmente a ciò che si teme in modo sicuro e controllato.
È nota, ad esempio la fobia delle fave di Pitagora. Il filosofo crotonese era un convinto vegetariano, ma vietava l'uso delle fave. Porfirio racconta che prescriveva di "astenersi dalla fave non meno che da carne umana", mentre nei detti simbolici affermava "astieniti dalle fave". Sul tabù di Pitagora si sono avanzate varie spiegazioni. Le fave erano piante demoniache, antenate degli uomini, cibo dei morti, intorpidivano il corpo, provocavano il favismo, erano indigeste e via dicendo. Il tabù è ambiguo, spesso il suo senso non risiede in ciò che racconta, ma in qualcosa che non racconta. Rende manifesti certi meccanismi fondamentali della mente umana, ma non per questo li significa. Il suo compito non è quello di chiarire, ma deformare, ingannare e infittire le oscurità intorno a sé. Non è quello di persuadere ma di affascinare, non di spiegare ma di fondare, non di porre domande ma dare risposte. Baudrillard scrive che ogni interpretazione è qualcosa che si oppone alla seduzione e ogni discorso interpretativo è il meno seducente che ci sia. Ogni interpretazione impoverisce e soffoca il tabù, poiché esso ha una tale ricchezza di significati che non possono essere rivelati dalla logica di un ragionamento.
Ai suoi discepoli Pitagora diceva che bisognava onorare gli dei prima dei daimon, i daimon prima degli eroi, gli eroi prima dei genitori, i genitori prima dei parenti. In questa scala c'erano poi delle cose pure e impure, buone e non buone, belle e brutte. Il filosofo sosteneva che la fava era demoniaca e la malva santissima. La divisione tra le cose permesse e proibite non aveva un significato legato alle loro proprietà intrinseche ma al fatto che si dovevano introdurre delle distinzioni per dare un ordine. Secondo Aristotele, il dualismo fondamentale per i pitagorici rifletteva l'opposizione tra bene e male. Le regole pitagoriche, dunque, tendevano all'armonia e all'equilibrio, a tradurre il caos in cosmo e cioè in un sistema razionalmente ordinato e armonico. I divieti erano senza contenuto e senza significato: la proibizione serviva solo a costruire un sistema logico che strutturasse il mondo. I tabù facevano parte di una struttura mentale che contrapponeva sacro e profano, puro e impuro, lecito e illecito per porli in relazione.

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APPESI AL FILO DELLA FOLLIA
Non-FictionIl libro racconta la storia di una psicologa, di cui si disconosce il nome, che aiutando i vari pazienti, anch'essi saranno ignoti, analizzerà i vari casi clinici approfondendo la loro patologia in maniera dettagliata. La parte "scientifica" dei var...