ASPD

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È una giornata come tante ed io devo sbrigarmi per andare a lavoro. Come ogni volta che mi addormento tardi la sera, rischio di aprire lo studio un'ora dopo e mi ritrovo tutti i pazienti che aspettano davanti al portone con aria seccata. Così, mi alzo scattante dal letto, spengo la sveglia e vado dritta in doccia. Indosso un completo lilla di giacca e pantaloni di Dolce e Gabbana con una camicia di seta bianca sotto, dal marchio irriconoscibile perché consumata da anni, e corro verso la mia amata Audi TT . Guido giusto il tempo indispensabile per ascoltare una canzone dei Pink Floyd ed ecco che compare la prima lamentela...

"E anche oggi tornerò domani mattina", sono le parole di uno dei tanti.

"No, aspetta sono qui. Adesso vi ascolto tutti, datemi il tempo di aprire le finestre dello studio e sono da voi"

Dopo aver terminato le prime sedute, spunta un ragazzo che non avevo mai visto prima. Si presenta come colui che non ha nome, il senza identità.

Di solito, questi tipi di persone sono quelle più pericolose, perché assumono atteggiamenti che non sono loro: è come se avessero una doppia personalità e la seconda identità fosse dissociata dalla prima.
Nella dissociazione una parte della persona possiede l'esperienza, mentre un'altra non la possiede. Le persone che soffrono di disturbi dissociativi non si sentono integrate nella società, o per meglio dire, nel mondo. I loro ricordi, i pensieri e le emozioni, si presentano come frammentati: questo perché non sperimentano un unico senso di sé stessi, ma vivono appartenenti come ad una doppia persona. In psicoterapia, questo disturbo è affermato nella prospettiva psicotraumatologica con il concetto di trauma. L'individuo traumatizzato non è semplicemente affetto da una crisi post-traumatica (PTSD), ma appunto dalla dissociazione.
Come avevano espresso Freud e Janet alla fine dell'800, l'identificazione della dissociazione è alla base della patologia isterica di origine traumatica.
Per comprendere la dissociazione è utile prima capire il suo opposto, cioè l’integrazione. Ognuno di noi è nato con una naturale tendenza ad integrare le esperienze personali in una storia di vita coerente e unitaria, con un senso stabile di “chi è”. La nostra capacità di integrazione ci aiuta a distinguere il passato dal presente e a mantenere il senso di essere nel presente anche quando ricordiamo il passato o pensiamo al futuro. Ognuno di noi sviluppa modi tipici e relativamente stabili di pensare, sentire e agire e ci riferiamo a questo nel suo insieme con il termine “personalità”. E manteniamo la percezione di chi siamo anche cambiando in modo fluido pensieri, emozioni e scelte di azioni.
Nel paziente è come se non ci fossero abbastanza collegamenti o connessioni mentali tra un senso di sé e l’altro.
Tipicamente esistono due tipi di parti: una parte ha la funzione di gestire la vita quotidiana e per far questo è focalizzata sull’evitamento dei ricordi traumatici; altre parti (una o più di una) sono invece bloccate nelle esperienze traumatiche e continuano a vivere nel tempo passato come se fosse il presente e pensano, agiscono e percepiscono come se il trauma fosse ancora in corso o stesse per accadere nuovamente. Si tratta quindi di parti prevalentemente emotive, con capacità limitate di pensare, che si sentono sopraffatte e rimangono spesso bloccate in comportamenti ripetitivi volti a proteggersi dal trauma, ma non adattivi rispetto al reale momento presente.

"Buongiorno caro, immagino che questa sia la sua prima seduta. Si metta comodo in quel lettino che trova dietro le sue spalle e cominci pure a parlare, la ascolto", dico curiosa a quel misterioso ragazzo

"Salve dottoressa, non sono venuto qui per essere psicoanalizzato da lei. Voglio solo che lei mi diagnostichi una malattia legata all'insonnia e poi me ne posso andare", risponde lui nervosamente

"Come mai non riesce a dormire?"

"Le ripeto che non sono affari suoi"

"È legato a qualche pensiero ricorrente o lavora fino a tarda notte?"

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