Capitolo 5 (parte tre)

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Leanna

Una volta arrivati a casa, feci una doccia e mi misi sul divano a ripensare a tutto ciò che era successo e a tutte le parole di Ares. Ogni giorno lottavo contro qualcosa di nuovo. Mi sembrava di peggiorare sempre di più e forse mi sbagliavo, ma mi stavo facendo schiacciare da quelle responsabilità troppo grandi per me.

«Leanna!»

Sentii Moon chiamarmi dalla cucina, così mi alzai e andai da lei. Appena varcai la porta notai la tavola apparecchiata e la cena pronta: pasta al pomodoro. Il tipico piatto italiano che mi aveva fatto provare per la prima volta mio nonno, e che da subito avevo adorato profondamente. Guardando quel piatto ricordai proprio il mio passato, i miei genitori, Abby e tutti i miei amici. Chissà come stavano.

Sicuramente avevano il cuore frantumato in mille pezzi e quel pensiero mi fece stare male. Cercai di non pensarci e di godermi la cena in compagnia di quella che ora era diventata la mia famiglia. Una famiglia normale che si guarda negli occhi come se si conoscessero da una vita intera, e che ridono di ogni battuta squallida facendoti sentire a casa, nel posto giusto.

La cena passò tranquillamente ed era stata deliziosa, aiutai Moon a sistemare la cucina e poi andai fuori nel bosco. Mi misi a sedere sull'erba fresca guardando il cielo, ritornando con la mente proprio dove vivevano i miei ricordi più tristi. Vidi il volto di tutte le persone che più avevo amato, e sentii rimbombarmi nella testa le risate e le parole di Abby: la mia migliore amica.

Ricordai quel pomeriggio felice al centro commerciale passato nella più semplice tranquillità con Spike. Alle ramanzine di mezz'ora di mia madre, che il giorno dopo era come se non ci fossero neanche state. Al modo silenzioso che aveva mio padre di amarmi. Al profumo di casa mia, quell'odore forte e caldo da farmi sentire protetta e amata. Non riuscivo a immaginare ciò che provavano, al dolore incolmabile che avevo lasciato in ognuno di loro, ma sapevo che anche se la mancanza di tutte quelle abitudini e di tutti loro era insopportabile, dovevo dimenticarli per non esserne distrutta completamente.

Così mi alzai e andai in camera, cercando di cancellare quei pensieri struggenti. Mi buttai sul letto a pancia in giù e chiusi gli occhi scacciando tutti i ricordi, ma la nostalgia si fece più forte, così tanto da guardare il cellulare spento sulla scrivania. Non lo avevo più toccato da quando ero arrivata in Texas. Lo avevo abbandonato senza mai usarlo per paura che qualcuno potesse rintracciarmi, e anche per non dover vedere ciò che c'era all'interno: foto, messaggi e chiamate.

Però quella sera ne avevo bisogno.

Almeno per l'ultima volta dovevo dire addio definitivamente alla mia vita precedente. Presi il telefono portandolo sul letto, mi sdraiai e lo accesi. Avevo il timore di quello che avrei letto e iniziai a mordermi le unghie aspettando con ansia.

Appena si accese iniziò con insistenza nel suonare per le tante notifiche, e notai che la maggior parte erano messaggi dei Social di WhatsApp e Facebook: non li aprii e cancellai direttamente le applicazioni. Andai sulla casella dei messaggi normali e l'aprii vedendone una quantità sorprendente, tutti di Abby, Spike e dei miei genitori. Mi si spezzò il cuore. Guardai l'ultimo messaggio e vidi che era stato mandato tre ore prima, ed era di Abby. Cliccai sopra e lessi ciò che c'era scritto.

"Lea, dove sei? Sono passate ormai troppe settimane senza tue notizie, e la speranza di rivederti sta svanendo sempre di più. Non voglio rassegnarmi, non posso farlo! Sto male... sto davvero male. Mi manchi, mi manchi da morire! Ho bisogno di te! Dimmi dove sei? Ti prego."

Sentii scorrere sul mio viso le lacrime e ingoiai ripetutamente, cercando di mandare giù quel dolore micidiale.

Come potevo leggere quelle parole e non fare niente? Come potevo abbandonarla così?

Andai avanti a leggere il messaggio seguente, mandato otto ore prima, e quando vidi che era sempre di Abby, non seppi se aprirlo o no. Sospirai, chiusi gli occhi e, pensando di essere masochista, decisi di leggerlo.

"Sono appena finite le prime due ore di chimica, puoi intuire come sono già esausta e stufa di essere rinchiusa in questa prigione! Sai, oggi ho guardato per tutto il tempo il tuo banco e ti ho immaginata seduta ad ascoltare la lezione come facevi sempre. Sorridevo, ricordando tutte le volte che ti prendevo in giro: la solita secchiona! Beh, credo di essere diventata pazza. Quindi ho proprio bisogno che tu torni, devi tornare e aiutarmi a ritrovare la mia sanità mentale. Torna, ok?".

Sorrisi per la sua ironia e piansi a dirotto con singhiozzi irrefrenabili. Non riuscivo più a sopportare tutto quello, ogni singola parola mi stava uccidendo. In quel momento avrei aperto le ali e sarei volata da lei, l'avrei abbracciata forte dicendole che ero viva e che non l'avrei abbandonata mai più, ma non potevo farlo né ora né mai.

Abby aveva paura di me, e il ricordo dei suoi occhi terrorizzati nell'istante in cui presi per il collo Faith, era ancora molto nitido nella mia mente. In passato ero stata la sua migliore amica, ma non avrei più potuto esserlo, e dovevo lasciarla andare, e insieme a lei anche il ricordo dei momenti passati e di quel legame che tanto ci univa. Eravamo divise da un destino estremamente differente, e non potevo più tornare indietro.

Passai oltre i suoi messaggi e andai più giù in cerca di altro dolore da dover affrontare. Vidi messaggi dei miei genitori, e non ebbi assolutamente il coraggio di aprirli, così li sorpassai. Scorrevo tra gli innumerevoli SMS e mentre lo facevo pensavo a quanto ero egoista: come potevo minimamente pensare di provare un immenso dolore quando non era niente, paragonato alla sofferenza agonizzante di quelle persone che non sapevano dove fossi finita. E più scorrevo, più mi sentivo una persona orrenda. A un certo punto notai un messaggio da un numero sconosciuto, mi bloccai aprendolo e spalancai gli occhi.

"Ciao Lea, non dovrei scriverti, anche perché Gabriel me lo ha impedito assolutamente, siccome ha paura che potrebbero trovarti in qualche modo. Ho provato a non farlo, ma alla fine non ce l'ho fatta e sicuramente un messaggio non ci metterà nei guai, anche perché so che sicuramente avrai il telefono spento, ma se mai dovessi accenderlo vorrei solo dirti di resistere e di essere coraggiosa. Gabriel sta bene, ovviamente gli manchi, ma è molto forte, quindi stai tranquilla, e fidati di lui! Andrà tutto bene! Ci manchi. Ci vediamo molto presto, spero. Taira".

Rimasi paralizzata davanti a quel messaggio.

Guardai la data e vidi che mi era stato mandato pochi giorni prima. Quel messaggio era importante e in qualche modo riusciva a darmi la forza di resistere. Lo lessi in continuazione, così da scolpire ogni parola dentro la mia testa e tirarle fuori ogni qualvolta pensavo di non farcela. Sapere che Gabriel stava bene mi sollevava, ma allo stesso tempo il solo pensiero di non essere al suo fianco a stringerlo e aiutarlo mi annientava. Come aveva scritto Taira, dovevo essere coraggiosa e stringere i denti che le cose sarebbero andate bene e presto sarei tornata da tutti loro.

Non ebbi più il fegato di guardare altri messaggi, soprattutto quelli dei miei genitori, così spensi il telefono e cercai di svuotare la mente rimuovendo la forte sofferenza che sentivo dentro il petto. Rimasi sdraiata a pancia in su a guardare il soffitto e pensai di dover chiudere una volta per tutte con il mio passato.

Per i miei genitori e per i miei amici ero sparita, e sicuramente con il tempo mi avrebbero data per morta. Era orrendo doverglielo far credere, ma era la scelta migliore per tutti quanti. Non ero più la ragazza che loro amavano e conoscevano, e non ero neanche più un'umana, ero morta esattamente nella notte della mia trasformazione.

Leanna Ellis, non esisteva più.

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*nota autrice*
Ciao! Spero vi sia piaciuto questo capitolo :)
Domani pubblicherò un nuovo capitolo!
Un abbraccio❤️‍🔥

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