Capitolo 4 (parte due)

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Leanna

Rimanemmo per altre ore alla cascata, a combattere e a provare in continuazione le mosse che mi aveva insegnato inizialmente. Dopo svariate cadute ero riuscita a tirare un calcio senza perdere l'equilibrio e ne ero decisamente soddisfatta. Riuscii a tirare pugni più forti, tanto da provocargli un dolore alle costole durante l'allenamento. Avevo immaginato di colpirlo sul costato, ma cercando di non fargli capire le mie intenzioni gli avevo guardato il braccio così da confonderlo, agendo di strategia. Una volta partita con il pugno, lui cercò di bloccare il colpo sul braccio e invece gli arrivò sulle costole, piegandolo dal dolore e facendolo tossire. Ci ero riuscita ed ero contenta, anche se dopo averlo visto soffrire mi sentii abbastanza in colpa.

«Stai diminuendo la forza. Resisti!» Ares bloccò la mia gamba in direzione del suo fianco spingendola via duramente.

«Ho esaurito le pile», abbassai la schiena e appoggiai le mani sulle ginocchia, cercando di recuperare fiato. Non ci eravamo ancora fermati ed era da quasi tutto il giorno che lottavamo, non avevo più le forze né fisiche né mentali. Ero stremata!

«Continua!» Ringhiò spingendomi con forza dalle spalle e facendomi cadere a terra.
«Ares!» Alzai le sopracciglia confusa e stupefatta, fissandolo sbigottita. Ma cosa gli prendeva?!
«Continua!» Urlò. Avanzò per tirarmi un calcio sul costato, e grazie ai miei riflessi, lo schivai rotolando di lato. Non capivo il suo cambio d'umore repentino e neanche il suo comportamento così violento, era come se neanche mi stesse ascoltando.

Corse verso di me per tirarmi un altro calcio, così feci una capriola all'indietro e mi rialzai. Cercai d'intuire le sue intenzioni. Vidi arrivare un pugno direzionato sul mio naso e così lo bloccai con il palmo della mano, ma scivolai con il piede perdendo l'equilibrio.

«Ares, mi vuoi ascoltare?! Fermati, basta!» Cercai di evitare i suoi colpi che non cessavano di arrivare. Lo guardai notando i suoi occhi diventare neri come l'oscurità, e quello non era decisamente un buon segno. La bestia era uscita ed era impazzita, assolutamente fuori controllo, e io ero stanca, con il corpo dolorante ricoperto di lividi e il sistema nervoso a mille. Mi evitò e continuò a colpirmi.

Aprì le ali e volò dietro la mia schiena, e per evitare il suo colpo mi lanciai di scatto a terra colpendo la spalla e sentendo un'atroce scossa. La strinsi forte e chiusi gli occhi cercando di sopportare le fitte, misi tutta la forza nell'altra mano e mi rialzai guardandolo intensamente. Dovevo trovare un modo per farlo tornare in sé: era totalmente dissennato.

«Sei così debole che mi viene la nausea! È veramente ripugnante sapere che uno schiavo come Gabriel, rischia la vita per te»
«Gabriel non è uno schiavo», ringhiai a denti stretti sentendo una rabbia incontrollabile salire su fino al cervello. Cosa al quanto preoccupante, perché non mi fece più ragionare con razionalità.
«Decisamente! Un essere così vile e patetico non può essere nient'altro che un angelo. Oh, ma tranquilla, vi compensate: un ibrido senza coraggio e un traditore senza cuore», sorrise in maniera perfida.

Non gli diedi il tempo di prendere fiato, che aprii le ali e volai da lui. Lo presi dal collo e lo portai contro l'albero, facendogli sbattere la schiena duramente contro il tronco. Strinsi più forte la presa sul suo collo e lo guardai intensamente negli occhi. Non poteva aver detto veramente quelle parole! Le ricordai ad una ad una, e con la furia che mi dominava, gli tirai un pugno ben piazzato sul naso rompendolo e facendogli uscire il sangue. Si svincolò dalla mia presa saltando in alto e prendendomi da dietro il collo, strinse e mi lanciò violentemente contro un grosso masso vicino alla cascata. Colpii il fianco e inarcai la schiena per il dolore. Sentii pervadere la colonna vertebrale da una forte scossa, e per qualche secondo vidi tutto nero; scossi la testa cercando di riprendermi.

Dentro l'infernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora