Leanna
«Leanna! Adesso basta!» Raphael entrò in camera come una furia spalancando e sbattendo la porta.
Sussultai dal letto spaventata e lo guardai: era infuriato. Non avevo fatto niente per far arrabbiare gli schiavi, quindi aspettai di capire quale fosse il problema.
«E' da tre settimane che non mangi! Tre settimane, capisci?!» Mi tirò via le coperte duramente e mi prese dal polso tirandomi su con forza e facendomi male.
«Raphael!» Cercai di togliere il braccio dalla sua presa, ma lui strinse più forte e mi spinse contro l'armadio.
«Vestiti!» Ordinò con voce tagliente fissandomi trucemente.Lo guardai stupefatta e pensai che quello schiavo avesse dei grandi e gravi problemi d'umore. Diedi completamente le spalle all'armadio e mi concentrai su di lui scrutandolo meglio. Indossava una maglietta nera aderente che faceva risaltare i muscoli definiti, un jeans strappato grigio scuro e delle Converse nere; al collo aveva una collana argento: un corvo con le ali aperte.
Tornai a osservare il suo volto e vidi il suo sguardo penetrante fisso su di me che mi destabilizzò, e deglutii come se mi sentissi preda dell'imbarazzo.
Era dannatamente affascinante e il suo odore arrivò come un lampo mandandomi in tilt. Ogni volta che i miei occhi si posavano su di lui, non riuscivo a controllarmi.
Mi mandava alla follia!
Era come avere sempre davanti la copia di Gabriel e più passava il tempo più diventava insopportabile. Perché tra tutti gli schiavi che vivevano in quel castello doveva essere proprio lui a occuparsi di me? Perché doveva essere la fotocopia di Gabriel? Era impossibile affrontare il presente con Raphael nei dintorni, era difficile doverlo guardare ogni notte e volerlo toccare e baciare solo perché immaginavo l'uomo che amavo. Tutto quello non mi aiutava, anzi mi mandava completamente fuori di senno.
«No, Raphael, non verrò da nessuna parte». Replicai dopo una svariata di minuti in silenzio. Sospirai e sperai che mi lasciasse da sola al più presto.
Mi fissò duramente e poi sorrise, un sorriso beffardo che mi mandò in confusione. «Assurdo...» continuò a sorridere e si tirò indietro i capelli voltandosi a guardare fuori dalla finestra.
Lo scrutai e non seppi cosa aspettarmi, visto che non avevo previsto una reazione così tranquilla.«Sai che c'è? Non mi interessa se vuoi o non vuoi, perché tu adesso muovi il culo, ti vesti ed esci da questa stanza di merda!» Mi guardò con uno sguardo gelido e tagliente.
Strinsi le mascelle e avanzai verso di lui arrivando a un passo dal suo petto, respirando in modo affannoso per colpa della collera che mi aveva riempita i polmoni.
Chi era lui per dirmi cosa dovevo fare?
«No», lo sfidai. Non avevo nessuna paura di lui e non abbassai lo sguardo neanche per un solo secondo e lo stesso fece lui. In quel momento stavamo combattendo e nessuno dei due voleva arrendersi. Il silenzio regnava dando spazio solo al nostro respiro irregolare e troppo caotico.
Di colpo mi spinse con brutalità contro l'armadio tenendomi forte dalle spalle, lo guardai e attesi di essere colpita, visto che loro sistemavano le cose sempre e solo con la violenza.
«Non riesco proprio a capire come ha fatto uno come Gabriel a innamorarsi di un essere così debole come te». Pronunciò quelle parole lentamente, quasi fossero al rallentatore, ma con così tanta cattiveria da farmi venire la pelle d'oca.
Mi fecero effetto, perché una parte dentro di me le riteneva veritiere e bastava guardarmi per capirlo: ero diventata così inutile da arrivare a un passo dall'arrendermi. Non gli feci vedere quanto mi aveva ferito, non lo meritava e non gli avrei dato quella soddisfazione.
«Invece io, non capisco come Gabriel possa vivere in questo mondo sapendo di avere lo stesso sangue di un miserabile e viscido verme come te», mi avvicinai alle sue labbra, così tanto che le sfiorai, «ha provato così tanto ribrezzo per te che se n'è andato. Ti ha abbandonato senza pensarci due volte». Pronunciai ogni parola crudelmente con voce tagliente. Gli sorrisi e rimasi a fissarlo negli occhi vedendoli diventare di un nero perfettamente oscuro.
Mi prese dal collo con forza e mi spinse contro l'armadio in maniera davvero aggressiva facendomi sbattere la testa violentemente, appoggiò duramente la bocca sulla mia guancia e mi tenne con cattiveria. Non parlò, ma rimase appiccicato alla mia faccia stringendo sempre di più la presa. Era come se volesse trasmettermi tutto il fuoco che avevo acceso nel suo corpo e tutto il dolore che lentamente lo stava lacerando.
Tossii sentendo il respiro affievolirsi, la vista annebbiarsi e la stanza girare vertiginosamente. Non voleva lasciarmi andare, non lo voleva fare e stringeva forte sempre con più rabbia e sentivo che a momenti sarei caduta in un sonno profondo, svenuta a terra. Gli presi la mano e cercai di toglierla dal mio collo, ma fu tutto inutile. Sussultai per il dolore e tossii nuovamente.
«Aaah!» Urlò pieno di collera come un leone in gabbia e con tale foga tirò un pugno all'armadio a pochissimi centimetri dalla mia faccia, che dallo spavento chiusi gli occhi. Strinse nuovamente il mio collo così forte da sentire le unghie entrarmi nella pelle riempiendomi di dolore, poi di colpo mi lasciò e caddi a terra. Tossii di continuo e mi massaggiai la pelle recuperando l'aria che avevo perso del tutto.
Alzai lo sguardo e lo fissai confusa notando i suoi occhi verdi intenso puntati su di me, con uno sguardo completamente impassibile e freddo. Sbirciai l'armadio e vidi un grande e profondo buco, spalancai gli occhi e cercai di non immaginare cosa sarebbe accaduto se a posto dell'armadio ci fosse stata la mia faccia. Ma rimasi anche confusa dal suo atteggiamento, Raphael mi odiava e si vedeva, ma non riusciva a farmi del male e non capivo perché.
Il suo comportamento mi destabilizzava.
Mi squadrò furioso ancora per qualche istante e poi si voltò andando verso la porta. Rimasi a guardarlo e una volta uscito, buttai fuori l'aria respirando a pieni polmoni, mi alzai e andai a sdraiarmi sul letto. La testa girava e non riuscivo a stare in piedi.
Da quando ero arrivata al castello non avevo fatto altro che far arrabbiare gli schiavi, ed essere presa dal collo e quello mi irritava veramente tanto. Sbuffai, non volevo neanche immaginare quello che mi sarebbe capitato nei giorni a venire, proprio perché non riuscivo a non ribellarmi a loro e questo non mi avrebbe dato per niente vita facile, anzi sarei riuscita a mettermi solo più nei guai.
In quei giorni ero sopraffatta dalla rabbia, dall'odio e dalla cattiveria, sentivo queste emozioni passare nel mio corpo in ogni secondo chiedendomi di uscire manifestandole. Come se qualcuno dentro di me stesse urlando e lottando per sbarazzarsi della mia parte più innocente e pacifica. Ero diventata completamente irrazionale e quelle sensazioni riuscivano a darmi conferma di quanto stessi diventando psicopatica.
Presi a pugni il cuscino svariate volte, sfogandomi e cercando di buttare fuori tutta la tensione e la frustrazione, mi sentivo affranta, senza più desideri e obiettivi. Volevo solo spegnere la testa e disattivare ogni pensiero, scappando da quella realtà che mi stava prosciugando. Pensai di colpo a mio padre Ares, a tutti i suoi insegnamenti, alle parole di conforto e raccomandazioni.
Sentii nella mia testa le sue parole: "voglio che tu metta a disposizione ogni singola parte del tuo corpo e della tua mente, pronta a qualsiasi cosa ti aspetta fuori, con coraggio e senza arrenderti mai. Neanche quando pensi che ormai sia finita, neanche quando ti trovi davanti al tuo nemico o al tuo ultimo respiro".
Quelle parole, proprio quelle, mi fecero così male ricordarle. Non le stavo mettendo in pratica, non stavo facendo assolutamente niente di quello che mi aveva raccomandato di fare, e anche se avessi voluto farlo non avrei avuto più le forze. L'unico pensiero a convincermi di lasciare andare le cose così com'erano, era Gabriel: lui era lontano da quel posto ed era ciò che più mi importava. Mi bastava saperlo salvo, il resto era come polvere soffiata via dal vento.
«Ti ho deluso», sussurrai guardando il soffitto, «mi dispiace, Ares». Sentii le lacrime rigare il mio viso e le asciugai immediatamente. Presi il cuscino e lo misi sulla faccia addormentandomi così da non sentire più quel peso di vergogna nel petto.
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*nota autrice*
Un altro capitolo tutto per voi! Spero vi sia piaciuto :)
Domani pubblicherò il prossimo capitolo!
Un abbraccio❤️🔥
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Dentro l'inferno
FantasyE SE IL MALE DOVESSE TRIONFARE? Leanna, si ritrova nuovamente in fuga e si avventura verso il suo destino incerto. Lungo il suo percorso, si troverà ad affrontare nuove verità, cambiamenti e scelte difficili che cambieranno ancora una volta il corso...