Capitolo 7 (parte due)

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Leanna

«Moon, posso chiederti una cosa?» Chiesi vedendo che si era calmata.
«Certo», sorrise attendendo con curiosità.
«Perché mi hai lasciato davanti alla loro porta? Perché proprio Marsha e Sherman?» Ero curiosa di sapere perché aveva scelto loro.
«Quando ti portai in grembo non sapevo a chi lasciarti, e così osservai per parecchio tempo ogni persona nei paraggi. Guardavo come si comportavano, con chi uscivano, che lavoro facevano e se economicamente stavano bene», si spostò andando a sedersi sulla sedia.
La copiai e mi misi davanti a lei davvero interessata dal suo racconto.
«Non riuscivo a trovare nessuno che era perfetto per te, e forse, come sosteneva sempre Ares, era perché non volevo veramente trovare qualcuno: ne ero gelosa. Per me anche quelli che sarebbero potuti diventare dei genitori modello, avevano milioni di difetti che in realtà non possedevano», sorrise imbarazzata.

«Credo sia normale», la guardai dolcemente.

«Già... però un giorno Ares si arrabbiò tanto e mi mise alle strette obbligandomi a trovare qualcuno in grado di accudirti, e così feci. Girai per le strade della Louisiana in cerca delle persone giuste e a un tratto vidi Marsha. Era una donna bellissima, molto curata e con una vita appagante, ma nei suoi occhi riuscivo a leggere una tristezza inguaribile, così la seguii e iniziai a osservarla attentamente, e con lei anche suo marito. Con il tempo scoprii il motivo del loro dolore: non potevano avere figli. Lei piangeva ogni notte e guardandola capii che avevamo qualcosa in comune. Tutte e due portavamo dentro una tristezza che non sarebbe cessata di esistere e così scelsi lei, l'unica che avrebbe condiviso con me l'estremo amore che provavo per la mia bambina», le scese una lacrima che asciugò subito, «poi, una notte, dopo pochi mesi dalla tua nascita, ti misi dentro a una cesta in vimini colma di piume bianche e con una coperta morbida rosa, e ti portai davanti alla loro porta. Prima di suonare il campanello ti guardai intensamente, fotografando ogni parte del tuo viso, ti baciai la fronte e ti dissi di avere pazienza e di aspettare, perché sapevo che un giorno la vita ci avrebbe fatte rincontrare», mi guardò intensamente.

Aveva lo sguardo nel vuoto e sembrò rivivere nella sua mente tutta la scena di quel ricordo doloroso. Non sapevo quanto potesse essere atroce per una madre dover abbandonare la propria figlia, ma guardando il suo viso intuivo che era un'incessante agonia. Un pugnale nel petto che ogni giorno ti ricorda quella perdita, riaprendo la ferita senza farti guarire mai.

«Moon, grazie per avermelo raccontato», le presi la mano e l'accarezzai. Avevo bisogno di sapere quelle cose, volevo sapere la verità fino in fondo, anche se il pensiero dei miei genitori mi uccideva dentro. Non potevano avere figli e l'unica figlia che la vita gli aveva donato, non c'era più. Erano ritornati a essere soli e con un dolore più forte da sopportare. Sapere tutto ciò, sarebbe stata la mia punizione per la scelta che avevo preso: una cicatrice sul cuore che mi sarei portata in eterno.

Dopo quell'intensa conversazione con Moon, uscii nel bosco e vidi Ares seduto sul tronco esattamente come la prima volta. Sorrisi, ricordando quel giorno e mi avvicinai mettendomi a sedere accanto a lui.

«Tornerò... quando tutto sarà finito, tornerò da voi». Parlai dopo qualche minuto di silenzio e mi voltai a guardarlo. I suoi intensi occhi erano fissi dentro i miei.
«Lo so». Tolse subito lo sguardo e guardò davanti a sé respirando profondamente e annuendo con la testa.
Non potevo sapere cosa stesse pensando, ma potevo capire dai suoi atteggiamenti che si stava facendo forza, forse per l'ennesima volta stava cercando di aggrapparsi a quel coraggio che tanto lo rendeva speciale. Si alzò dirigendosi verso la porta di casa fermandosi a metà strada, e guardai perplessa la sua schiena.

«Ti aspetterò ogni giorno, Leanna», riprese a camminare e andò via.

Nel momento in cui pronunciò quelle parole il mio cuore perse il battito e un brivido pervase tutto il mio corpo. Quell'uomo era riuscito in poco tempo a entrarmi nelle ossa, diventando una parte così essenziale di me dà non poterne più fare a meno. Ed era assurdo, ma in soli pochi mesi era riuscito a conquistare completamente il mio cuore. Ares, era un puzzle fondamentale della mia vita e dentro le mie vene scorreva il suo sangue. Era mio padre, il mio vero padre, e ora che lo avevo trovato, non lo avrei perso per nessuna ragione al mondo.

Rimasi seduta per svariati minuti a contemplare ogni cosa, ed era giunto il momento di partire. Mi alzai e mi diressi verso il sentiero da cui ero arrivata mesi prima. Una volta arrivata vidi Moon e Ares attendermi. Mi fermai e li osservai: erano di spalle e guardavano su nel cielo tenendosi per mano. Sorrisi per quell'immagine e mi asciugai frettolosamente una lacrima che scese sul mio viso.

«Siate sinceri, non vedevate l'ora di liberarvi di me!» Attirai la loro attenzione e sorrisi maliziosamente.
«No», Moon sorrise timidamente non riuscendo a mentire neanche per scherzo.
«Assolutamente sì!» Ares ovviamente fece il contrario.
Sorrisi dolcemente a Moon e mi voltai verso Ares.
«Simpatico fino alla fine, eh?» Gli diedi una gomitata sul braccio e roteai gli occhi divertita da quel suo atteggiamento scontroso.
«Posso dire con sincerità che non mi mancheranno i tuoi colpi», si tenne il punto in cui lo avevo colpito e incrociò le braccia guardandomi con aria di sfida.
«Approfitta di questo periodo di vacanza perché quando tornerò ti darò del filo da torcere»
«Non vedo l'ora», sorrise provocandomi.

Scossi la testa e rimasi a fissarlo: mi sarebbe mancato dannatamente. Sospirai e cercai di non pensare a niente di negativo. Resta positiva Leanna!

«Ora devo proprio andare», mi sfregai le mani e respirai, buttando rumorosamente l'aria fuori.
«Ci vediamo presto, bimba mia», Moon mi abbracciò forte, così forte da sgretolarmi.
Ripensai al modo tenero con cui mi aveva chiamata e sorrisi, divertita da quel nomignolo infantile. Mi staccai da lei e la guardai intensamente negli occhi fotografando ogni centimetro del suo viso, esattamente come lei aveva fatto con me anni prima. Mi voltai nella direzione di Ares e lo fissai: con lui sarebbe stato più difficile. Feci un respiro a pieni polmoni e mi avvicinai.
«Non pensare minimamente a essere dolce», lo stuzzicai, riferendomi a qualche saluto affettuoso.
«Non ne avevo nessuna intenzione», replicò autoritario.
Scossi la testa e pensai a quanto fossimo uguali: due orgogliosi ai massimi dei livelli.

Rimanemmo per minuti a osservarci intensamente negli occhi senza che nessuno dei due profilasse parola, ed era proprio in quel modo che ci stavamo salutando: in silenzio.
«Sei pronta», Ares ruppe il silenzio e mi fece segno con la testa di andare. Annuii con la testa e continuai a fissarlo: ero agitata, non riuscivo a lasciarlo e lui sembrò capirlo. Chiuse gli occhi per qualche secondo e quando li riaprì mi guardò intensamente.

«Vai!» Mi ordinò.

Respirai pesantemente e chiusi gli occhi girandomi di scatto dandogli le spalle. Buttai fuori l'aria e riaprii gli occhi guardando la strada sterrata del bosco. Camminai lentamente e lasciai una parte di me alle spalle, una parte che presto sarei tornata a riprendere. Costi quel che costi, sarei tornata. Era arrivato il momento di salutare il Texas e tornare a casa. Aprii le ali e mi innalzai nel cielo.

Louisiana, sto arrivando.

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*nota autrice*
Domani pubblicherò un nuovo capitolo :)
Un abbraccio❤️‍🔥

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