Capitolo 5

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"Oltre le pagine del destino"

Finalmente, tutti erano riusciti ad uscire da quell'infernale taiga incolumi, ancora un attimo pensierosi su cosa li avesse attaccati, e soprattutto per quanto trovato là dentro. Quel pentacolo non sembrava esser stato inciso nel legno per puro caso, ma quasi più come una sorta di messaggio per ciò che si celava lì, intorno a loro. L'unico che poteva sapere meglio di chiunque altro la situazione, era proprio Mikhail.
Fenrir e Viktor confabulavano sul da farsi, soprattutto per comprendere come approcciare al ragazzo, col primo che comunque andava soltanto in base ai suoi ricordi dell'incubo, mentre il Dio del Tuono sulle sue visite realmente avvenute nella sua permanenza a Shirya. Erano quasi due immagini ben differenti l'un l'altra. «Per un momento, secondo me, dovremmo cercare di agire come insospettabili, proprio come hai fatto tu nell'incubo. Poi, non appena avremo modo di seguirlo per parlargli in separata sede, allora riveleremo le nostre intenzioni. Ovviamente, se servirà estrarre le armi, non esiteremo, intesi?» la proposta che la teatrale divinità fece, sicuramente non era quella che l'umano-lupo sperava di sentire. Non avrebbe mai voluto puntare le armi contro un ragazzo che, magari, neppure voleva fare del male. «Ma ne sei sicuro? Cioè, non credi anche tu che possa essere un tantino precipitoso?» domandò lui, cercando di dissuaderlo dal suo spirito combattivo. Ciò però, non sembrava neppure smuoverlo di un millimetro perché, stoico come poche volte da quando lo ebbe conosciuto, disse a sua volta:«Mi spiace di dover fare una cosa del genere... ma se servirà, non esiterò. Nel corso del tempo ho imparato a capire chi merita il perdono e chi no, e se davvero Mikhail possiede un qualcosa di così potente in corpo, tanto vale estrarlo a forza» di sottofondo vi stava Morten che se la ridacchiava mentre ascoltava la loro conversazione. Sembrava divertito da questa sua stoicità, e non ci pensava due volte a ribadirlo, dicendo quindi alle spalle dei due:«Vedo che qua, qualcuno ha appreso dal migliore, nevvero?» il suo collega sovrano di Aesir lo guardò di sbieco, accennando un sorrisetto di rimando.
Intanto, con Ragnar che si fece accanto al padre, cercò di dirgli all'orecchio, per evitare di farsi sentire dagli altri:«Magari se non te la senti, potresti cercare di capire di più su questa sua energia negativa, stuzzicando tale forza con la tua conoscenza. Dopotutto hai preso una marea di appunti, no?» Fenrir guardava il figlio con un sorriso, contento che anche il suo lupacchiotto volesse aiutarlo. Fece per mettere una mano nella giacca, apposta per prendere il grimorio ma, come se niente fosse, Ragnar lo teneva tra le mani, ridendo divertito:«Te ne stavi dimenticando prima di uscire. Quindi ho pensato di tenerlo per te» il re ymaregno lo guardò per un paio di secondi, pensando effettivamente a quanto potesse essere sbadato lui, e sveglio il figlio. Pertanto, prendendo il grimorio sottobraccio, passò l'altra mano tra i capelli del ragazzo, dicendo quindi:«A quanto pare hai trovato un padre decisamente poco attento, heh».
Finalmente quindi, poterono immettersi nella strada - innevata, ovviamente - la quale li avrebbe portati da Dimitri. Fortunatamente sembrava essere ancora pomeriggio inoltrato rispetto a quando partirono dall'hotel, avendo quindi modo di anticipare i tempi e magari dare un'occhiata direttamente, prima di procedere oltre. «Direi che sia il caso di controllare il circondario, prima di mandare voi altri indietro» indicò Viktor, fermandosi un attimo, sotto l'ombra degli alberi attorno a loro. Pur conoscendo abbastanza bene la zona, per i due che poi sarebbero dovuti andare a controllare Mikhail, gli altri sembravano comunque dello stesso parere della divinità. Convinti quindi, Fenrir e Viktor fecero in modo di sparpagliarsi, sempre dando un'occhiata anche verso l'abitazione, per evitare qualsivoglia tipo di problema o di farsi vedere dai Goezhna prima del tempo, anche perché non sapevano se davvero fossero in casa o meno.
Passò qualche minuto, con il gruppo che non sembrava effettivamente aver trovato nulla di strano, lì attorno. Fenrir aveva pure notato che le tapparelle in casa dei Goezhna erano abbassate, ad indicare che nessuno fosse dentro. «E se provassimo a dare un'occhiata dentro? Lo so, non dovremmo farlo per via del fatto che si tratta di violazione di proprietà privata, però bisogna venir a capo anche di quello che ho visto nel mio incubo» propose quindi l'umano-lupo, adocchiato quasi come fosse un criminale dagli altri. Di certo non era proprio quello che speravano di sentire da Fenrir, però, anche confrontandosi tra di loro, sembrava essere apparentemente l'unica soluzione plausibile. «Nel caso faremo noi da palo, nel caso dovessero tornare. Tu fai in fretta, comunque» acconsentì quindi Morten, controllando proprio la strada principale, ossia il collegamento che portava da lì a Podenzhny, ed oltre. Annuendo, quindi, il re ymaregno si dissolse, apparendo direttamente in casa loro. Aveva un sentore di star facendo qualcosa di sbagliato più che legittimo, soprattutto perché si trattava della prima volta in cui egli si trovava quasi costretto ad intrufolarsi in abitazioni altrui. Ma comunque, senza perdere tempo, pensò bene di controllare dentro, anche per verificare che, magari, non vi fosse altro materiale sospetto, prima di entrare nella stanza di Mikhail. Teneva sempre un orecchio teso verso il fuori, pronto ad uscire tempestivamente nel caso sentisse qualcheduno di loro chiamarlo. Fenrir sembrava ormai aver riconosciuto a memoria tutta l'abitazione, pur ricordando solo un pezzo dell'incubo. Si muoveva come se fosse sua o, comunque, come se vi fosse entrato molteplici volte. Controllava ogni stanza, praticamente: in cucina, in salotto, persino nel ripostiglio, ma niente, fortunatamente. Tutto questo, fino a quando non andò pure a controllare pure in bagno, che trovò un qualcosa di semplicemente raccapricciante: proprio dove, nell'incubo, Fenrir si stava specchiando, vi era una chiazza grande bene o male quanto la testa di qualcuno, di sangue ancora stranamente fresco, e soprattutto... col cadavere di Olga, mutilato di violenza al volto, essendo che letteralmente mancavano pure pezzi di carne sulle guance. Fenrir era attento più che altro a non cacciare un urlo, reprimendolo dalla gola prima di causare un vero parapiglia con gli altri. «Ma che diavolo è successo qua dentro?!» esclamò quindi lui, inginocchiandosi davanti al corpo esanime della donna, appunto per esaminarne le ferite che, per ciò, risultarono come letali. Non sembravano ferite da taglio o da colluttazione fisica, e neppure per cause dovute magari ad armi da fuoco, bensì, sembravano quasi come se questi fossero dei morsi di una violenza inaudita, a tal punto da strappare via la carne della madre di Mikhail. Aveva già una parvenza di un'idea, Fenrir. Ricordò che, quando Dimitri portò tutti quanti al Gorna Lazhij, egli gli diede anche un suo biglietto da visita, nel caso sarebbe stato necessario. Controllò nella tasca della giacca, appunto, nella speranza di trovare quello che cercava, fino a che le dita non afferrarono quel cartoncino plastificato quale era il biglietto ad egli dato. Non ci pensò due volte, quindi, a chiamare in fretta e furia Dimitri, pregando chissà che divinità affinché rispondesse il prima possibile. Uno squillo... due squilli... tre squilli... ma proprio quando pensava che fosse lì lì per arrivare alla segreteria telefonica, poté finalmente prendere un sospiro di sollievo, giacché la risposta l'aveva ricevuta, da un Dimitri abbastanza preoccupato, per via della chiamata improvvisa. «Oh, Fenrir, carissimo, che è successo? Come mai mi hai chiamato all'ora di pranzo?» effettivamente egli guardava l'orologio da muro che aveva davanti agli occhi, proprio in direzione della camera di Mikhail, mentre rispose, purtroppo senza nascondere alcun dettaglio:«Perdonami se ti disturbo a quest'ora, Dimitri. È successo un casino in casa tua... o meglio, a tua moglie» poté sentire un versetto di pura preoccupazione dall'altro capo del telefono, con Dimitri che quindi domandò, cercando di non far trasalire quello che stava sicuramente pensando:«Poi mi dovrai anche spiegare come hai fatto a raggiungere casa nostra a piedi, senza aver alcun tipo di indirizzo. Ma comunque, dimmi, anche se già ho una vaga parvenza di qualcosa di orribile» Fenrir sospirò, cercando in tutti i modi di trovare modi alternativi per evitare di usare il metodo più cruento per spiegare la situazione:«Qualcuno, o qualcosa, ha ucciso Olga in bagno. Sembrano morsi quelli che ha al volto» non sentì nessuna risposta per svariati secondi, prima di sentire un tonfo sordo del telefono, e la comunicazione che si era interrotta improvvisamente: sicuramente quello era il segno che il Goezhna aveva recepito il messaggio anche fin troppo bene. Scosse il capo, sconsolato nell'aver dovuto riferire il tutto in quel modo, ma non sembrava esser in grado di poter fare altrimenti. Guardò quel cadavere con tutta la tristezza del mondo, prima di prendersi un profondo respiro, salendo di sopra per raggiungere finalmente la stanza del vero indiziato speciale.
Per tutto il tempo non sembrava aver sentito niente o nessuno dentro casa, a conferma che neppure Mikhail era lì, ricordando che egli probabilmente era a scuola, in quel momento. Per verificare che fosse così, inoltre, Fenrir pensò di dare un'occhiata attraverso la serratura della porta, giacché non vi era la chiave a coprire niente lì. Tutto libero, sembrava.
A quel punto, egli pensò bene di aprire la porta con la dovuta lentezza, osservando per bene dentro, prima di entrare in stanza. Ricordava quasi ogni singolo dettaglio di essa, soprattutto per quanto riguardava l'acchiappasogni che si trovava appeso al muro sopra la scrivania dove Mikhail lavorava, e quello stesso letto con le stesse coperte dove Fenrir si era ritrovato nell'incubo: sembrava star vivendo un deja-vu, anche se differenziato dagli eventi. Controllava anche la libreria che aveva alla sua sinistra, cercando di capire se vi fosse pure quello strano grimorio che il figlio dei Goezhna teneva così gelosamente, e lo stesso col quale aveva probabilmente evocato un demone, o chissà che cosa potesse esser stato. Aveva già pronto anche il proprio di grimorio, giusto per verificare se le sue teorie fossero convincenti e da confermare sul da farsi. Quello che cercava, stranamente, sembrava esserci anche a portata di mano, essendo in mezzo alla quantità senza senso di grimori che Mikhail aveva con sé, e quindi, Fenrir decise di alzarsi sulle punte per prenderlo, essendo sul ripiano più in alto della libreria.
Riconosceva bene tutti i dettagli di esso: da quel pentacolo in puro oro sulla copertina, od anche il materiale usato per essa stessa, essendo tipo una particolare pelle blu, leggermente spaccata dal tempo. Si poggiò quindi alla scrivania, col proprio grimorio aperto già alle pagine dove aveva preso gli appunti la notte prima, mentre l'altro lo teneva ancora chiuso, forse per timore di qualcosa che potesse considerarsi come superiore anche a sé stesso. Aveva sicuramente bisogno di un'iniezione di fiducia per fare un passo di quel tipo, non sapendo pienamente come poter approcciare ad un qualcosa di questo tipo. Guardò verso il letto per un istante, quasi come se vedesse sé stesso lì: quasi come se l'incubo lo stesse vivendo da un'altra inquadratura, mentre lui faceva il Mikhail della situazione. Chinando il capo, e ripensando anche a quello che vide nel bagno, al piano di sotto, aveva tutti i presupposti per fare qualcosa, soprattutto per aiutare Dimitri perché, ormai, aveva capito che qui, qualcosa di grosso, stava prendendo forma sempre più insistentemente.
Alla fine, mettendo le mani sul grimorio, lo aprì con la dovuta cura, osservando nuovamente quelle pagine fintamente bianche sui bordi, in quanto il resto di esse erano nere, mentre il contenuto era scritto con una qualche penna bianca, salvo qualche ritoccata con un gesso bianco... un gesso. Fenrir aveva in mente quella parte specifica dell'incubo, dove Mikhail aveva effettivamente tracciato qualcosa con un gesso tra le pagine, prima di pronunciare delle parole che ancora a lui sovvenivano nella mente, come prepotenti. Girava di pagina in pagina, verificando con la dovuta minuzia tutto quanto, anche sperando che nessuno tra il suo gruppo, Dimitri o Mikhail stesso, venisse a chiamarlo o direttamente entrando in casa. Ecco, quello era il problema al quale Fenrir teneva più conto: il tempo a sua disposizione, il quale era l'incognita più grande. Senza starci a pensare più di tanto, però, proseguiva con la sua ricerca, ogni tanto dovendo per forza di cose prendersi più tempo del dovuto, a causa di alcune parti scritte in una lingua riconducibile all'aramaico antico, in quanto era praticamente illeggibile. Sicuramente Mikhail era un demonologo esperto, senza alcun dubbio. «Qui c'è da controllare anche questo» pensò quindi l'umano-lupo, notando una pagina totalmente vuota, con solo un segno in penna bianca sull'angolo in alto a sinistra di essa. Forse quella era la pagina dove il ragazzo aveva inserito probabilmente un sigillo o cose del genere. A quel punto, anche un po' per il fatto che, forse, di tempo ne aveva poco, prese quello stesso gesso a forma di piuma che Mikhail usò proprio davanti a lui per invocare quell'essere, tracciando pienamente a memoria un sigillo in particolare, ossia anche l'unico che avrebbe permesso a Fenrir di capire meglio cos'era successo lì. Subito dopo, rivolgendosi poi verso l'acchiappasogni, enunciò a tono molto basso, le stesse parole usate dal ragazzo nel suo incubo, senza, stranamente, mai sbagliare alcuna pronuncia:«Перья совы окружают меня: несчастье жаждет меня. Возьми меня, Сова-Демон, и поделись со мной своей мудростью (Per'ja sovy okružajut menja: nesčast'e žaždet menja. Voz'mi menja, Sovademon, i podelis' so mnoj svoej mudrost'ju)». Solo da questo, quindi un suono molto gutturale poté penetrargli nelle orecchie, intanto che il tutto avveniva come secondo i piani, con un freddo glaciale dovuto ad un'inumana folata di vento che, stranamente, proveniva proprio da quel grimorio. Dovette poggiare esso sulla scrivania e tenersi un attimo indietro, portandosi un braccio attorno al naso e alla bocca per coprirsi essi, come se fossero i punti a lui più sensibili, osservando come, esattamente nel medesimo modo avvenuto nell'incubo, quell'acchiappasogni cadde dal muro, finendo esattamente sul sigillo disegnato sulla pagina, da Fenrir.
Una voce, quindi, gracchiò nella mente dell'umano-lupo, ma in questo caso, in modo più comprensibile, e colto:«A cosa sovviene la richiesta di ricevimento da parte di me medesimo, ragazzo?» che fosse molto educato non era ovviamente che formalità, con il re ymaregno che preferì approcciare cautamente, rispetto a quella figura che, dal grimorio, gli si palesò davanti. Era elegante e non poco, sembrando un principe di una qualche terra sconosciuta; era un uomo apparentemente nel fiore migliore dei suoi anni, con capelli blu notte, sovrastati da una corona dorata, adornata da piccole pietre del medesimo colore dei capelli, e che rimarcavano la cromatura degli occhi stessi. Per parlare dell'abito, sarebbe servito probabilmente un bel po' per scoprire ogni dettaglio, ma il tutto si poteva tradurre e riassumere in poco, ossia che ricordava molto un principe del cosmo, per via di quelle stelle dorate che servivano come aggancio al mantello, mentre l'abito aveva dei puntini bianchi, ricordanti tali corpi celesti, in un cielo stellato senza fine né imperfezioni.
Ci mise un attimo, Fenrir, a far uscire le sue parole dalla bocca, impressionato dalla presenza maestosa di questo:«Lo so, forse potrei suonare inadatto, oppure scortese nei vostri confronti, ma mi sono trovato qui dopo aver visto la madre di quello che, sicuramente riconoscerà, sarebbe Mikhail» un piccolo sorrisetto sfuggì dalle labbra dell'entità, osservando il disagio negli occhi di Fenrir, soltanto a parlare con tale essere. Stranamente, e contrariamente rispetto a quello che si potrebbe pensare, sembrava anche comportarsi in modo cordiale con l'umano-lupo, rispondendo quindi:«So bene di chi parli, umano. Mikhail è un tramite per me, oltre che un suo buon amico, o meglio... uno dei pochi nella sua misera esistenza» Fenrir quasi non riusciva a guardare negli occhi quell'entità che aveva davanti a sé, quasi per timore che potesse davvero avere un secondo fine con quella sua singolare "gentilezza" nelle parole. «Quindi... lei sa anche per quale motivo sua madre è stata uccisa, giusto?» egli annuì, sempre mantenendo il suo sguardo molto rilassato, tranquillo rispetto a quello intimorito dell'altro. Sembrava davvero in grado di inquietare chiunque al solo sguardo, pur se mostrandosi come gentile:«Il mio assistito si è trovato minacciato, ieri notte, da sua madre. Era stato scoperto a parlarmi, proprio qui dove siamo noi in questo momento. Voleva bruciare tutti i suoi sogni e le sue passioni, gettando i grimori nel camino e tutto ciò che aveva compiuto nelle scorse primavere. Mi ha supplicato di fare qualcosa, ed io ho agito» a quelle parole, sicuramente, Fenrir sentiva il suo cuore battere in modo incontrollato in petto, avendo capito che, quindi, quello che aveva davanti era anche lo stesso uccisore di Olga. Ma non finì così il discorso dell'essere, in quanto riprese, dicendo:«Sai... io ti vidi proprio ieri notte. Non ricordi?» alla fine, egli non poté far altro che deglutire rumorosamente, mostrando i segni del suo timore a tutto tondo. Quell'entità sapeva dell'incubo, per qualche assurda ragione non immaginante nella mente dell'umano-lupo. Fece un passo indietro, guardando esso come se fosse un mostro, mentre notava come, sempre questo, allungò una mano dietro di sé, afferrando il grimorio che Fenrir aveva trascritto quella stessa notte. Sembrava interessato, a giudicare dalle espressioni facciali che faceva, prima di domandargli:«Sembri aver bene a mente ciò che sono, non è così?» Fenrir quindi, poté solo rispondere, obbligato a farlo essendo che non sapeva come avrebbe potuto replicare egli:«Sì. Più che altro è dovuto al fatto che sono stato incaricato dal padre di Mikhail di dargli un'occhiata, sapendo ciò che stava passando. E dire che, quindi, la risposta ce l'ho eccome, proprio dinanzi a me» questo ridacchiò in modo abbastanza gracchiato, mentre chiuse il grimorio, e gentilmente volendolo porgere tra le mani del re, chinando il capo:«Non mi sembra che tu abbia fatto qualcosa di male, per il quale dovrei cercare di strapparti la faccia dal resto della testa. Sembri uno con la testa sulle spalle, che sa, bene o male, quello che sta facendo. Vedi... Fenrir: noi demoni non siamo solo puro male, a differenza di quello che si possa immaginare rispetto al folklore che quegli umani hanno costruito attorno a tutti noi. C'è chi possiede un metodo anti-violenza, se non proteggere i propri assistiti. Io, Stolas, sono uno di questi» da questo discorso, quindi, si poteva capire che egli era proprio uno molto più di buone parole, che preferiva agire solo per difesa, piuttosto che mostrarsi spietato rispetto a qualunque altro demone o creatura infernale che laggiù si sarebbe mostrato. «Quindi... non sta pensando di uccidermi, giusto?» domandò lui, per una conferma. Notandolo annuire, mentre Fenrir prese il grimorio tra le mani, poté comprendere che Stolas era lungi dall'essere un demone dall'animo crudele, ma molto più nobile e riflessivo, comprensivo. Non sembrava minimamente simile rispetto a quelli che aveva già conosciuto nella sua avventura ad Aesir, cinquecento anni prima: quelli erano demoni dalla potenza bruta niente male. «Assolutamente no. Non sarei me se decidessi di uccidere un umano così, per il gusto di farlo. Non sono come la maggior parte del Regno ove io faccio parte. E te ne prego, dammi del tu: preferisco una conversazione da pari a pari, piuttosto che da creatura sovrannaturale a creatura mortale» a quel punto, Fenrir capì che aveva a che fare, finalmente, con qualcuno col quale poteva parlare senza il timore di trovarsi poi con le mani al collo. Convintosi di quella conversazione con Stolas, Fenrir pensò un attimo ad una qualche domanda da porre al potente demone, salvo poi sentire la voce grave di Morten ronzargli nelle orecchie:«Fenrir, esci subito! Mikhail sta arrivando!» proprio in quel momento, egli ebbe come una fitta al petto nel sentire ciò, assalito dall'ansia quindi. Guardando il demone, disse:«Mi sa che devo andare, Stolas. È stato comunque un piacere per me parlare con te» mostrò un leggero sorriso, mantenendo la sua postura regale prima di dire, infine:«Se vorrai avere un altro colloquio con me, non esitare a cercarmi alla Biblioteca Esoterica di Sovalijeny, d'accordo? Lì dovresti anche trovare il proprietario nonché un mio caro amico proveniente dagli Inferi» allora, prima che potesse sentire la porta d'ingresso aprirsi, per via di un Mikhail che era giunto in casa in fretta e furia, Stolas scomparve e, con esso, anche Fenrir che, fortunatamente, era riuscito appena in tempo a rimettere tutto a posto, ed a prendere il proprio grimorio.
Giunto quindi dagli altri che, per evitare di farsi notare, si erano appostati nuovamente all'entrata per la taiga, Morten praticamente gli fu addosso in tempo zero, esclamando per quanto poteva a causa della sua voce grave:«Aspettavi un altro po' e ti faceva fuori quel pazzo scalmanato. Ma che cazzo stavi facendo là dentro, per un'ora?» l'umano-lupo lo guardò con la sua solita serietà, prima di far apparire con sé non solo il suo grimorio, ma anche quello di Mikhail, tra le mani:«Ho avuto una... piccola conversazione con un demone goetico, Morten. Mi ha anche dato un'ottima informazione per quanto riguarda le prossime mosse: ci vuole a Sovalijeny per un altro colloquio assieme, nella Biblioteca Esoterica» sospirando quindi, essendo che aveva pienamente compreso a quel punto, le ragioni dell'uomo, Morten stette in silenzio, mentre Viktor disse a Fenrir con il suo accenno d'orgoglio:«Beh, c'è da dire che ne valeva la pena, allora! Ottimo lavoro, Fen!» egli quindi annuì, contento di avere un po' di riconoscenza da parte del Dio del Tuono ed anche dal resto del gruppo. A quel punto, il re ymaregno guardò oltre, ad indicare quale sarebbe stata la strada. Avrebbero dovuto raggiungere Sovalijeny probabilmente entro il giorno successivo, per evitare di incappare in qualche problema attualmente da evitare. Ma sicuramente, Fenrir stava pure pensando alle grida di rabbia di Mikhail, per via del fatto che non aveva la possibilità di comunicare col suo demone protettore né di svolgere le sue attività da demonologo, a pieno regime...

Chronicles of a Sin: Divine BlizzardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora