Capitolo 18

297 3 2
                                    

"L'aurora degli Inferi"

Uscendo nuovamente da Varukinskij, con quella destinazione che, a primo impatto, sembrerebbe irraggiungibile in tempi ragionevoli, tutti quanti sembravano più che volenterosi di darsi una mossa e raggiungere l'estremo nord di Molniskij dove, in una speranza neanche così tanto ben accesa, avrebbero trovato la soluzione al patema che la Nazione del Fato starebbe passando.
Raggiungendo la navetta dove Dimitri li stava aspettando, Vasilissa disse al suo parente, direttamente:«Scusaci se ti stiamo facendo fare dei giri inutili, Dimitri. Noi stiamo andando verso Polyarn, dopo quello che è successo là dentro» l'uomo guardò lei come tutto il resto del gruppo, quasi cercando di capire se stessero scherzando o meno, replicando:«Ora, non so cosa vi passa per la testa... ma come posso riuscire a portarvi lassù in poco tempo?» in tal caso, Morten si fece avanti, replicando praticamente quanto blaterato in precedenza, nella dimora di Bael:«Basta teletrasportarci là e stiamo apposto, non ti preoccupare. Tu nel caso, puoi andare a dare un'occhiata a tuo figlio, che non sappiamo cosa potrebbe tramare in seguito, o meglio, chi per lui» Dimitri quindi, sospirando, memore di quel putiferio avvenuto a Lemegorov, con Mikhail come relativo responsabile dell'accaduto, rispose all'ex Sacerdote:«Okay, okay, vedrò di tenerlo a bada per quanto mi è possibile. Ma come posso esser certo che non voglia far fuori pure me, quel coso che ha in corpo?» ci pensarono tutti un attimo, provando a capire effettivamente come fare a evitare un altro omicidio in famiglia Goezhna. Furono quasi interminabili secondi, fino a quando Bael, dalla distanza, non disse loro:«Posso raggiungerti a Podenzhny, se vuoi. Ne ho parlato già con Vassago ed è d'accordo sul lasciarmi da te per un paio di giorni, Dimitri» voltandosi verso il capitano del complesso goetico, con anche Lucifugo che, logicamente, sembrava d'accordo su quanto detto dal suo sottoposto, Dimitri rispose al demone, con un che di rispettoso, forse anche per timore dovuto dalla forza sovrumana con la quale avrebbe avuto a che fare per tutta la sua permanenza, in casa propria:«Per me non ci sono problemi. L'unica cosa, non spaventi mio figlio nel caso dovesse accorgersi del suo essere demoniaco, se posso chiedere almeno questo» il demone semplicemente annuì, lasciando intendere che sarebbe, come sempre, stato di parola. A quel punto, salutandosi nel momento della loro partenza, tutto il gruppo lasciò che Bael salisse sulla navetta di Dimitri, coi due che furono già in carreggiata per tornare verso Podenzhny e, in quel momento, con Lucifugo che disse agli altri:«Bene, direi che possiamo andare» avvicinandosi a quello che, ora, era il suo compagno, Ragnar, aggiunse:«Avvicinatevi a me, che sarà un teletrasporto molto rapido» e così fecero, con tutti loro che si misero in cerchio attorno al potente principe, prima che questo, sbattendo le ali per una sola volta, fece scomparire sé stesso e gli altri, e nell'istante seguente, riapparendo con loro proprio a destinazione, alle porte della cittadina di Polyarn.
Era una città molto più piccola di tutte le altre viste a Molniskij fino a quel momento, ma con la peculiarità di essere totalmente sgombra dall'ombra che i monti avrebbero potuto far calare su essa. «E alla fine, siamo qui, letteralmente a pochi passi dal luogo principe del continente: il Nebaton dovrebbe, se si tratta del periodo adatto, essere aperto per stasera, quindi... direi che possiamo esplorare un po' in città, e poi vediamo quel che c'è da fare, che ne dite?» disse l'imperatrice agli altri non appena furono proprio nei pressi di Polyarn. Ella guardava in direzione del cielo, il quale non sembrava bianco, pronto ad una delle solite nevicate, ma molto più sereno, con quel sole che mai più si era visto dall'arrivo a Shirya: sembrava quasi un avvenimento epocale per i molniani. «Direi che sia un'ottima idea, sua altezza. Nel caso, potremmo anche provare a chiedere in giro se hanno subìto attacchi o meno» rispose la cacciatrice Leraikha, con la donna che semplicemente annuì, lasciandosi seguire dagli altri in quella piccola cittadina che era Polyarn.
Stranamente vi era silenzio per chi era di quelle parti, quasi come se fossero ammaliati dalla luce solare posarsi su di loro, come in un miracolo appena realizzatosi. Infatti, anche per capire meglio quali fossero le loro usanze, lì, Katrine si avvicinò a quella che si potrebbe letteralmente considerare come una collega dei ghiacci, domandando a Vasilissa:«Noto che vi è una concezione mistica del sole, nevvero?» questa ricambiò lo sguardo, ed annuendo, l'imperatrice spiegò la ragione del suo silenzio:«Assolutamente. Vedi, Katrine, noi non vediamo la luce del sole molto spesso, in quanto siamo quasi eternamente coperti da questo velo bianco, in cielo, sempre pronto a far nevicare. Quando si schiarisce, però, è come una sorta di evento unico. Per celebrarlo, noi rimaniamo in totale silenzio, ammirando e rispettando il dono che, anche se per poco, ci viene dato dal nostro amato Erdester, o chi per lui, ovviamente» l'altra sorrise a quella spiegazione, capendo pienamente il senso. Perciò, anche per condividere quella che era la tradizione, invece, ad Aesir, disse a sua volta:«Nella parte a sud est di Aesir, ad esempio, un po' ricorda Molniskij, essendo che, nella mia Nazione, nevica praticamente tutto l'anno. Certo, non avremo la stessa concezione della mancanza di sole come la vostra, però... diciamo che anche noi abbiamo il nostro rispetto verso ciò che vive lassù. Per non parlare del popolo thaulino, attualmente con Anton ed Ellen come sovrani: loro sì, hanno una cultura sull'essere atmosferico molto più sviluppata di noi ymaregni» Vasilissa sembrava francamente interessata alla cultura aesiriana che vi stava, soprattutto dove indicato dalla Regina dei Ghiacci; nessuno di loro ebbe detto niente a riguardo, ma sin da quando la ebbero conosciuta, nell'Arsdom, ella aveva appreso sempre di più la loro cultura, e anche un po' della loro lingua, essendo che ormai usava sempre meno la propria che, per carità, avrebbe usato sicuramente col suo popolo. «Sai, sembra davvero un bel posto, Aesir. Anche da come me ne parla Shirya, durante le sue visite a Lemegorov, mi ispira. Magari, quando sarà tutto finito qui, potrei anche raggiungervi ogni tanto. Mi piacerebbe visitare il vostro continente» Katrine sembrava decisamente felice di averla convinta a far loro visita, quando il loro viaggio si sarebbe concluso e, mostrando un sorriso raggiante, disse:«Oh, credimi, ti piacerà da matti. Anche perché tutte le Nazioni hanno una loro cultura differente, ed anche proprio uno stile di vita decisamente unico. Se posso dire la mia su dove poter andare, anche per comprendere meglio l'"aesirismo", come lo chiamiamo noi, la Nazione di Archana, come anche Vërnha e il complesso di Hrassen sono un ricettacolo di informazioni ed una marea di posti da visitare. Per non parlare di Nuja Fjurdanggur, ora che è stata ricostruita dopo il patatrac avvenuto a causa di... beh...» indicò Morten, il quale sbuffò, sentendosi preso in causa, «... hai capito. Ma in generale, non c'è una Nazione che prevalga sull'altra in fatto di bellezza o di unicità» Vasilissa accennava un sorriso più che amichevole nel sentire quanto Katrine fosse disposta a raccontare anche di tutto e di più riguardante il loro continente, con questa che, posando una mano sulla spalla della regina di Ymaras, rispose:«Beh, vedrò io stessa quando sarò là. Per il momento, ti ringrazio per avermi raccontato qualche cosa riguardante voi, te ne sono profondamente grata» dopodiché, con un fare molto più sereno e rilassato, essi ripresero la loro spedizione lungo Polyarn, cercando magari qualche informazione utile per capire bene se fosse successo qualcosa in loro assenza o meno. E stranamente così era: proprio parlando con i cittadini, non sembrava che vi fosse niente di pericoloso, né tantomeno vi fossero stati degli attacchi. Non era chiaro il perché, ma di certo, qualcosa o qualcuno avrebbe agito per tempo, senza che nessuno lo potesse sapere. Ed era chiaro che, ogni volta questi alzavano lo sguardo verso il sole, loro si rivolgevano al potente Erdester.
«Bene, a quanto pare non abbiamo alcuna informazione. Che volete fare, in attesa della sera?» domandò quindi l'imperatrice agli altri, voltandosi indietro. Ma proprio in quel momento, esattamente quando ella distolse lo sguardo dal cielo, esso si scurì all'improvviso, anzi, arrossandosi, come se tutta la zona fosse stata assorbita da un qualche antro oscuro degli Inferi. Il cielo stesso, come tutta l'atmosfera attorno a loro pareva esser divenuta sanguinante, come un preannuncio di un qualcosa di terribile che, prima o poi, sarebbe giunto. E così, anche un po' per per quello spirito combattivo che risiedeva nei loro animi, tutti quanti sguainarono le armi, puntando ovunque gli occhi potessero scorgere. Tra di loro, non si sentiva nemmeno il respiro di nessuno, ma solo il battito dei loro cuori, accelerati a causa dell'adrenalina che li colse quasi impreparati sul momento. «Dove siete, piccole merde dell'ombra...» ringhiava Vasilissa, chinando lievemente il capo con un gesto decisamente rabbioso, stringendo la lancia con forza nella mano sinistra; ma anche col passare dei secondi, dei minuti quasi, nessuno sembrava rispondere al richiamo quasi demoniaco della sovrana. Ella avrebbe scandagliato palmo a palmo tutta Polyarn per capire cosa diavolo stesse succedendo perché, come volevasi dimostrare, una cosa del genere non era mai accaduta prima d'ora.
«Ehi, guardate là!» esclamò quindi Fenrir, indicando esattamente verso il mare ghiacciato, o meglio, poco più su di questo: vi era una sorta di formazione nevosa a mezz'aria, a mo' di vortice, che rimanendo comunque in pendant con la palette di colori totalmente ridotta al rosso e i suoi derivati, pareva essere l'unica cosa che, quantomeno, andava a variare sullo stile funesto che la cittadina stava attraversando. «Il Nebaton è aperto, a quanto pare... presto, seguitemi!» ordinò quindi Vasilissa, con questa che corse proprio in direzione del vortice e, seguita dagli altri in fretta e furia, riuscirono perlomeno ad arrivare dall'altro lato di Polyarn senza patemi perché, proprio questi, furono davanti a loro. Ancora, ancora quegli emissari dell'aftermath che stavano spuntando come funghi in ogni luogo dove il gruppo giungeva, e ancora volenti la loro morte lì, in mezzo alla neve ed alla distruzione. Stavolta però, non sembravano affatto come quelli incontrati nelle volte precedenti, in quanto questi... parevano essere più umani che altro. Altri della Sinfonia della Morte, quindi. «Avrei scommesso più di qualche danaro per la vostra venuta qui, sicuramente» quello davanti a tutti, anche vestito diversamente rispetto a questi, in quanto l'unica sua differenza era proprio una corona d'argento, posata di venti gradi sulla destra del cranio, ad indicare che fosse uno decisamente importante tra loro. «E ora tu chi diavolo sei? E perché cazzo ci state seguendo ovunque andiamo?!» tuonò il principe Lucifugo in direzione di questo, già pronto con la sua spada a riprendere la sua carneficina. L'altro lo guardava con un ghigno stampato in volto, lasciando aleggiare una strana aura biancastra attorno a sé, come se, effettivamente, avesse un qualche potere in più rispetto ai suoi subordinati alle spalle; il suo tono era macabro, con uno strano sbalzo di tonalità in certe parti di quello che diceva:«Ohoh, forse ho fatto incazzare il pargoletto del re Luciftias, non è così? Sappiamo bene che gli altri vi hanno costretto a contattare il ragazzone là dentro, rintanato da tempi immemori nel suo covo innevato, mhmh... ma voi... voi avete qualcosa che ci serve, e che serve così fottutamente tanto!» e proprio in quel momento, l'essere fu faccia a faccia con Vasilissa, guardandola sempre con quel sorrisetto ben impresso sul suo volto. Il suo sguardo era sicuramente penetrante, diretto all'anima della donna, la quale non cedeva di un millimetro, anzi, avrebbe già attaccato senza pensarci due volte:«Cosa vuoi da me?» rispose lei infatti, non dandogli nemmeno il tempo di parlare che gli fece trovare la letale lama della sua lancia sotto il mento, pronta a trafiggerlo, senza pietà alcuna. «Accaldata la zarina, nevvero? Oh, ma non si preoccupi... solo una cosuccia piccina picció, al quale potrebbe sicuramente far a meno per un paio di ore, e nulla di più. La sua Maschera, daccela» replicava questo, sempre nel suo medesimo modo particolarmente irritante di parlare, con gli altri che ancora aspettavano il segnale dai pezzi grossi di agire quando necessario, ma ancora niente. L'imperatrice, al solo menzionare dell'artefatto utilizzato proprio in occasione della disfida a Lemegorov, rise, ma rise talmente in modo isterico che sembrava star per perdere il controllo, anche totalmente cambiando il suo tono di voce in uno molto più... satanico:«Ahah... ahahaha... e tu credi che questa "cosuccia piccina picció" come la chiami tu, possa davvero finire nelle tue mani o di chissà chi? Poveretto, mi fai tenerezza» era chiaro che Vasilissa fosse una donna decisamente facile da far arrabbiare se stuzzicata in quel modo. E proprio nel momento in cui anche l'altro ridacchiava in risposta, venne spinto di violenza con l'asta della lancia, mentre notava come anche l'aspetto della donna sembrava mutarsi, lasciandosi avvolgere da un tifone infuocato, oltre che da delle strazianti urla di umani sofferenti che risuonavano in tutto il circondario, come fosse un angolo parecchio crudele degli Inferi... perché degli Inferi si stava parlando, con una come lei. Ora, pure ella sembrava mimetizzarsi nell'aura sanguinolenta che si stava protraendo da ormai svariati minuti, con le fiamme che, non appena si dissolsero, stranamente senza mai sciogliere la neve attorno a sé, rivelarono l'essere che vi stava fino a prima, all'interno, letteralmente lasciando tutti quanti interdetti, fatta eccezione per Lucifugo e Leraikha, i quali invece chinarono il capo in segno di riverenza. «Ora hai finito di giocare al tuo SPORCO gioco, eh!? Chi ti credi di essere nell'intimarmi cosa fare e che darti? Dio? Anzi, ti dirò di più: a Lui ho già voltato le spalle ancora prima che tu nascessi dalle palle di tuo padre» la tonalità demoniaca, furente come non mai, riportavano alla mente solo una cosa, esattamente a quando il gruppo giunse nella Luciferian, nell'incontro con la famiglia Morningstar. Era vero, vi erano tutti: Lucifero, Luciftias, Lucifugo... anzi, no, mancava qualcuno, effettivamente. E di lei non s'era mai parlato, durante quel confronto col potente Diavolo ed il suo primogenito, quasi come se sapessero che, prima o poi, la verità si sarebbe mostrata, palese come il sole.
L'altro però, rialzandosi con la più totale nonchalance rispetto alla potenziale, e mortale, minaccia, non sembrava minimamente intimorito alla vista di lei, in quel modo, replicando a tono, sempre con quell'irritante sorrisetto, che quasi stava mandando apposta fuori dai gangheri, questa:«Bene, bene, bene, mhmh... a quanto pare è vero quello che si dice in giro. Non ti piace quando gli altri ti chiamano col tuo vero nome, ma preferisci mostrarti per quello che sei, eh, Lilith?» in un lampo, egli ebbe il tempo di estrarre quella che era una sciabola, frapponendola in mezzo ai due, guardando negli occhi della donna con sicurezza. Ella rispose, addirittura alzando i toni rispetto a quelli già usati in precedenza:«Molniskij non può, e non deve sapere la mia natura. E voi non lo volete capire. Sarò anche la prima donna, colei che, teoricamente, ha dato vita al genere femminile in questo mondo di insulsi, futili umani, ormai costretti a farsi la guerra per cazzate senza capo né coda, lasciando le mie creazioni alla mercé di quei... fottuti pezzi di merda... ma non mi pare di essere così idiota da permetterti di rivolgerti a me, così. Se sei un uomo con gli attributi, allora combatti!» dopodiché, facendo un cenno agli altri, indicò loro proprio il fatto di pensare ai subordinati di questo membro della Sinfonia della Morte, intanto che lei, Lilith, si avvicinava con occhi mortiferi, fiammeggianti in modo figurato. Ed intanto che, adesso, la lotta si stava accendendo dall'altra parte, con il resto del gruppo che veniva comandato da Lucifugo, contro quegli esseri mandati da chissà chi o cosa, il quale agiva per impulso, anche i due diedero il via a quella che sarebbe stata una lotta all'ultimo sangue. Infatti, i due non stavano di certo a guardarsi in faccia, con Lilith che faceva valere tutta la sua esperienza pregressa in battaglia, in quanto ebbe avuto modo di allenare, a sua volta, milioni e milioni di demoni, tra cui, beh... suo figlio; anche se l'altro riusciva bene o male a starle dietro, parando più di qualche colpo, fiammate e quant'altro, non sembrava quasi mai capace di contrattaccare, proprio a causa del fatto di come la prima donna, la Regina degli Inferi, fosse molto più rapida e preparata di lui, bloccando ogni linea o idea possibile d'attacco. Insomma, sarebbe stata una passeggiata per lei, ed un inferno per questo.
«Non ti facevo così forte, Lilith, mh... devo dire che ti ho presa molto sottogamba» bofonchiava lui, evitando che la donna trapassasse la sua arcigna difesa con una stoccata diretta al fianco sinistro. Ella scosse il capo, sicuramente prendendosi gioco di lui mentalmente, dicendogli la qualunque senza farlo effettivamente, in modo esplicito, con questa che proprio rimaneva in silenzio, proseguendo la sua esecuzione, senza mai accennare un momento di pausa. Non l'avrebbe mai concessa, se non per sé quando avrebbe tagliato la testa dell'essere.
Ma proprio nel momento in cui Lilith sembrava sul punto di sferrare un ennesimo attacco, notò con la coda dell'occhio, verso l'alto, quello che stava avvenendo in cielo: si stava formando un'aurora, ma non una qualunque, essendo in parte classica, con dei colori varianti tra l'azzurro e il verde acqua, ma con una buona parte di questa che era tinta esattamente come l'atmosfera là. Le sue pupille si restrinsero come all'istante nel vedere come, poco sotto essa, il portale per il Nebaton stava iniziando a restringersi, come sul punto di chiudersi:«RAGAZZI, ENTRATE LÀ DENTRO, ADESSO!» esclamò lei prima che, sotto un suo calo improvviso di concentrazione, prese un colpo diretto allo stomaco, con un grido talmente forte da ricordare lo stridere di un'aquila, inginocchiandosi a terra con una mano poggiata dove faceva decisamente male. Il sangue fluiva dal taglio, macchiando la mano di quel vitale liquido rosso lucido, con Lucifugo che, sentendo il grido di lei, esclamò, come se il colpo lo avesse subìto lui stesso:«NONNA, NO!!» l'essere che l'aveva trafitta rideva di gusto, e con uno sguardo da cannibale, assetato di morte e sangue, sembrava avvicinarsi inesorabilmente verso di loro, aventi appena massacrato i suoi subordinati con la facilità di non si sa cosa. Loro non ci stavano a farsi un'altra lotta con quel coso, sapendo che quella era una scelta ardua, ma senza una vera e propria scelta di per sé: solo una via era quella da percorrere. Infatti, con un Lucifugo che avrebbe preferito rimanere da solo, ma per proteggere la sua sovrana, Ragnar fu il più lesto a prendere il braccio del suo amante, lasciandosi trascinare dalla forza gravitazionale senza senso del portale per il Nebaton, proprio nel momento antecedente in cui questo si chiuse.
Lilith guardava loro procedere oltre, senza di lei, e poi quello, il suo aggressore. Sempre con un ginocchio a terra, e con la mano sanguinante per via della ferita allo stomaco, questa lo guardava con l'odio più totale, con le fiamme che ancora non ebbero abbandonato i suoi occhi, ardenti più che mai. «Beh... direi che siamo da soli, non è così, carissima Lilith?» le girava attorno, facendosi beffe della regina, sicuramente in difficoltà, lasciando strusciare la lama della sciabola contro la neve, quasi come se la affettasse con essa. Egli continuava, ancora:«Così potente, eppure ai miei piedi. L'avresti dovuto fare molto prima... ma a quanto pare hai preferito seguire quel pagliaccio del Diavolo, piuttosto che un futuro migliore» sembrava sul punto di volersi rialzare, sbraitare con tutta la rabbia in corpo proprio nel sentire quella cosa becera detta sul suo amato Lucifero, solo per trovarsi la lama sotto il mento, forzando lo sguardo a puntare quello di lui. «Io pensavo che tu non fossi serio quando dicesti che saresti tornato, eh? Cosa cazzo ti passa per la testa? Io volevo solo una vita libera dal giudizio e dagli ordini altrui, e l'ho trovata. TU FRAINTENDI QUELLO CHE L'UNICO UOMO CHE AMO VUOLE DA ME: ED È IL RISPETTO RECIPROCO!» rispose lei, con tutta quella furia che le prendeva dalle labbra come se fossero punte di frecce, mentre quella fredda lama, di per sé congelata dalla neve con la quale egli l'aveva fatta sfregare, premeva un po' di più contro il suo collo, mentre l'altro disse, con un tono decisamente più pacato, ma pur sempre intimidatorio:«Se fossi rimasta al mio fianco, non avresti neppure dimenticato tuo figlio. Hai abbandonato quello che consideravi la tua gioia più grande, per dare questo termine a Luciftias. Mi spiace per lui, perché si vede che è un degno erede al trono dell'Inferno, solo avendo una madre che ha preso più cazzi che parole di conforto. Tu saresti dovuta essere mia, sin dall'alba dei tempi, e TU hai voluto fare di testa tua, come sempre!» le labbra di lei tremavano, vogliose di liberare ancora quel ruggito da demonessa quale era, soprattutto per la quantità di insulti alla quale era sottoposta: non era offesa per gli insulti in sé, ma per la crudeltà con la quale venivano pronunciati. «Io non ti ho MAI amata, Adamo, o se proprio vuoi farti chiamare col tuo nuovo nome... Naaran. Mettiti in testa che non starei ai piedi nemmeno di mio marito, perché lui mi rispetta, mentre tu pensi solo al tuo benestare. Ho goduto come non mai nel vedere quella troia soffrire... e lo farai anche tu, ohhh, se lo farai. Ti pentirai anche solo di aver conosciuto il mio nome» letteralmente, quasi come se fosse una busta della spesa, Lilith si ritrovò sollevata da terra da una forza sovrumana, presa per i capelli, con quello che, ora che lo si sapeva, era il suo acerrimo nemico in terra shiriense, l'imperatore di Gaarekhsha in persona, che disse a sua volta, cingendo un braccio attorno alla sua vita, con la lama della sciabola proprio contro la sua schiena:«Beh, attualmente posso dire che non mi sembri così capace di fare qualcosa contro di me, tesoro, mhmh... e francamente, ormai posso dire di non essere messo così male, anche dopo centinaia... ma che dico centinaia, milioni di anni dalla sua morte. Ma tu... tu rimani sempre tu, Lilith, e lo sai» sembrava starle accarezzando una guancia, con la donna che si dimenava, ringhiando sonoramente anche al solo pensiero di farsi toccare da uno come Naaran. Lo odiava a morte, e questo non servirebbe nemmeno indicarlo. Ma a Naaran non importava, perché quasi voleva importunare la Regina dell'Inferno, non potendo in alcun modo chiamare aiuto, in quel momento: poteva approfittarne, ma non sembrava intenzionato a farlo. E questa, era la tortura peggiore. «Io ti ho chiesto la Maschera del Fato, perché così avremmo potuto, assieme, creare qualcosa di più importante che questo misero, ormai logorato, universo. L'"Oscuro" sa come aiutarci, ma tu devi ascoltarmi, e seguire quanto ho da dirti. Lo so, lo so che preferiresti usarmi come pasto serale piuttosto che ascoltarmi, ma tu devi provarci, okay?» addirittura, quasi per darle un accenno di quell'agognata libertà, le tolse il braccio attorno, lasciando che la sua sciabola si rimettesse autonomamente nel fodero, ma sempre coccolando il viso di quella che era la sua ex moglie, fregandosene di chi era e con chi stava adesso: ormai, Naaran sembrava più tentatore del Diavolo. «Osa mettermi le mani addosso per altri due secondi, e sappi che ti distruggo. Non ascolterò una singola parola delle tue stronzate» tuonava, facendo sempre più valere il suo essere indipendente. L'imperatore gaareko rideva, la scherniva palesemente, mentre le passava una mano lungo i capelli:«Andiamo, solo per una volta. Hai ascoltato tante di quelle volte tuo marito e tuo figlio che ormai dovresti essere consapevole su cosa ascoltare e cosa no. E poi, sicuramente ti piace quando ti tocco. E non parlo per quella che ho davanti, Lilith, ma per la te che ti sei costruita qui a Shirya... Vasilissa» proprio la voce dell'imperatrice risuonava dalle labbra della potente regina, replicando in modo diretto, freddo come il ghiaccio:«Cosa vuoi?» soddisfatto dalla risposta repentina che ella diede, Naaran si appoggiò sulla spalla della donna, col mento, e sussurrando all'orecchio destro, le disse:«Noi, assieme, possiamo rendere i nostri amati déi ancora migliori di quelli che stanno al comando. L'"Oscuro" ha bisogno di te, come anche dei nostri colleghi, rimasti a bighellonare tra Baxiya e Shinigoi, rigorosamente a farsi la guerra per la loro inutile famiglia disastrata. Io ho bisogno della tua Maschera, Vasilissa... e ti prometto che non farò del male alla tua amata Nazione, così come non ti ucciderò per avermi insultato così futilmente... a me che sono già sotto il suo controllo» il corpo dell'imperatore era appoggiato contro quello di lei, con questa che, proprio, ormai era tutto uno sbuffare, seccata dal suo essere così rompiscatole. Tornando proprio nella sua forma originaria, Vasilissa guardava Naaran negli occhi, con indifferenza oltre che rabbia:«Neanche nei tuoi sogni» l'uomo sogghignò, divertito dalla sua testardaggine. Sembrava starsi prendendo gioco di lei, divertendosi con l'imperatrice. Un po', poteva ammetterlo, era masochista, ma lo faceva solo per far incazzare ancora più malamente, lei:«Eheh, come immaginavo. Sai, è questo che mi piace di te: la tenacia, e la voglia di non voler cambiare idea, neanche di fronte alla morte» inclinava il capo, giocherellando con una di quelle ciocche bianche della donna con un dito, anche delicatamente. Non era chiaro cosa avesse in mente, ma di certo, quando gli altri sarebbero tornati, la sorpresa più amara si sarebbe mostrata, lì, ai loro occhi...

Chronicles of a Sin: Divine BlizzardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora