"Rivoli di sangue, arte della premonizione"
«Cosa stiamo aspettando, papà?» fu la domanda che porse Lucifugo al padre, mentre questo, un attimo perso nei suoi pensieri, tornò nel mondo reale in un istante, replicando:«Se davvero è Malphas, allora è il caso di rispondere. Dobbiamo prendere tempo per te, figliolo, così da esser pronto ad affrontarlo quando sarà il momento» era chiaro che il suo pensiero fosse anche rivolto allo scontro apparentemente impari a Kamigami, mostrando il suo essere paterno, protettivo nei confronti del figlio. Lucifugo sospirò, facendo intendere che sì, aveva ragione, ma comunque avrebbe preferito essere ovunque, fuorché aspettare un qualcosa di così distante nel tempo. «Però, visto che siamo all'inferno, a casa quindi... non è che posso andare a salutare nonno Lucifero, papà? Sicuramente come tutti gli altri, sarà in pensiero per noi» propose quindi lui, con lo Splendente che ci pensò su un attimo. Mostrò poi un sorriso, annuendo di buon grado e, dicendo al figlio, faceva intendere che fosse una buona idea, la sua:«Beh, volentieri! Sicuramente tuo nonno vorrà anche sapere come sta il suo nipotino, no?» egli annuì in risposta, e dando quindi un abbraccio al padre, fece per allontanarsi, non prima di aver rassicurato il compagno che sarebbe tornato presto. «Nel caso succedesse qualcosa, mi aggiornerete, vero?» chiese al mezzo lupo, con questo che, sorridendo, disse in risposta:«Oh, ma tranquillo, tesoro. Sarà fatto, non stare a preoccuparti» e così, dopo aver lasciato un tenero bacio a stampo al suo demone preferito, lo lasciò andare, con Lucifugo che scomparve dalla vista di tutti.
«Si vede che ci tiene a te, non è così, Ragnar?» domandò quindi Otis, rimasto appostato contro la parete della biblioteca, a contemplare la vuotezza di quel posto. L'altro fece di sì, e come abbracciandosi, disse a sua volta:«Sì, è il mio piccolo peluche demoniaco. Lo adoro: è semplicemente un amore, e non posso far a meno che dargli conforto e tutto l'amore che provo per lui» il Decadia accennò un sorriso, a far intendere che tali parole sembravano anche per una mente computerizzata come la sua, decisamente tenere. «Beh, sicuramente mio padre si infilerebbe due dita in gola per rigettare a causa del diabete che gli faresti venire. Ma devo ammettere che siete davvero teneri assieme: state davvero bene» Ragnar sorrise in risposta, contento di quanto detto da egli.Intanto che ciò avveniva, finalmente Lucifugo apparve davanti a casa, nella Luciferian: la sua dimora e di tutti i Morningstar. Il suo aspetto elegante ma aggressivo allo stesso tempo, incuteva timore a tutti i demoni, ma il principino trovava ciò così affascinante. Entrando, quindi, poté notare proprio il potente Diavolo chiacchierare con la moglie, Lilith. «Ammetto che stare a gestire un piccolo tornado come lui, è una bella sfida per nostro fi–» non ebbe avuto nemmeno il tempo di finire la frase che, notando proprio il nipote, disse, ridacchiando:«Parli del diavolo–»
«E spuntano le corna. Nonno, nonna, tutto bene qui?» domandò loro, sorridendo teneramente, intanto che i due scesero in simultanea dai rispettivi troni, con Lilith che fu la prima a tenere stretto il nipote. «La nostra piccola tempesta... oh, noi stiamo bene. Ci stiamo riposando dopo la sfiancata a Shirya. E tu, nipotino caro?» sentendosi al sicuro tra le braccia della Madre di tutti i Demoni, egli ringhiò con fare tenero, prima di replicare:«Me la cavo, dai. Stiamo procedendo per il viaggio, e oggi abbiamo scoperto quest'entrata abbastanza singolare, all'interno del monte Nenokuni» i due sovrani si guardarono abbastanza confusi, non appena ebbero compreso da dove erano sbucati per raggiungere il regno. Neppure Lucifero ricordava di un'entrata secondaria di quel tipo, ed infatti, il Portatore di Luce disse in risposta:«Non ricordavo di quella. In che zona sta, se posso chiedere?» e quindi, Lucifugo rispose subito dopo:«Da quello che ha detto papà, sarebbe sopra il vecchio quartiere dei Goetia: l'Abrachlis o cose del genere»
«Dall'Abrachlis? Ma non era stato totalmente demolito tipo tremila e cinquecento anni fa?» sembrava ancora più confuso il Diavolo, con anche Lilith che conveniva sicuramente con quanto detto dal marito. Era strano, sicuramente. «Per caso è rimasto qualcosa, lì? Magari ci siamo dimenticati di dare un'occhiata approfondita per verificare che la demolizione sia proceduta come da protocollo» chiese quindi l'altra, mentre Lucifugo annuì in risposta, dicendo:«É rimasta solo la biblioteca, vandalizzata e a quanto pare soggetta alla presenza di Decadia, senza che nessuno se ne accorga» i due sapevano che ciò era considerabile come un'anomalia, qualcosa di strano. Erano certi di aver fatto abbattere tutto quanto, e questo lo confermò anche Lucifero stesso:«Boh, mi fa strano che essa sia ancora in piedi dopo tutto questo tempo. Io ricordo perfettamente di aver assistito alla sua demolizione. Però, se mi dici che è ancora lì, non nego le tue parole, nipote» però, era chiaro che fosse stranito da questa evenienza, lasciando un alone di mal gradito dubbio nelle sue parole.
Poi, Lucifugo ripensò anche a quella sfida imminente alla quale avrebbe dovuto esserci tra due mesi, e ricordandolo ai due, disse:«Ma comunque, credete che io possa davvero affrontare Decadia, così come sono? Cioè, posso essere abbastanza forte così?» il Diavolo lo guardò, inarcando un sopracciglio a sentire tali parole. «Magari non sarai ancora del tutto pronto per fronteggiarlo alla pari, ma non nego che fremo dalla voglia di vederti affrontare uno come lui. Però... mi sembra giusto verificare con mano a che punto sei, no?» e così, passando dietro al trono, poi sbucò nuovamente da lì, facendo apparire quella che era la sua spada: uno spadone anche più lungo del suo possessore, dalla lama color rubino, fiammeggiante a non finire. L'elsa e il manico erano in oro, con il Sigillo di Lucifero inciso nell'impugnatura stessa. «Aspetta... vuoi davvero che io affronti il Diavolo in persona, mio nonno? Cioè... ne sei sicuro?» non sembrava intimorito all'idea di fronteggiare Lucifero in un duello, tanto per vedere a che punto era col suo allenamento, ma confuso. Cioè, era comunque il sovrano degli Inferi, quello: il re di tutti i demoni, il primo angelo caduto e quant'altro. «Beh, è come se l'avessi chiesto te, Luci. Pensa, neppure tuo padre chiese a me di metterlo alla prova, ma visto che tu sei in procinto di affrontare un dio di quella caratura, è giusto che sia io il primo avversario di alto livello che ti si frapporrà davanti» disse lui in risposta, e dando un fendente al vuoto, in simultanea spalancò le sue sei enormi ali, le quali si illuminarono di una luce accecante, a simboleggiare il suo titolo, la sua maestosità. Era serio nel voler affrontare il nipote, e lo dimostrava anche nello sguardo: freddo come il ghiaccio, ma rivelando uno spirito focoso che solo lui, lì, possedeva al massimo della forza.
Ma poi, notando proprio quello sguardo così impuntato, mentre Lilith anche si allontanò per dar modo ai due di affrontarsi, Lucifugo non poteva tirarsi indietro, brandendo la sua spada in risposta. Guardava il nonno quasi come se fosse il suo vero nemico, mentre piccole saette andavano a formarsi nei suoi luminosi occhi azzurri. «Sono pronto» disse quindi il principino, prendendosi un lato della sala reale, mentre Lucifero rimase dall'altra parte. Fiamme e fulmini si mostravano tra i due, in una sfida che all'apparenza sarebbe dovuta essere a senso unico per il Diavolo: era più esperto, conoscente dei propri mezzi e, soprattutto, aveva dalla sua, anche la sua radice parzialmente divina, con la quale era nato.
E così il duello prese il via, con Lucifugo che fu il più lesto a dare un breve assaggio di quello che aveva appreso nel corso dei mesi a Shirya e tramite gli allenamenti all'Inferno. Era rapido, forse anche fin troppo rispetto a quello che aveva sempre mostrato fino ad ora, muovendosi a zig zag un po' per disorientare Lucifero, ed anche per coglierlo di sorpresa quando sarebbe stato il momento. Ovviamente, il Diavolo non si lasciò cogliere impreparato, spiccando quindi il volo non appena sentì il movimento della lama del nipote nell'aria, e rilasciando una scia di fuoco alle sue spalle, riuscendo quantomeno a prender tempo per poi reagire a sua volta. Aveva compreso che egli ci sarebbe andato giù pesante, ed anche per un fattore dovuto all'onore e la reputazione che mai avrebbe vacillato dinanzi ad una lotta, allora avrebbe fatto lo stesso. Cercava sempre di fronteggiarlo, faccia a faccia, ma era come se il nipote fosse il triplo, se non il quintuplo più veloce e reattivo del Diavolo. Non riusciva mai a stargli dietro, se non nei momenti in cui lo rinchiudeva tra le fiamme, come una formica attorno ad un cerchio rosso fatto su un foglio, ma solo per qualche istante perché, davvero, non c'era verso di placare la tempesta. Non c'era mai stato un singolo momento in cui Lucifugo pareva venir messo in difficoltà, ma al contrario, era il Portatore di Luce a star esaurendo le carte nel proprio mazzo, più velocemente di quanto si sarebbe aspettato.
Ma continuava, almeno provando la qualunque per metterlo in guardia e fargli ricordare chi era, lì, il capo indiscusso, ritrovando il momento perfetto per guardarlo negli occhi, quando le loro spade si scontrarono, in una sinfonia assordante di metallo che andava a sfregarsi l'un con l'altro. Lo sguardo del Diavolo era sicuramente come quello delle grandi occasioni ma, con sua sorpresa, quello mostrato dal nipote... quasi non sembrava il suo. Infatti, poteva vedere in quegli occhi, prima azzurri, un viola decisamente innaturale, con un immagine ben impressa di fulmini che sembravano mostrare più come se il Ragnarok fosse stato assimilato in un corpo. Vedeva proprio la rabbia, quasi inumana, in un corpo così dolce e innocente, come quello del piccolo diavolo, figlio di suo figlio. Non dissero una parola, ma lasciarono che furono le loro armi a farlo per loro.
Sentiva come la lama del Portatore delle Tempeste stava premendo sempre più sulla propria, trovandosi a dover fare sempre più forza sul braccio per respingere ciò. Ma ancora, non sembrava possibile che ciò stesse davvero accadendo. Non vedeva altro che una scocca di carne e ossa, ed una cacofonia di tuoni risuonanti dalla sua bocca, mentre le ali del diavoletto sbattevano furiosamente, rilasciando delle lame ventose che non facevano altro che lacerare due cose nel Diavolo: il suo corpo e il suo orgoglio. Digrignò i denti, senza mai cedere di un centimetro, prima di venir come respinto da uno scoppio letteralmente proveniente dal corpo del nipote, scaraventato di violenza contro il proprio trono, il quale si crepò a causa della forza impressa all'impatto, risuonando come se l'intero Inferno fosse stato ferito, a sua volta.
Ma ancora non sembrò fermarsi lì, e mentre il Diavolo ringhiò con un tono talmente tonante quanto rabbioso, si ritrovò il nipote davanti, in piedi e con una serietà innaturale per uno come lui. Un lieve rivolo di sangue colava dalla nuca e da tutte le ferite corporali che aveva, ma anche il suo stesso cuore, il suo spirito, starebbe sanguinando a quello scenario così assurdo quanto doloroso da ammettere, da vivere. Proprio nel momento in cui Lucifero fu lì per rialzarsi, sentì lo stivale del nipote sullo stomaco, e con la spada puntata al volto, sempre nel silenzio di questo, notò ancora quei tratti tempestosi che andavano a concentrarsi anche nell'arma stessa. «L-Luci, lasciami. Basta, t-ti prego» lo stava implorando, notando il vitreo dei suoi occhi. Ma il nipote non rispose, neppure urlandogli contro, ed ora dovendo cercare lo sguardo della moglie, la quale era come paralizzata a sua volta. «C-Chiama Luciftias. Sbrigati» disse il Diavolo, con un filo di voce. Lilith fece come richiesto e, svanendo nel nulla, ora i due erano rimasti lì, da soli, con Lucifero che sperava davvero che arrivasse in tempo con lo Splendente. Aveva vissuto questa scena solo una volta nella sua vita, e ora la stava vivendo nel modo peggiore e umiliante possibile. Almeno, contro l'Arcangelo Michele vi era stata un po' di sfida equa, alla pari; ma qui no. Quella non era sfida, ma uno scontro sfociatosi in un massacro.
E proprio quando sembrava che Lucifugo si fosse fermato, ancora, il Diavolo sentì come un dolore lancinante che lo fece dimenare sul trono, come in preda alle convulsioni. Sentiva l'elettricità, quegli stessi fulmini perforarlo come migliaia di pugnali affilatissimi, in ogni parte del corpo. Le sue erano grida di puro dolore, cercando in ogni modo di liberarsi da quella morsa che pareva essere letale. Eppure, le sue forze venivano meno, sentendosi come svenire a causa della pressione che gli veniva esercitata addosso. Ma nel momento in cui Lucifugo si inginocchiò, afferrando un'ala del Diavolo, egli venne letteralmente investito da una fiammata che lo fece ribaltare oltre il trono stesso. «LASCIA. STARE. MIO PADRE!» tuonò lo Splendente al figlio, apparendo faccia a faccia con egli, il quale si rialzò, un po' intontito. Stranamente allo sguardo del padre, questo sembrava esser tornato normale. «Cosa... cos'è successo?» mormorò lui, come se fosse appena passato da un momento di totale incoscienza. Lilith intanto stava valutando le condizioni del marito, il quale aveva totalmente perso i sensi a causa dell'energia che ebbe dovuto sopportare, ed anche per il sangue che continuava a colare dalle lunghe ferite che aveva lungo i fianchi, le braccia ed uno al lato della fronte. Ella scosse il capo, avendo compreso il casino che il nipote aveva appena causato, intanto che Luciftias guardava il figlio proprio sul punto di massacrarlo di legnate. «Cos'è successo, mi vieni a dire?! STAVI AMMAZZANDO TUO NONNO, LUCIFUGO!» gridò lui, tirando un pugno alla parete alla sua sinistra, facendo letteralmente tremare il castello intero a causa del colpo. A quello che egli disse, Lucifugo sentì come se stesse avendo un mancamento, strabuzzando gli occhi a sentire tali parole. Guardò oltre i danni che aveva causato lì dentro, e vedendo la chiazza dorata che vi stava sulla seduta del trono, con il Diavolo totalmente privo di sensi, tra le braccia della moglie, quasi avrebbe voluto non essere lì, quasi non avrebbe voluto esser stato messo al mondo. «Io non... non volevo–» ma prima che potesse finire la frase, si ritrovò una cinquina a mano aperta da parte del padre, quasi sul punto di sfondargli il cranio contro il trono del Diavolo. «Stai zitto, perché io giuro sul demonio che sono ad un passo dal lasciarti steso a terra, in un lago di sangue» disse quindi Luciftias a denti stretti, davvero trattenendosi con tutto sé stesso per evitare di ricorrere alle maniere forti col figlio. Ma Lilith, sentendo quella minaccia letterale di morte al Portatore delle Tempeste, lo guardò talmente male che non si capiva se fosse dovuto a ciò o alla sua presenza in un momento del genere. «Luciftias, è tuo figlio. Osa puntargli le armi contro e come ti ho fatto nascere, ti distruggo. Stai attento a quello che dici» disse la regina degli Inferi, con egli che sbuffò, cercando di calmarsi in qualche modo, intanto che Lucifugo si avvicinò alla nonna, timidamente. Non aveva davvero idea di quello che fosse successo, e quasi non capiva il perché fossero tutti così arrabbiati con lui. Era come se il cervello gli fosse andato in cortocircuito e avesse agito per mezzo di un tilt emotivo, un raptus omicida che davvero fece paura. «Nonna, io non so cosa sia successo, davvero» provò ancora a spiegarsi lui, con le lacrime agli occhi e, sedendosi lì, vicino al Diavolo che, nel frattempo, stava cercando di rimettersi in sesto grazie alla moglie, ella disse, con un tono molto calmo e composto:«L'ho notato, nipote. Quello che non capisco, però, è come sia potuto accadere tutto questo. Cioè... non sembravi nemmeno tu, a combattere» ciò che Lucifugo sentì, sembrava quasi come un monito a riguardarsi, ad osservare quelle mani come fossero quelle di un serial killer. Si sentiva sporco, come se quel sangue che il nonno aveva lasciato sgorgare dalle ferite, fosse il suo. «Mi–... mi dispiace, davvero. Non so cosa mi è capitato» disse ancora, proprio nella speranza che lo capissero e lo perdonassero, in qualche modo. Sapeva che era impossibile, ma quantomeno ci provava; era dispiaciuto e lo si vedeva. Ora, guardava Lucifero che, piano piano, stava riprendendo conoscenza, rimanendo sotto la protezione della moglie, Lucifugo sentiva i sensi di colpa ucciderlo lentamente dall'interno. Voleva dirgli che era mortificato per quanto avvenuto, ma non sapeva come avrebbe reagito il potente Diavolo. Lo lasciava riprendersi, senza emettere un singolo suono, mentre l'altro, invece, ora si appoggiò con la nuca sulla spalla di Lilith, mormorando:«Grazie, tesoro» la donna sorrise, e spostando una ciocca di capelli da davanti agli occhi del marito, lo guardava felicemente in volto, notando come egli si fosse almeno ripreso da quanto accaduto.
Poi però, guardando il nipote, Lucifero aveva bene in testa il tutto, ma notando lo sguardo che sia la moglie che il figlio diedero a lui, semplicemente disse, sospirando:«Tranquillo, nipote. È successo»
«Che cosa 'è successo'? Ti stavo per uccidere, ed io non potevo far nulla per evitarlo» rispose il principino, con una faccia inconsolabile, semplicemente affranta da ciò. Luciftias passava al fianco del figlio, sfiorando le sue ciocche more e bionde con una mano. Lo lasciò appoggiarsi contro il sovrano, con Lucifugo che chiuse gli occhi, a concentrare il suo malcontento in qualcos'altro, sfruttando l'essere protettivo del padre.
«Ora però, dobbiamo capire cosa sia successo, davvero. Sono stata col cuore in gola per tutto il tempo: credevo che lo avresti torturato o peggio» disse quindi Lilith, guardando il nipote con un che di preoccupato. Vedeva bene come, in quel frangente, fosse totalmente diverso caratterialmente, anche rispetto alla lotta stessa, in cui sembrava unicamente una macchina da guerra, senza senno né pietà alcuna. E ancora, il Portatore delle Tempeste non capiva il perché ciò fosse accaduto proprio in quel momento ma poi, sentendo la voce del Diavolo, un po' la sua sicurezza sembrò ritornargli:«Sicuramente è stato un caso unico. Non mi ha dato modo di agire, e sembrava decisamente più forte rispetto all'ultima volta in cui l'ho visto combattere o allenarsi. È chiaro che stia crescendo, e con ciò, anche le sue capacità combattive stanno sempre più migliorandosi, ma è il caso comunque di tenerlo d'occhio, nel caso fosse un qualcosa di passeggero o una cosa seria» ormai non gli importava più di esser stato umiliato in quel modo da suo nipote, quasi ammazzato da questo; lo voleva mettere alla prova, e ciò di certo fece tornare un leggero sorriso sul volto del principino.
Poi però, avvicinandosi proprio a Lucifero, egli disse, timidamente:«Posso magari... darti un abbraccio? Ti chiedo perdono per quello che è successo» egli ridacchiò, accettando di buon grado le sue scuse. E così, prendendo il suo nipotino tra le braccia, disse, con tono più paterno che da sovrano:«Ah, nipote mio, ma certo che ti perdono. Sei comunque parte della nostra famiglia, quindi è giusto che tu non abbia problemi con noi» aveva ragione, Lucifugo non aveva problemi coi Morningstar, e mai ne avrebbe avuti ma, in cuor suo, sentiva di aver quegli stessi problemi, ma con sé stesso. Non riusciva a formulare affatto un'ipotesi dovuta a quello scontro, ma solo domande infinite, che forse mai avrebbero trovato una risposta...
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Chronicles of a Sin: Divine Blizzard
Fantasy"Dopo le avventure nella nebbiosa terra di Aesir, e subito dopo la liberazione di questa dal dominio egemonico del Sacerdote, tutto sembra procedere per il verso giusto per la ricostruzione dei luoghi ridotti in macerie. Persino l'enorme Nazione del...