Capitolo 50

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"Dèi di sé stessi"

Guardandosi attorno, come se non riconoscesse neanche più il posto in cui si trovava, Lucifugo era rimasto per qualche tempo abbracciato alla madre, o meglio, cercando di riposare gli occhi e la mente. Certo, la presenza familiare di lei, lì, era essenziale dopo aver visto suo padre perire da eroe, ma senza neppure aver dato il suo ultimo saluto. «E adesso, cosa possiamo fare? Tra un mese circa dovrò andare là a Kamigami per affrontare Decadia, e in queste condizioni non mi sento davvero pronto. Anzi, quasi preferirei non presentarmi» disse lui, rivolgendosi alla madre con tutte le ragioni del mondo, nel sentirsi insicuro sul da farsi. L'unica cosa che voleva fare, in quel momento, era solo quella di stare accanto a lei, pensando solo a qualche modo per risollevarsi. E non era facile, per carità, nessuno lo metterebbe in dubbio. «Non lo so, piccolo mio. Ma una cosa è certa: tuo padre non vorrà sicuramente che il suo erede si arrenda dinanzi a questo» la risposta di lei era sicuramente dovuta proprio a quanto conosceva lo Splendente, e quanta fiducia riponeva nel figlio. Egli la guardò, volendo proprio usufruire di quella fiducia e calma che ella mostrava, volendola tanto per sé, perché ora come ora ne aveva davvero tanto bisogno.
«Err, perdonateMi se vi interrompo, Lucifugo e Anachiel» disse subito dopo Iabes, giunto proprio affianco a loro, indicando dove, prima, vi era il corpo di Luciftias, ora volatilizzatosi. Sorpreso, ed anche un po' preoccupato per ciò, il Portatore delle Tempeste domandò alla divinità:«Ma... dov'è finito?» questo alzò le spalle, come a dire di non saperlo ma, dalla risposta che diede poi, un'idea abbastanza singolare, intervenne nella testa del demone e della madre di questo:«L'unica cosa che abbiamo visto Io e tutti quanti, è proprio il suo corpo smaterializzarsi in una flebile luce che... stranamente, ha puntato a te, nipote» e a questo, egli inarcò un sopracciglio, non capendo il nesso, il filo conduttore tra questi due eventi. Non sembrava cambiato, effettivamente, ma si sentiva solo un attimo più vispo per via del rapido riposo che si era concesso tra le braccia di Anachiel. «E con questo? Cioè, ha qualche significato correlato?» chiese quindi proprio lui, mentre Iabes ancora sembrava dubbioso sul da farsi. Nessuno pareva aver visto una cosa del genere prima d'ora, e ciò, quindi, poteva significare una sola cosa: era qualcosa di unico, di nuovo e mai sperimentato prima d'ora. E con ciò, anche la madre disse, stavolta guardando il figlio:«Tu sei sicuro di sentirti bene, quindi, figliolo? Non voglio avere anche te sulla coscienza, te ne prego» egli annuì, a rassicurarla che tutto fosse stabile e apposto. Ma quando egli cercò di alzarsi, con sua sorpresa, qualcosa di diverso si manifestò letteralmente un secondo dopo. Per qualche strano motivo, le sue ali si aprirono come d'istinto, senza un perché da parte del possessore di queste, ma quando egli si voltò per vedere se fosse qualcosa o qualcuno che aveva toccato queste, strabuzzò gli occhi: erano diverse da quelle che solitamente aveva, ossia nere e viola, con la forma tipica delle ali da demone. Erano diventate piumate, sempre scure, ma comunque differenti e, per qualche strano motivo, erano pure triplicate. «Ma che? Perché ho queste paia di ali?» pensò lui, davvero non comprendendo questo cambiamento. E ancora, e stavolta lo poté sentire sul momento, un'altra cosa cambiò, notando a terra la sua spada. Infatti, quando fece per prenderla, notò con sorpresa di pressoché tutti che questa non era più quella che aveva già mostrato orgogliosamente in più occasioni, ma era esattamente quell'enorme spadone che il padre portava, sin da quando venne incoronato re degli Inferi. «Questo... è incredibile. Luciftias si è fatto assimilare da te» disse Astreo anche, accorso proprio per assistere a quella scena così assurda, assieme a tutti gli altri. Nessuno di loro poteva credere ai loro occhi, e così anche Lucifugo, il quale non aveva la benché minima idea di cosa stesse accadendo. «Io... no, non è possibile. Mi stai dicendo che io posseggo i poteri e i tratti distintivi di MIO padre?!» esclamò quindi il demone, davvero non sapendo se essere felice, inquietato o inorridito all'idea di dover rappresentare suo padre, fisicamente. Ma il Signore degli Astri, a quanto pare molto sapiente in quest'ambito, disse in risposta, annuendo ad egli:«Così pare. Forse, per qualche strano motivo a noi ignoto, Luciftias è riuscito a compiere il suo ultimo respiro, raggiungendo la tua anima. In soldoni, quindi, si potrebbe dire che tu sei in controllo del suo spirito» effettivamente una cosa del genere ricordava un qualcosa di familiare, avvenuto già ad Aesir circa cinquecento anni addietro. Ma cosa, però...? C'era stato qualcuno che, morendo, aveva affibbiato il suo sé a qualcun altro. «Aspetta, è come avvenne con Vàrzel, quando morì per mano di Morten!» ecco la risposta che metteva ancora più carne sul fuoco, da parte di Viktor. Aveva ragione: questo era già avvenuto proprio quando venne fatta annegare, inabissare assieme alla sua Nazione, prima di diventare un tutt'uno con la collana che, tutt'ora, appartiene alla sua attuale compagna, nonché consigliera ufficiale della regina Þórey, a Nuja Fjurdanggur. «Okay ma... perché? Cioè, perché darmi tutto questo, così? Non capisco. Forse sto farneticando inutilmente, e lui vuole davvero che io continui il viaggio, con lui in corpo» le idee del ragazzo erano sicuramente confuse, e non aveva di certo tutti i torti. Tutto gli stava venendo dato a poche ore dopo la morte del padre, e questo poteva risultare quasi fin troppo oltre rispetto alla sua giovane età e, ovviamente, alla giovane mente che aveva. Ma ancora, pure la Trinità ebbe compreso le reali motivazioni, con Iabes che, portando una mano esattamente sulla spada che ancora Lucifugo brandiva, guardandola proprio con quella medesima confusione mostrata fino ad ora, tutto Gli fu più chiaro, non appena avvertì un qualcosa di differente attraverso l'arma:«Direi che è proprio così, nipote. So benissimo quanto testardo sia tuo padre, e per questo motivo, lui vuole assegnarti questo compito, anche per non farti dimenticare mai chi sei per lui. È un dono davvero singolare, ma splendido, proprio come il suo titolo enuncia» il demone guardava proprio l'arma che aveva in mano, pensando davvero a cosa farne. Avrebbe dovuto combattere anche per lui, ma con lui in sé. Un po' questo lo spaventava, proprio per il peso che gli stava venendo posto sulle spalle. Trovarsi a questo punto, ad un battito di ciglia dall'affrontare chi quel mondo lo comandava col pugno di ferro, davvero lo poneva dinanzi a qualcosa che andava anche oltre la sua stessa immaginazione.
Ma se lui mostrava dubbi, poca convinzione nel poter essere un degno erede dello Splendente, proprio la sorella del defunto re, Haresya, appena tornata dal suo momento di furia scatenata chissà dove, disse, sempre con quel tono leggermente gracchiante di rabbia:«Sei suo figlio o no, Lucifugo? Lui ti ha dato tutto perché confida nelle tue possibilità, e se non lo fai tu... heh, chi potrebbe davvero farlo?» un po' poteva rivedere il padre, in sua zia: stesso carattere fumantino, devoto alla guerra e senza mai stancarsi di tutto questo. Aveva scelte, e tante, che poteva intraprendere e affrontare con chi di dovere a sostegno, ma la scelta era sicuramente più ardua del dovuto. «Dite davvero che io possa davvero onorarlo, e soprattutto... a sconfiggere Decadia?» cercava le loro risposte, a farle proprie. Era davanti ad un bivio, e non sapeva quale fosse la strada più giusta da seguire: loro erano la sua guida, ora. Ma vedendo anche la madre annuire al figlio, che guida migliore vi poteva essere se non chi lo aveva messo al mondo? «Ci conto e ci credo, figliolo. E non credere che sarai là, quel giorno, da solo ad affrontarlo. Noi ti seguiremo, anche a costo di farlo per l'eternità... e da madre tua quale sono, non posso che farlo più che volentieri» furono le parole che tanto il principino voleva sentire. Rassicurazione: quel termine che quasi pareva utopistico anche solo pensare, ora come ora... quasi sembrava più fattibile di quanto si potrebbe pensare...

Chronicles of a Sin: Divine BlizzardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora