Capitolo 41

83 4 1
                                    

"Al cospetto di te stesso"

I successivi venti minuti furono semplicemente una mattanza: Lucifugo praticamente non dava tregua a nessuno, neppure a sé stesso. Era sadico, eterno nella sua voglia di migliorarsi, e questo lo stava portando lentamente ad accrescere anche il suo sé demoniaco, il quale, sicuramente, starebbe godendo nel vedere quel prelibato sangue colare a terra, quasi volendoci fare un brindisi con esso. Cento, duecento, cinquecento di quei samurai caddero sotto i colpi del demone, e al cinquecentesimo che venne trafitto precisamente alla gola, ormai dal ragazzino dolce e innocente non vi era altro che la scocca di carne e ossa.
Il crepuscolo sembrava dare a quell'atmosfera di battaglia un sapore ancora più cupo, segno che solo la stanchezza avrebbe potuto metter fuori gioco quella furia omicida. Il respiro del demone però – affannato ma rovente come le fiamme che ormai avevano praticamente incenerito tutto il circondario –, sembrava esprimere tutt'altro che una tregua per quel giorno: non si sarebbe fermato così, non adesso. Ora, il suo sguardo puntò proprio agli altipiani che facevano da pacifico sfondo al massacro per il quale Fujika si stava macchiando sempre di più, in una cacofonia di urla, pianti isterici e risate senza controllo che mano a mano andavano ad espandersi in ogni dove della cittadina nel centro dello Shogunato. Perciò, camminando con la sua spada al seguito, e con i quattro alle sue spalle, pronti a intervenire quando sarebbe stato necessario, nell'altra Lucifugo teneva una sigaretta, fumandosela con nonchalance, quasi come se fosse una passeggiata come tante altre. Persino tra le dita in cui teneva la stecca vi erano tracce della carneficina da lui causata, e già i suoi ingranaggi giravano all'unisono, pronti a mostrare altre fasi di quella bestia che stava lentamente risvegliandosi. «Mi sa che abbiamo finito, qui. Che peccato, erano ottimi manichini: un po' troppo rumorosi, però» commentò quindi il demone dopo aver esalato un anello di fumo dalle labbra, con un accenno palese di sarcasmo dovuto alla disfida che, di per sé, non vi era mai stata. Luciftias lo guardava soddisfatto, felice che suo figlio stesse piano piano prendendo confidenza con quello che era, letteralmente non dando mai alcun segno che, forse, sarebbe stato il caso di darsi una calmata. Anzi, lo induceva a continuare. «Beh, direi che il tuo allenamento lo concluderai quando vuoi tu, figliolo. Noi saremo i tuoi assistenti, praticamente» disse infatti il giovane re infernale, ridacchiando a bocca chiusa intanto che l'altro, rivolgendo lo sguardo al padre, sorrise con un che di divertito; per una volta, era lui a dirigere le operazioni. «Oh, ma assolutamente, papà. Mi fermerò solo quando davvero mi considererò pronto, e solo allora mi concederò un bel riposino in un letto comodo... ma soprattutto con il mio cucciolotto tra le braccia» rispose quindi il demone, volgendo un momento lo sguardo anche verso il mezzo lupo, il quale sorrise in risposta, avendo compreso quando sarebbe stato il momento in cui avrebbe potuto effettivamente stringerlo a sé, perché di sicuro starebbe pensando anche a questo: Ragnar lo vedeva uccidere, trucidare, e ciò lo rendeva felice. Però, sperava in cuor suo che prendesse in considerazione anche di ricaricare quelle batterie che, attualmente, sembravano inesauribili.
Intanto, la loro marcia proseguì tra le vie di Fujika dove, fino a qualche ora prima, sembrava esserci un minimo di vita, ma ora si palesava un silenzio mortale, in ogni angolo di quella città già oscurata dalla sera che imperversava sulle loro teste. C'era ancora chi rimase fuori, ma proprio alla vista del quintetto, questi quasi preferirono farsi fuori da soli piuttosto che lasciar sé stessi alla mercé di quel mostro senza pietà, con quel sorriso dolce ma che trasmetteva un essere sadico, senza scrupoli alcuni. «Beh, Lucifugo, se a te va potremmo anche raggiungere i due Templi dell'Ordine, e lì vedremo i frutti del tuo allenamento» propose quindi Otis, indicando con un dito proprio verso gli altipiani: quelle costruzioni in pieno stile shinniano svettavano da lì, ben visibili grazie alle luci lassù installate, con Lucifugo che, mostrando i denti ancora sporchi di sangue, dovuto anche alla quantità di corpi da lui dilaniati, disse con sicurezza:«Ottima idea, Otis! Dai, andiamo. Così, per mezzanotte saremo sicuramente belli rannicchiati nel letto, a dormire» e così, con la spada che gli scomparve dalla mano destra, procedette assieme a tutti loro attraverso una zona molto più verdeggiante della città, andando sempre più in alto, lasciandosi alle spalle la zona più pianeggiante. Pur essendo una strada anche talvolta percorsa da auto, per il resto non mostrava altro che altissimi alberi d'ogni tipo, in uno scenario soltanto smorzato dalla flebile luce che la città emetteva: altrimenti, il momento horror sarebbe stato decisamente più opprimente. Ma questo a Lucifugo e gli altri non importava, e con Mikhail che, per controllare che nessuno stesse provando a ordinarli, volava tramite il demone gufo che aveva in corpo, la camminata in quell'oscurità sembrava procedere come indisturbata.
«Però, c'è da dire che stare qui a Shinigoi, con voi, mi mette davvero di buon umore. Cioè, capitemi: ho papà, il mio lupetto, il carissimo principe Stolas, e persino il figlio di Decadia in persona, al mio fianco, e questo mi rende davvero felice» commentava intanto Lucifugo, mostrando proprio un sorriso raggiante di gioia, con gli altri che lo furono a loro volta. «Aw, principe Lucifugo, non cerchi di far arrossire questo vecchio demone, gliene prego, haha» tubò Stolas attraverso la bocca del molniano, felice di come chi controllava il complesso goetico fosse a suo agio con loro. Anche il principino rise, sapendo bene che il demone gufo fosse uno sapiente su come mettere di buon umore chi gli stava accanto, sia per la sua saggezza che anche per la sua simpatia, oltre che per il carisma dovuto al suo status niente male.
Al primo cartello ove veniva trascritta la strada per i due Templi, però, quella felicità e spensieratezza sembrò tramutarsi in qualcosa di differente, proprio grazie al tubare che Stolas emise, appollaiandosi con grazia tra un ramo e il tronco di un albero. «Aspettate, c'è qualcosa qui. Ho sentito un movimento piuttosto palese, qui vicino» li avvertì prontamente lui, con i quattro rimasti a terra che si fermarono di scatto, ora raggiungendo il demone gufo. Era decisamente buio là tra gli alberi, ma comunque tutti quanti sembravano in grado di vederci perfettamente, controllando il circondario davanti a loro, apertosi in un modo decisamente cupo, mortifero. Forse anche suggestionati dallo scenario scuro, ancora quel fruscio sembrava udibile, anche se non chiaro da dove e cosa lo stesse provocando.
«Raggiungimi lassù ove voi state ascendendo, e giudicherò il tuo vero valore» furono le parole che nella testa di Lucifugo, improvvisamente, imperversarono. Sembravano dette con un tono sospirato, ma dannatamente familiare. «Vuole che andiamo ai Templi» disse quindi il demone, puntando lo sguardo proprio là dove stavano procedendo. Non aspettò un loro riscontro, ma semplicemente procedette oltre, sotto lo sguardo confuso dei quattro. Loro sicuramente non avevano sentito quella voce che gli ebbe parlato, se non lui, eppure non diede alcuna motivazione.
Finalmente in cima all'altopiano dove il primo dei due Templi dell'Ordine si ergeva, in una solennità semplicemente angosciante, quasi come se fosse un gigante di marmo, dormiente ed in attesa di essere visitato, ecco che ancora, Lucifugo sentì quella voce:«Non far entrare chi non si sente come te. Procedi oltre» a questo, egli si fermò, adocchiato dagli altri anche. Sospirò, facendo intendere che quelle parole lo smossero un poco, ma non appena afferrò la spada per il manico, disse:«Rimanete qui. Io penso a ciò che ci sta qua dentro. È quello che vuole» non ebbero il tempo anche solo di fermarlo e capire chi o cosa lo stesse trascinando là dentro perché, quasi come se fossero fantasmi per lui, il principe andò avanti, verso la maestosa struttura marmata, in silenzio. Silenzio che si perpetuò ancora, pure dentro il tempio. Era il silenzio che faceva la voce grossa, ora, dove solo il respiro sembrava far capolino.
«Allora? Dove ti sei nascosto, mh? Devo mettermi a cercare il prossimo da torturare?» disse quindi lui, con una sicurezza decisamente superiore rispetto all'incertezza di quando egli partì da Gaarekhsha. Era cambiato, e ora sembrava esser cresciuto anche sotto questo aspetto. Non passò molto tempo dalla sua domanda che, letteralmente trapassando la parete alla sua sinistra, qualcosa si fece vedere. Qualcosa che lui riconobbe istantaneamente...
«Ci vediamo, finalmente... me stesso» quel tono di voce composto, ancora giovanile ma sicuro di sé, unito all'aspetto così palesemente simile a quello del principino, ora rendevano la scena così assurda. Cioè... quello era Lucifugo? Quindi, a dirla tutta, ce n'erano due nella stessa zona. «Aspetta... com'è possibile questa cosa?! Tu non puoi essere me, non esiste una cosa del genere! E poi... sembri più grande di me»
«È incredibile questo, nevvero? Vedere come si può divenire nel corso degli anni, la capacità di prevedere il proprio futuro, rendendolo unico ed anche modificandolo a proprio piacimento... questo è incredibile» rispose quello che sembrava essere Lucifugo del futuro, o meglio, quello che si considerava come tale. L'arma che teneva tra le mani era esattamente la stessa che brandiva orgogliosamente quello attuale, ma una cosa sembrava cambiata rispetto a ciò che il figlio di Luciftias era: aveva una corona che solo su due entità aveva visto, sulla propria testa. Era dorata, con decorazioni simil fiammeggianti tutt'attorno ad essa. Ed un simbolo, uno molto riconoscibile agli occhi del demone, gli fece strabuzzare questi, sbalordito. «Quindi... tu sei me, da sovrano dell'Inferno?!» disse lui, intuendo pienamente il momento della sua vita futura, magari avvenente chissà quando, e quanto lontano rispetto al presente. Quest'altro ridacchiò, roteando la lama in una mano, con una maestria semplicemente inaudita, prima di rispondere:«Vedi, Kayo, è facile adagiarsi sugli allori quando ti viene dato tutto, e subito. Quello che sei ora, non è altro che una misera frazione del vero Portatore delle Tempeste quale sarai, un giorno» gli girava attorno, mostrando proprio un essere differente rispetto al suo sé attuale. Era sicuro di sé, anche auto-sarcastico, intanto che il piccolo Lucifugo davvero non sapeva cosa dire. Seguiva il suo futuro come se fosse una sorta di guida, con lo sguardo, senza mai muoversi del tutto. «Non credi che questo possa essere meraviglioso? Tutti i demoni prostrati ai tuoi piedi, coscienti della potenza col quale avrebbero a che fare fino alla fine dei loro giorni? Sicuramente questo ti tenta moltissimo, Kayo. Ma chi sono io per negarlo? Sei nato nella tentazione, nel voler fare sempre meglio, nello spingerti oltre i limiti che la tua mente vuole imporre su di te» e fermandosi esattamente alle sue spalle, causando un lieve sussulto al sé presente, il quale dispiegò le ali come a proteggersi da qualsivoglia tipo di imminente attacco, il Lucifugo futuro sogghignò, guardando la struttura fisica dell'altro con molto interesse, apprezzando la sua continua voglia di crescere e migliorarsi.
«Se davvero sei me stesso, allora come hai fatto a diventare il Diavolo, mh?» domandò quindi lui, con ferocia, già avendo capito un qualcosa che, se prima sembrava impossibile, ora pareva più una purissima realtà dei fatti, una formalità. Cosa c'era di sbagliato nel futuro, era più che palese. «Molto semplice... li ho uccisi. Tutti» rispose l'altro, sempre con quel ghigno beffardo stampato sul volto. Ma non durò per molto, essendo che improvvisamente Lucifugo si voltò di scatto, puntando la lama esattamente tra gli occhi di quello che sarebbe dovuto essere il suo futuro. «Loro non possono morire, feccia! Mio nonno è nato sotto una radice divina assoluta, e mio padre, beh... ne raccoglie l'eredità. Nel nostro sangue vi è qualcosa di ben superiore rispetto alla semplice potenza demoniaca: vi è consapevolezza, e una matrice divina che a quanto pare, tu non possiedi» e con l'altro che indietreggiò di un paio di passi, mentre il principino lo guardava con la morte negli occhi, questo aggiunse, gettando veleno tra quelle parole:«E se davvero tu non sei quello che ti consideri di essere... allora cosa sei davvero? Un altro degli oracoli di Decadia, non è così?» ed ecco che la maschera venne fatta cadere, con quello che si spacciava per Lucifugo che comunque non fece cedere il suo sorrisetto, ma lo mantenne fermo, infinito. «Beh, se vuoi scoprirlo... affrontami, e sicuramente la verità verrà a galla, Kayo» e così, teletrasportandosi più indietro rispetto alla posizione precedente, ecco che la figura si mostrò nuovamente sicura di sé, fronteggiando Lucifugo a viso aperto, puntando quella stessa spada che brandiva a sua volta, diretta al volto. Non ci pensò due volte a fare sul serio, e il demone, quindi, iniziò l'assalto nel modo più semplice ma cruento possibile: faccia a faccia, ad armi pari. Ogni fendente veniva parato prontamente, ed ogni contromossa veniva a loro volta prevista ed evitata dal principino, il quale seriamente stava dando tutto per rivelare l'identità di chi lo stava affrontando. Da fuori, i quattro potevano anche sentire il rumore metallico delle due spade ma, stranamente, sembravano come invisibili, gli sfidanti. Solo la mente poteva realmente mostrar loro l'andamento della lotta, ma gli occhi ancora non riuscivano a seguire essa, rivelando il vuoto del tempio, e nient'altro.
Lucifugo era ovunque e andava ovunque potesse: volava da una parete all'altra come se fosse un pendolo, e talvolta facendo come la rappresentazione di un pipistrello, rimanendo appeso al soffitto del luogo di culto dello Shogun, con la coda avvolta alla trave di mezzo che sorreggeva tutto il resto. «Heh, per essere un falso me del futuro, ci sai fare... ma non basta, e mai basterà contro di me» provò quindi a provocarlo, stando maestosamente ad ali aperte, anche a testa in giù, mentre l'altro lo osservava coi piedi per terra, sempre mantenendo quella convinzione irritante sul volto. E proprio quando egli sbatté quelle grandi ali demoniache, una folata di vento rovente si alzò all'interno del tempio, passando dal fresco della Nazione shinniana ad un calore decisamente infernale, oltre alla potenza di quel vento che andava forse ai limiti di quello che un vento di bora saprebbe raggiungere. Però, pur sembrando un qualcosa di fatto unicamente per intimidire lo sfidante, ecco che qualcosa avvenne, e che stavolta poterono notare anche da fuori: quel vento stava come tagliando il pavimento come se fosse burro, irrimediabilmente facendo crollare l'intera struttura su sé stessa, verso il centro. Il campo di battaglia ora si ampliò alla vista loro e del quartetto, rimasto sbalordito alla vista di quel giovane demone, con un'aura violacea che mano a mano stava divenendo più luminosa della luna stessa. Anche l'altro aveva un alone lucente attorno al corpo, ma questo si mostrò come grigio, morto, ed anche se questo sembrava palesemente ferito a causa della quantità di macerie che si era preso addosso, ancora si reggeva in piedi, o meglio... nel niente. Sì, perché sotto di lui vi era un enorme crepaccio che portava chissà dove; ove le fiamme si alzarono dal centro del pianeta, sempre più imponenti, in un muro di fuoco che sembrava non mostrar fine.
«Ancora non molli eh? Beh, per essere, tu, un Oracolo, ti ho sicuramente sottovalutato» ma lo sguardo coperto dall'aura sovrannaturale che lo avvolgeva, mostrava ben altro, con Lucifugo che si fece nuovamente avanti, seguito da un grande sigillo di fuoco che gli si formò circa al petto: il Sigillo di Lucifero. «Non sei altro che la progenie più giovane dei Morningstar, eppure ti mostri come se fossi il dio di tutto questo. Li hai mandati via, e non provi rancore dinanzi a tale decisione» tali parole smossero solo le labbra del demone, in una smorfia causata dalla caratura di queste. Però, una cosa sorgeva come strana, e Lucifugo l'aveva subito notata:«Aspetta, come fai a sapere che ho preso la decisione di lasciar 'a riposo' quasi tutti loro?» ma proprio nel momento in cui ampliò la sua vista, davanti a sé, ecco cos'era che non tornava. Otis, con loro, non c'era, e ciò non poteva far altro che accendere una scintilla nella mente del demone. «Volevo metterti alla prova, Lucifugo. Volevo vedere se fossi in grado di fronteggiare un Decadia, uno vero, prima di farti affrontare mio padre. Lo so, mi dispiace di aver messo su una cosa così blanda, ma non mi veniva in mente nient'altro» anche la voce era cambiata rispetto a quella di Lucifugo, forse più adulta e meno squillante. Rassicurato dal fatto che non fosse altro che una prova messa su per verificare la vera potenza che avrebbe potuto raggiungere, egli mostrò un leggero sorriso, prima di vedere come il figlio di Decadia tornò nella forma con la quale avevano sicuramente più dimestichezza. «Beh, ti ringrazio allora, Otis. Devo ammettere che sei esattamente come tutti ti descrivono, in battaglia» e con l'altro che quindi, diede un colpo di pura intesa alla spada di Lucifugo, con la propria, ormai divenuta effettivamente quella che si portava raramente dietro, disse in risposta:«Heh, non avevo dubbi che, comunque, saresti stato in grado di mettere in difficoltà il principe di Decadia, così. Non dico che sei pronto ad affrontare lui, però ammetto che ci sai fare»
«Che onore» replicò il figlio dello Splendente, rinfoderando l'arma prima di passare oltre, a rassicurare gli altri che egli stava totalmente bene. Lo applaudirono, sempre con quell'aura inumana ad avvolgerlo come un mantello di luce, e mentre Lucifugo si trovò Ragnar addosso, a complimentarsi fisicamente con il compagno, ecco che il padre del demone disse, mostrando un sorriso di puro orgoglio:«Non ho più parole per descrivere quello che stai diventando, figlio mio. Stai crescendo, e si vede, e stai pure potenziandoti sempre di più. Mi sa che, il fatto di come siamo noi a dover prendere esempio da te, sia più che palese» il figlio lo guardò praticamente con una luce gioiosa negli occhi, ed intanto che lasciò andare il mezzo lupo per ricevere le attenzioni anche del padre, egli rispose a questo:«Ho preso dai migliori, dopotutto» e così, con Otis che rimase un attimo in disparte, ad osservare quel gruppetto così felice del piccolo Lucifugo, un po' doveva ammettere di sentirsi contento a sua volta, per lui. Una volta tanto, aveva cercato di aiutare in maniera più che decisa e seria, e questo non faceva altro che farlo sorridere.
Ma poi, notando proprio il principe avvicinarsi al figlio dell'Erdester per eccellenza, egli inarcò un sopracciglio:«Mh? Che c'è, Lucifugo?» non ricevette alcuna risposta, ma solo un abbraccio forte, da amico. In un primo momento non sembrò in grado di reagire, sorpreso da questa dimostrazione di affetto da parte di chi, fino a qualche giorno prima, avrebbe dato la vita per farlo fuori, ma ora era lì, ad avvolgere le braccia attorno al Decadia, come se fosse uno qualunque. «Ti ringrazio, Otis. Davvero, se non fosse per te e questa tua prova improvvisata, probabilmente sarei stato umiliato da tuo padre. Ora ho capito come fare, ma di certo avrò bisogno di allenarmi ancora, fino a che non metteremo piede a Kamigami» disse quindi il Principe dell'Inferno, mostrando sincerità nelle sue parole. Otis mostrò un sorriso che, per il suo essere artificiale, codificato, sembrava davvero un qualcosa di voluto, replicando intanto che le sue braccia avvolsero strettamente il demone:«Sappi solo che non sarò l'unico ad aiutarti. Sai... sono io a gestire gli Oracoli, quindi direi che potrei quantomeno convincerli a darti qualche dritta. Lo so, il rischio per me, sarà proprio quello di venir cancellato ma ehi, tanto vale provare, no?» l'altro annuì quindi, comprendendo tale offerta, ed accettandola di buon grado. Certo, anch'egli sapeva che rischio, Otis, stava correndo, di fatto mandando tutti coloro che servirebbero ciecamente Decadia, contro questo. Ma notando la sicurezza nel tono, e nello sguardo, allora era chiaro che il ragazzo non sarebbe stato smosso nelle sue idee.
E così, lasciando quell'altopiano – diviso in due e con le macerie del tempio che ancora andavano a riempire il crepaccio, la prossima destinazione sembrava più che ben impressa nella mente di Lucifugo e degli altri. Magari non sarebbe ancora Kamigami, ma qualcosa che lo avrebbe aiutato ad accrescere la sua forza, sicuramente...

Chronicles of a Sin: Divine BlizzardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora