Capitolo 45

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"La prima mela non si scorda mai"

L'infinito verde che sovrastava ogni colore di quella vitale tavolozza, letteralmente, ne prendeva una grande percentuale, lasciando quasi il niente ad altre cromature. Sembrava quasi un enorme, immenso parco in mezzo al freddo dello Shogunato, coperto da quiete, un silenzio decisamente piacevole. «Lo chiamerei un piccolo Eden shinniano, questo» commentò Luciftias, memore di luoghi a lui familiari. In effetti, non sembrava tanto dissimile dal leggendario Giardino, proprio per come la natura pareva prevalere sull'uomo, lontano dal dolore lancinante che ogni giorno proverebbe. Non vi erano strade asfaltate, ma un complesso sistema di radici dovute agli alberi attorno; e che dire del circondario, così rigoglioso e magnifico, urlante perfezione. «É un bel posticino però! Così tranquillo e piacevole da visitare» disse quindi Mikhail, guardandosi attorno e lasciando che pure Stolas potesse confermare quanto detto dal ragazzo. Era tutto così ben tenuto, come se Madre Natura non avesse mai voluto nessuno che toccasse questo piccolo pezzo di paradiso. Poi però, fermandosi all'ombra di uno dei tantissimi ciliegi che, a mo' di macchie, davano un colore più rosato al luogo, Luciftias si voltò verso gli altri, ricordandosi delle parole della madre:«Da come ricordo, però, mia mamma ha detto che avremmo trovato Haresya, qui. Mi fa strano che sia venuta a Shirya, ma sicuramente mi farebbe piacere vederla dopo un bel po' di tempo» pur da re quale era, lo Splendente mostrava comunque un accenno di volontà nel stare accanto alla sorella, e con Lucifugo che gli stette accanto, allora ripresero la marcia, sperando di percepire l'energia di Haresya quantomeno in tempi ragionevoli.
Il loro percorso sembrava anche piuttosto lineare, senza nessuno che potesse disturbarli o peggio, ma soltanto loro e la natura a tenerli compagnia. Un po', quella sensazione di tranquillità l'avevano pure provata a Raijiō, ma non in questo modo così naturale. Camminando quindi tra quei paesaggi sicuramente più curati del massacro di Hadoka o anche il genocidio di Fujika, Luciftias iniziò a sentire qualcosa, a percepire una forza a lui familiare. «A quanto pare ci stiamo avvicinando. Percepisco dell'energia demoniaca, molto simile alla mia» disse quindi al gruppo, e mentre procedevano ancora oltre, l'aura sembrava farsi quasi visibile ad occhio nudo, anche se ben distante dal rivelare il possessore di questa. Sembrava vicino quanto lontano, eppure era chiaro che non stessero così distanti da chi avevano in obiettivo di cercare, praticamente con lo Splendente che faceva quasi da metal detector per l'aura stessa.
Giungendo in un punto piuttosto centrale, giacché si apriva in una grande prateria, soltanto occupata da un grande albero abbastanza insolito, in quanto molto più grande e possente rispetto ad altri visti in precedenza, e soprattutto, molto differente da questi anche nella composizione, ecco che Luciftias puntò proprio a questo:«Ma mia sorella che vuole fare il cosplay di Eva, ne vogliamo parlare?» commentò lui con fare sarcastico, proprio notando qualcuno di spalle rispetto a loro, parlando a quello che sembrava essere un grande esercito. Erano qualche centinaio, e dalla voce femminile e autoritaria, ferrea, il figlio del Diavolo comprese totalmente l'identità di questa.
«Allora, sono passate già due ore, e ancora non ho visto uno stralcio di buon risultato. Io non voglio cazzi mosci come miei futuri uomini, ma il meglio del meglio!» la voce squillante della ragazza sembrava come riecheggiare nella prateria, e mentre il suo essere inumana veniva esplicitato anche da come i suoi capelli, vibranti di un rosso fuoco letterale, in quanto letteralmente di fuoco puro, si muovevano come l'eterna gabbia dove le anime dannate sarebbero rimaste a soffrire per il resto dei loro giorni, ognuno di quelli che stavano al suo servizio, guardavano ella come se fosse il demonio in persona. Non fiatavano, ma mantenevano la riga precisamente, con le armi parallele al fianco, in attesa di ordini da parte sua.
«Vado io, poi mi raggiungerete tra un attimo» disse quindi Luciftias agli altri, procedendo da solo verso la ragazza ed il suo esercito. Ella non si accorse della sua presenza, ma notando un dito di uno di quelli in prima fila, indicare proprio lui, questa si voltò con uno sguardo confuso, che andò scemando in un istante alla vista dello Splendente. Era sorpresa, ma contenta come una pasqua. «Fratellone!» disse quindi la ragazza, mettendo da parte il suo animo guerresco, stringendosi tra le braccia del diavolo. Egli ridacchiò, potendo finalmente sentire la presenza della sorella al suo fianco; disse quindi, mostrando un sorriso:«Come sta la carissima principessa degli Inferi, nonché la mia cara sorellina?» Haresya gli diede uno scherzoso pugnetto sul braccio, replicando con un sorriso raggiante:«Alla grande! O meglio, solo perché ci sei tu, non per quei fogli di carta di uomini che sto cercando di allenare e reclutare qui a Shirya. E tu invece, sua altezza?» sapeva che Luciftias non gradiva tantissimo di farsi chiamare tramite titoli nobiliari, in quanto decisamente più umile di quanto ci si potrebbe aspettare da uno come il re ereditario dell'Inferno, ma comunque ridendo divertito, e dicendo a sua volta:«Si va avanti. E immagino che questi siano dei buoni a nulla: li stai prendendo dallo stesso posto dove mio figlio li ha tipo massacrati senza sforzo» e così, voltandosi verso gli altri, questi si avvicinarono ai due. Haresya poteva sicuramente riconoscere il nipote, Lucifugo, il quale la guardava gaudioso, e lo stesso valeva anche per Àrsæll, mostratosi dal corpo di Ragnar per convenienza e dimostrazione di fedeltà anche ad ella, ed anche per Stolas. Certo, Otis era più una novità per lei, ma comunque sorridendogli, mostrando un che di amichevole allo sguardo, per tutti. «Sapevo che mio nipote sarebbe diventato un piccolo mostriciattolo, eheh!» disse quindi la ragazza al principino, il quale annuì in risposta, cercando quantomeno di mascherare il suo ancora persistente sconforto dovuto allo scontro contro Lucifero. «E così, te saresti la sorella minore di Luciftias. Beh, sicuramente sei una dall'animo focoso come lui» disse Otis, riconoscendo qualche similitudine tra i due fratelli, e con lo Splendente che cinse un braccio attorno alle spalle della sorella, l'altra disse:«Posso confermare che Luci ha un'energia per quanto riguarda la lotta semplicemente inesauribile. L'ho visto combattere anche per giorni interi, senza mai accusare la stanchezza. Per questo sto cercando di stare al suo passo, in qualche modo» anche il fratello maggiore rise alla sua spiegazione, convenendo pienamente che le sue ragioni di voler migliorare erano di certo nobili, di ammirazione. «A proposito di questo, Hare, avrei bisogno di un consiglio da parte tua. Essendo che tu hai avuto modo di collaborare tanto con Crocell, il quale è un esperto in un certo tipo di possessioni o patti, sicuramente avrai appreso qualcosa anche da lui, no?» ella annuì semplicemente, e con Luciftias che quindi la portò un attimo altrove per discutere, già nella mente del figlio vi era un che di preoccupato. Sapeva che era riguardante lui la questione, e sapere che, prima o poi, tutti quanti avrebbero compreso cosa stava accadendo al demone, di certo non era tanto una cosa da ridere.
Così, appostandosi dal lato opposto del grande albero, così da non farsi notare, Luciftias guardò la sorella con serietà, prima che questa domandò:«Quindi? A cosa ti serve la conoscenza sui possedimenti? C'è qualcuno che ti sta dando fastidio in questo periodo?» ma lui scosse rapidamente il capo, replicando:«Sarebbe meglio ma no, non è così. È riguardante mio figlio, Lucifugo. Da qualche giorno a questa parte, sta diventando sempre più "instabile", vede la lotta come una formalità, oltre che un piacere decisamente sadico. Che poi, sapendo che ha sconfitto pure nostro padre, o meglio, massacrato, questo potrebbe aiutarti a capire quello che noi stiamo vivendo attualmente» a quelle parole, soprattutto riguardante il soggetto e quello che aveva fatto all'Inferno, Haresya sbarrò gli occhi, colpita quanto esterrefatta. «Lui ha fatto cosa, fratello? Ovvio che è strano, anzi, preoccupante» rispose, sporgendosi oltre il tronco per osservare il nipote, il quale si guardava attorno, in silenzio; era l'unico che non parlava, come se in certi momenti diventasse una sorta di fantasma ma visibile. «Ecco. Io ho bisogno del tuo aiuto per capire meglio chi o cosa stia riducendo mio figlio in una macchina da guerra, e fermarlo prima che davvero possa condurlo verso la fine di tutto quanto. È un semidio dopotutto, e so benissimo quanto potente può diventare» disse quindi lo Splendente, facendo trasparire la sua palese preoccupazione nel tono.
Haresya poteva ancora notare la relativa assenza negli occhi di Lucifugo, quasi come se cercasse lo sguardo di qualcosa che non stava lì, con loro, e ciò poteva rifarsi a qualcosa che andava qualsiasi concetto di entità. Sicuramente era qualcosa di molto potente, non c'era ombra di dubbio. «Va bene, vedrò cosa posso fare con lui. Non ti dispiace se lo prendo un attimo in disparte?» e con Luciftias che semplicemente fece cenno col capo di fare quello che era necessario, Haresya quindi sbucò da oltre il tronco, facendo ad ampi gesti con una mano al nipote, di avvicinarsi. Confuso, quindi, egli raggiunse la zia, mentre il padre di lui tornò dagli altri.
«Dimmi zia, come mai hai chiamato solo me, qui?» domandò il principino, mentre l'altra, sorridendo, scompigliò un poco i capelli del nipote, dicendo quindi:«Beh, prima di tutto perché mi mancava vederti, nipotino. E poi, avevo bisogno di te unicamente, per parlarti di una cosa» e poi, con Lucifugo che annuì, ella riprese a parlare, sempre tenendo un tono ed una calma tali da non causare sconforto ad egli:«Da quanto ho capito, hai letteralmente devastato mio padre, non è così? Come... ti sei sentito in quel momento? Hai visto quello che avevi fatto?» sapeva che sua zia avrebbe chiesto proprio questo, senza girarci troppo attorno. Ne aveva già parlato e patito abbastanza di ciò, e così, anche per tagliar corto, disse:«Zia, capiscimi: io non so cosa sia successo in quel momento. Ho visto nero per non so quanto tempo, e poi è successo quello che tutti voi sapete» con Haresya che sospirò, sembrava aver compreso molte cose sulla reale intenzione del nipote. Lo guardava come se lo stesse studiando, cercando proprio dei modi per fargli sputare il rospo, totalmente. «Mhm, beh è singolare come cosa. In quanto figlio di mio fratello, e della Dea delle Tempeste in persona, hai comunque una grande eredità anche in fatto di carattere e potere. Sarebbe molto difficile trovarsi in una situazione del genere, per uno come te. Però, la cosa che non capisco è questa: dicendo che avesti visto un momento di vuoto totale, vuol dire che tu non ricordi nemmeno come sia andata la lotta, giusto?» annuendo quindi, ella sembrò farsi uno schema mentale delle domande da porgergli, con tante risposte che stavano via via venendole in mente. «É quasi come se tu fossi stato controllato da qualcosa o qualcuno. Cioè, non mi aspetterei che tu, per qualche strano motivo, abbia subito un qualcosa del genere» a quell'ipotesi, per un attimo, Lucifugo sembrò sentire un brivido di timore percorrergli la schiena, ed un nodo gli si venne a formare in gola. Sembrava come spaventato all'idea di aver subito qualcosa di questo tipo, e di certo non avrebbe avuto neppure il modo di difendersi né di ammetterlo: di fatto, non lo sapeva nemmeno lui cosa aveva davvero. «Ne sei sicura? Pensi davvero che io sia sotto il controllo di... qualcuno?» domandò quindi lui, con un filo di voce, mostrando proprio la tensione che lo stava mano a mano affossando. Haresya si appoggiò con un braccio contro l'albero, e guardando il nipote, replicò:«Ahimé, può essere come no. Non nego il fatto che possa anche essere dovuto al tuo essere demoniaco, ogni tanto andante fuori controllo a causa del tuo potere decisamente elevato, ma non escludo anche quella possibilità» l'altro deglutì rumorosamente, avendo inteso proprio come fosse seria su ambedue i casi. Ora temeva davvero sé stesso o chissà che cosa stesse rendendo lui un mostro senza scrupoli. Ma la mano di Haresya, posatasi sulla spalla del nipote, sembrava lenire un minimo quella paura, con ella che disse:«Ma non temere, nipotino. Sei fortunato ad avere anche qualcuno che ti sta accanto, e pure un padre così protettivo come mio fratello. Magari lei non è molto presente a causa dei suoi impegni, ma sappi solo che entrambi, e me compresa, vogliono che tu sia libero da qualunque cosa tu abbia» la smorfia che fece Lucifugo mostrava pienamente la sua incertezza. Certo, Haresya aveva pienamente ragione a pensare positivo o comunque ad alleviare i sensi di colpa del nipote, ma attualmente se ne avesse avuto la possibilità, si sarebbe nascosto dagli sguardi di tutti. «Se lo dici tu» mormorò lui, e con Haresya che quindi si allontanò di un paio di passi, fece intendere con un cenno al nipote di mettersi in posizione. Non aveva compreso il perché, ma se ella sembrava intenzionata a fare qualcosa, allora tanto valeva assecondarla.
Perciò, stando esattamente dove la demonessa voleva, lei chiuse gli occhi e, prendendo un amuleto che solitamente teneva agganciato al fianco, lo puntò dritto al volto di Lucifugo, dicendo con tono quasi sospirato, inudibile:«Sei davvero tu quello che sta attualmente parlando con me, Kaiyo Lucifugo Morningstar?» sembrava intimidito, stranamente. Era chiaro che a lui, questo, ricordava tanto un esorcismo ma diretto al demone e non al corpo ospite, e ciò sarebbe stato ancora più doloroso per il principino; però, almeno, non sembrava come egli avrebbe dedotto. «Sì, sono io. Non v'è nessun altro qui» e a quelle parole, l'amuleto prese a scintillare di rosso, come ad indicare che egli stesse chiaramente mentendo. «A quanto pare non sei così sincero. Con chi sto parlando?» disse lei in risposta, sempre non aprendo mai gli occhi ma concentrando la sua energia proprio in tale artefatto. Lucifugo sembrava come stato catturato da quel bagliore, quasi ipnotizzato da questo. Ci mise un po' a rispondere, perché in totale catalessi ma, proprio nel momento in cui sembrava star per emettere la sua risposta, invece di farlo, vi fu un momento in cui accennò un timido ringhio. Haresya però, non vacillò a sentir ciò, e continuò ancora:«Ripeto... con chi sto parlando, se davvero l'identità non è quella di mio nipote?» vi fu un momento in cui Lucifugo, ancora, sembrava voler replicare a sua zia, ma ciò che ne venne fuori fu soltanto un rantolo molto singolare, per poi ringhiare come di paura. Non si era mai trovato in una sorta di esorcismo prima d'ora, in prima persona, e non sapeva effettivamente come reagire a questo. Ma, quando sembrava davvero impossibilitato a dare la sua risposta, proprio in quel momento un tuono fece quasi tremare la terra... col cielo totalmente sereno. Anche gli altri accorsero perché, logicamente, questo era tutto fuorché normale. Lucifugo si era accovacciato a terra, davvero impaurito a ciò che stava avvenendo, ma Haresya rimase impassibile, anzi, stavolta alzando il tono della voce:«Rispondi, chiunque tu sia, o ti estirperò da questo nobile corpo, direttamente» ora però, l'unica cosa che stava tremando era proprio il principino, rimasto con la testa tra le ginocchia, spaventato, terrorizzato da quello che stava accadendo.
Luciftias quindi, anche per rasserenare la cosa, si fece accanto alla sorella, dicendole:«Hare, fermati, lo stai solo spaventando a morte così» rassegnata ad ascoltare il fratello maggiore, ella aprì gli occhi e, rimettendo l'amuleto dove prima stava, sospirò con fare sconfitto. O meglio, qualcosa lo aveva compreso, ma non aveva trovato un nome né un volto di chi avrebbe potuto rendere Lucifugo un qualcosa di così letale. Intanto, lo Splendente quindi andò anche affianco al figlio e, avvolgendolo in tutte e sei le sue grandi ali dorate, sussurrò ad egli:«É finito, tranquillo, amore di papà. Voleva solo verificare che tu fossi... beh, tu» avvinghiandosi quindi addosso al corpo del padre, quasi a mo' di piovra, Luciftias lo poteva sentir tremare di paura, singhiozzando sulla spalla di questo. Ora, il suo titolo da re veniva decisamente meno, ma solo il suo essere paterno avrebbe fatto il proprio lavoro. Lo strinse a sé, lasciando che sfogasse il suo essere decisamente impaurito; non gli importava di aver poi l'abito bagnato delle sue lacrime. Almeno, era sicuro che quello che ora piangeva sulla sua spalla era proprio suo figlio, e nessun altro. «Sei il principino che, da qui fino in eterno, rimarrà sempre l'orgoglio mio e della mamma. Luci, sai benissimo quanto pagherei per vederti al sicuro da ogni tipo di minaccia» disse ancora al giovane demone, sfiorando le corna del figlio con una mano. Sapeva che ciò lo apprezzava e non poco, e lo si notava da come agitava la coda. Gli diede un'occhiata, per vedere quantomeno se stesse tutto questo migliorando il suo umore, oltre che tranquillizzarlo, e così, anche per farlo sorridere un pochino, decise di fargli il solletico sotto il collo, usando una delle sue soffici ali. Lo sentiva ridacchiare, e a ciò semplicemente lasciò che fu questo il modo per farlo rilassare, tranquillizzare.
Intanto però, qualcosa stava avvenendo altrove, o meglio, dove Haresya stava procedendo, da sola, come in cerca di qualcosa che aveva catturato la sua attenzione. Puntava l'indefinito all'orizzonte, brandendo una grande falce che poi si illuminò di un rosso come lavico, fiammeggiante, e muovendosi nel silenzio. C'era della tensione nell'aria, ma la freddezza con la quale la sorella dello Splendente si mostrava, sicuramente, era dovuta proprio alla sua abitudine alle stranezze ed alle minacce.
Pertanto, giunta in un luogo abbastanza separato rispetto a dove si trovava in precedenza, notò qualcosa che, a primo impatto, sembrava quasi un'anomalia rispetto al posto rigoglioso e sempre fiorente che prendeva tutta la regione del Shimarasu. C'era quella che sembrava essere un piccolo santuario, decisamente meno curato rispetto ai Templi dell'Ordine, ad esempio. Sicuramente era lì da molto più tempo, ma stranamente dava altresì l'idea di esser ancora frequentato. Haresya quindi, noncurante del punto piuttosto inusuale nel quale adibire un santuario, decise di farsi avanti, sempre con la lama della falce appoggiata contro una spalla, e quando il primo passo fu compiuto all'interno di questo, ecco che poté vedere la reale identità di tale luogo. Se da fuori pareva trasandata, quasi pericolante e di fatto inagibile, al suo interno davvero sembrava di essere in un'altra dimensione: era bellissima, con tantissimi cimeli e piena d'oro, quasi a fontana, che ricopriva le pareti interne. Ma quello che vide davanti a sé fu ciò che la fece mettere in guardia, ossia quel qualcuno che stava lì, e chissà da quanto tempo. «E tu chi sei, adesso?» furono le parole che ella disse, puntando con sicurezza la sua arma e, pronta ad attaccare quando sarebbe stato il momento, non era chiaro davvero cosa disse l'altro. Era molto confuso, quasi come se la voce gli stesse venendo meno, ma quel poco che si poteva intendere, almeno, dava una vaga parvenza di senso per tutto il resto:«No– se––e sap–rlo» e con la demonessa che fece un passo avanti, studiando qualsiasi tipo di movimento che potesse risultare minatorio, ella poteva notare una cosa singolare, riguardante i suoi occhi: sembrava morto, ma vivo allo stesso tempo, essendo che questi erano vitrei, senza nessun colore se non il vuoto della morte. E comunque lei non avrebbe accennato alcun tipo di smorfia timorosa, ma solo il coraggio sembrava avvolgerla come se fosse uno scudo contro tutte le altre emozioni. «E io pretendo saperlo, qui e ora. Parla, prima che ti faccia provare questa lama, fisicamente» disse ancora, avanzando lenta come il Tristo Mietitore, mentre anche le sue corna si accesero di quello stesso colore lavico che pure la falce aveva. Ma l'altro emise un rantolo simile ad una risata soffocata, e mettendosi a braccia aperte, rispose sempre nel suo modo spezzettato:«F––lo. Ti sf––o» e quindi, notando proprio la sua indifferenza ai toni minacciosi, Haresya ringhiò di pura rabbia, prima di assaltarlo frontalmente ma, con sua sorpresa, vide tutto quanto sparire davanti ai suoi occhi, anche la figura stessa, prima di ritrovarsi inginocchiata a terra, davanti al gruppo. Era senza parole, e guardava il terreno come se davvero non riconoscesse il posto in cui si trovava. «Ma che– ma io... ma che diavolo ci faccio qui?!» domandò lei, mentre gli altri la guardarono abbastanza straniti dalla sua improvvisa apparizione tra loro. Sapevano anche questi che ella era andata là dentro, ma non era chiaro come fosse possibile che ciò fosse accaduto. Scosse il capo, come a cercare di non pensare troppo a quanto accaduto, prima di ritirare la sua falce dietro di sé, e rialzandosi da terra, disse ai cinque:«Mi sa che abbiamo qualcosa di ben diverso e peggiore di quello che pensassi»...

Chronicles of a Sin: Divine BlizzardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora