"Uno spettacolo senza fine"
Err–1:{spectacle_not_found}Vi era ancora un po' di shock regresso, dovuto a quanto avvenuto davanti al cinema, con Otis che, invece, chiacchierava tranquillamente col suo amico Ayeshi, noncurante del timore col quale gli altri lo guardavano. Era normale averne, soprattutto dopo una dimostrazione di potere così impressionante. Perciò, notandoli tutti ammutoliti, il Decadia disse loro:«C'é qualcosa che posso fare, per farvi tornare il sorriso sulle labbra?» sembrarono esser stati privati anche di ogni tipo idea per placare quel momento di terrore reverenziale nel quale si trovavano. Davvero, se pure le entità sembravano inquietate a ciò che avevano appena assistito, allora era chiaro che Otis avesse fatto un lavoro decisamente macabro. «E va bene, se volete rimango lontano dalla vostra vista, così vi calmate» disse quindi lui, pur se amareggiato da questo. Già sapeva che avevano tutte le ragioni per diffidare del ragazzo, ma anche mandarlo via per paura sembrava quasi un insulto per lui. Anche il suo volto così normalmente allegro, vacillò a quel pensiero. «No no, non abbiamo detto che te ne devi andare, Otis, tranquillo» rispose quindi Viktor, cercando almeno di sfruttare il suo essere teatrale per mostrarsi più calmo nei confronti del figlio dell'Erdester. Un po' a questo, egli sorrise, dicendo quindi, sempre con quella punta agrodolce di delusione:«Sapete... neppure a Decadia sono così tanto amato, pur essendone il principe. E non per via di quello che avete visto, ma proprio perché mi evitano a causa del mio status» c'era tanta amarezza in quelle parole, quasi risentimento per il fatto di come si sentisse emarginato anche dalla sua stessa gente. Abbassò anche lo sguardo a terra, prima di sentire una mano posarsi sulla sua spalla, e non sembrava neanche quella di Ayeshi, ma molto più calda. «Da pari principe, Otis, posso dire che io sono stato molto tempo da solo a causa della mia giovane età. Non so cosa si prova a venir emarginati dalla propria gente, ma so cosa si prova a sentirsi considerati per il proprio status e basta» il fatto che Lucifugo stava cercando di rassicurare il Decadia, così, faceva sì sorridere, ma anche quasi scalpore. Certo, lui, essendo così giovane, avrebbe provato un minimo di compassione in più, ma comunque stava facendo questo con chi avrebbero davvero trucidato nei modi più creativi e dolorosi, senza mai finire. Otis lo guardava, non sapendo come reagire a tale risposta, né come considerarla. Era sorpreso da ciò, ma non poteva negare che gli facesse piacere di avere qualcuno che comprendesse i suoi patemi. «Lucifugo, almeno tu, però, hai letteralmente gli Inferi dalla tua, e sei persino il capo di un intero complesso, nonché quello goetico, dal quale mio padre proviene. Io, oltre alla famiglia, e poc'altri, sono decisamente solo» rispose allora il ragazzo, facendo valere le sue ragioni, non credendo che paragonarsi al figlio della Tempesta e del re ereditario dell'Inferno fosse la scelta migliore da fare. Dopotutto, erano decisamente su due binari differenti, che non si sarebbero mai incontrati neppure ad uno scambio. «Ma almeno sei qui, ed hai pure la possibilità di riscattarti dopo i macelli che hai causato ad Aesir e poi qui a Shirya. Ma solo se, beh, lo vuoi tu» disse quindi il principino, comunque rimanendo fermo nelle sue idee. «Mio nipote ha ragione: magari potresti aver fatto cazzate per migliaia di anni, ma se davvero ti senti così solo, allora tanto vale che ti comporti bene, no?» aggiunse Lucifero, passando affianco al nipote, intanto che Otis guardava i due con un accenno di rispetto, riverenza nello sguardo. «Magari potrei anche farlo, assolutamente. Ma rimango comunque figlio di Decadia, e di certo non diverrò buono così, di punto in bianco, ricordatevelo» annuì quindi in risposta alle loro richieste, ma comunque mai dimenticando quello che era realmente. Uno come lui non avrebbe mai raggirato la sua stessa famiglia, non se il capo di questa, era letteralmente uno tra gli esseri più potenti che siano mai esistiti. Così, quando Otis poté almeno rassicurarsi di avere un minimo di compassione dal gruppo, allora questi poterono riprendere la loro camminata per le vie di Raijiō, sempre con centinaia di occhi puntati addosso, dopo quanto avvenuto nei pressi del cinema; ormai, avrebbero dovuto farci l'abitudine, pur essendo totalmente, o quasi, estranei alle intenzioni di quei mercenari.
Quindi, percorrendo tutta la parte a nord della città shinniana, giunsero ad uno di quei tanti templi lì edificati e consacrati, con questo che, però, sembrava anche decisamente diverso dagli altri, tutti devoti all'Erdester del Fato. Infatti, aveva tanti tratti dorati, a differenza di quelli solitamente bianco candido, e con alcune gemme incastonate, rubini per essere precisi, davano la sensazione che fosse per qualcun altro. «Questo posto, sicuramente, è molto familiare e legato a te, Otis, nevvero?» domandò Ayeshi al ragazzo al suo fianco, con questo che annuì, facendo da sé il primo passo verso quel luogo sacro che, francamente, aveva molto senso per essere qualcosa di strettamente legato al padre di egli. «Ricordo che papà volle a tutti i costi far edificare almeno un santuario o qualcosa di commemorativo per la creazione per la quale aveva dato tutto. Se non sbaglio, però, non ha mai fatto ciò ad Aesir» guardando quindi proprio i diretti interessati, questi annuirono in risposta, con Morten che, replicando al suo ex Scarlatto, disse:«Avendo avuto modo di "lavorare" per lui, sì, confermo che ha sempre evitato di agire in modo egocentrico su Aesir. Ancora non mi è chiaro il perché, ma se tutti lo considerano un poco di buono nei confronti della nostra Erdester, un motivo ci sarà» Otis, di per sé, sapeva le ragioni sopra indicate, con questo che sospirò, prima di dare un'occhiata al tempio, aprendo con calma il portale che li avrebbe condotti dentro. «Da quello che so, ahimè, papà e Aesir non sono mai andati d'accordo. Forse per via della sua giovane età, però lui l'ha sempre vista come... troppo ingenua per il ruolo che ella ricopre» disse quindi il Decadia, cercando di mantenere un profilo piuttosto basso e sincero nei confronti di un'altra divinità decisamente importante come Aesir. Sapeva com'era, e sicuramente di farla arrabbiare non se ne parlava affatto, pur sapendo quanto pacifica era, normalmente. «Mah, da quanto ricordo, la nostra Erdester ha sempre fatto di tutto per il continente, anche se nel silenzio. Non so come la possa prendere Decadia in merito, però ci è sempre sembrata una dea assai potente e degna di rispetto» Viktor, con queste parole, sembrava quasi voler provare a difendere Aesir e farne risaltare le ottime qualità che ella aveva, da Erdester della Vita.
Ma comunque, non appena furono tutti dentro, Otis si guardò attorno per un istante, inspirando quell'aria satura di energia divina e chissà che altro. «Stare qui, mi fa sempre rilassare, poiché l'aria che respiro ricorda esattamente quella del mio continente natìo» disse quindi lui, con un tono quasi sognante, inginocchiandosi a terra non appena la grande statua in oro e dagli occhi in rubino, raffigurante proprio quel potente Erdester del quale era figlio. Ma poi, una domanda sorse nella sua mente, e la esplicò al gruppo rimasto alle sue spalle, non credenti in Decadia sicuramente, ma comunque rispettosi dell'essere col quale avrebbero avuto a che fare, prima o poi:«Ma voi, come vi immaginate il continente di Decadia? Cioè, non è presente sul planisfero di Rechlan, e in pochi sono i prescelti a conoscerne l'esatta ubicazione» sembrava una domanda quasi retorica, in un primo momento: se davvero Decadia si trattava di nient'altro che un ex demone proveniente dal complesso goetico, allora probabilmente sarebbe stato come un grande angolo di Inferi, fiammeggianti e ricco di sofferenza. Ma Otis scosse il capo anche al loro stesso silenzio, come già conoscente della loro eventuale risposta, dicendo quindi:«Non é quello che pensate voi. Decadia è un continente che non si discosta tanto dai vostri o da quelli di Cennet e Metnal. È pieno zeppo di meraviglie da vedere, sconfinato e reso "perfetto" secondo l'immaginario di mio padre» poi, non appena si rialzò da terra, poggiando una mano su una targa dorata, incastonata nel piedistallo dove la statua di egli era presente, aggiunse con un tono come mistico:«Eppure, voi considerate i Decadia come i nemici. Ma non sapete che pure i vostri amici sono dei Decadia» una risposta di questo tipo, probabilmente, non se la sarebbe aspettata nessuno. «Aspetta, aspetta... cosa intendi con questo, Otis?» domandò quindi Vasilissa, sorpresa quanto gli altri nel sentire una cosa del genere. Cioè, sembrava comunque un affronto, questo; non potevano assolutamente pensare che pure gli Erdester fossero corroborati di quello stesso sangue. Ma lui non si scompose a quella domanda, rispondendo sinceramente:«Dico solo la verità, Vasilissa. Gli Erdester sono della famiglia Decadia, dal primo all'ultimo. Sono fratelli e sorelle di mio padre, ma penso che questo non fosse tanto un qualcosa di ignoto, no?» la faceva facile, lui, cercando di minimizzare la grandezza di quelle parole. Ognuno di loro, però, rimase in silenzio, rimanendo abbastanza indispettiti da quanto appena udito. Otis però, forse non aspettandosi una reazione così silenziosa ma al tempo stesso inquietata, provò a rassicurarli in qualche modo, dicendo loro:«Ma non preoccupatevi, è solo il cognome che rimane il medesimo di papà. Per il resto, ognuno dei quattro mantiene il proprio carattere, che possa essere più pacifico o "intenso", se capite che intendo» poi, tornando a leggere quanto inciso sulla targa, concluse con un sospiro, essendo totalmente in grado di carprirne il significato.
«Ed ecco perché si dice che gli dei sono ovunque, anche quando meno te lo aspetti. La cosa che non mi sarei aspettato, però, è proprio questo: okay, Malphas è sempre stato uno molto schivo e restio ad attenersi ai suoi doveri da demone ma... questo? Cioè, l'unica cosa che non riesco a capire è proprio come sia riuscito a diventare quello che adesso è: un dio a tutti gli effetti» commentò Lucifero con quel palese accenno di dubbio, di riflessione nel tono. Se persino il Diavolo stesso non era conoscente di come il tutto si era venuto a creare, l'unica risposta plausibile potrebbe essere quella dove Malphas, in origine, avesse fatto tutto nel silenzio, senza che nessuno all'Inferno sapesse cosa stesse combinando. Otis intanto si era voltato verso di loro e, guardando proprio il Portatore di Luce, disse a questo:«Beh, tu sicuramente hai modo di comprendere il divino per... altre questioni, ma no, non è questo il caso. Papà è diventato questo in tempi indefiniti, ignoti» poi, camminando alle loro spalle, fece intendere che non aveva altro da fare lì dentro, aggiungendo inoltre:«Eppure l'arte che egli porta, è sicuramente degna dei migliori templi e musei» con un sospiro corale, ecco che tutti poterono nuovamente ammirare quello stesso Otis, appassionato d'arte, che conobbero – per gli aesiriani – ormai cinquecento anni or sono, se non anche prima. Per cui, uscendo dal tempio, il ragazzo sembrava decisamente più tranquillo, sorridente, forse anche dovuto al fatto di come egli ebbe avuto modo di percepire quell'aria di casa che tanto a lui stava a cuore.
Vi era un certo silenzio di riflessione tra le parti, avendo avuto modo di conoscere un po' di più della storia non solo di Decadia, ma di tutta la famiglia del quale lui, a quanto pare, era il capo indiscusso, oltre al fatto di questo conflitto interno con Aesir. Però, una cosa, ora, non tornava nella loro mente, con Ragnar che, quindi, provò a chiedere ad egli:«Ma ora che ci penso, Otis, noi abbiamo avuto modo di conoscere una ragazza, a Molniskij, che di per sé sembrava avere un qualche tipo di legame con voi. Per caso hai una qualche idea di chi possa essere, di per sé?» la sua bocca rimasta socchiusa ad O faceva intendere che sì, aveva una chiara idea dell'identità di questa. Era sicuramente impressionante il fatto di come egli si fosse ricordato di una che avevano conosciuto sì e no per qualche minuto, ma comunque neanche scese troppo nei dettagli, dicendo:«Beh sì, è una Decadia anch'ella, o meglio... lo dovrebbe essere. Abby ha un legame per creazione, come me, con lui» come volevasi dimostrare, insomma. Però, ancora non era chiaro il perché ne stesse parlando solo ora, con Ragnar che letteralmente aveva tirato fuori l'argomento, così. «Immaginavo» rispose quindi il mezzo lupo.
Intanto, Ayeshi fece un cenno ad Otis, con questo che, guardandolo, lo lasciò parlare:«Nel caso, visto che avrei da tornare ad allenarmi, potresti intanto portarli verso Hadoka, Otis? Tanto la strada per raggiungere la stazione ferroviaria la sai, è letteralmente a un chilometro da qui» con l'altro che quindi annuì, egli rispose, con un sorriso:«Ah giusto, sei sotto la leva militare ancora. Non ti preoccupare Ayeshi, vai pure. Ah e, grazie per aver fatto loro da guida, te ne sono grato» dal gesto che fece con la mano, era chiaro che per lui fosse una cosa da poco, e quindi, salutando tutti, il ragazzo tornò quindi in città, appunto per raggiungere il luogo dove avrebbe compiuto il suo allenamento.
«Bene, e Hadoka sia. Sappiate solo che lì, non sarà mai come qui a Raijiō: è molto più... estremizzata al volere dello Shogun» li avvertì quindi il Decadia, facendo intendere che, quasi sicuramente, avrebbero dovuto combattere se necessario. Ed avendo notato già come erano stati accolti nel Sarukkōmi, di certo non sarebbe stato proprio un benvenuto di quelli più memorabili.
Proprio come detto già da Ayeshi, infatti, giunsero dove indicato da egli, anche grazie al buon senso dell'orientamento di Otis, oltre al fatto che vi era un via vai di gente apparentemente infinito. «Hadoka, Hadoka... ah, ecco, binario sette» disse quindi il Decadia, controllando il tabellone luminoso sopra le loro teste. «Ora, non so che usanze abbiano qui a Shinigoi ma... non dovremmo prendere i biglietti, Otis?» domandò quindi Luciftias, anche per ovvia logica. Ma egli mise le mani avanti, dicendo a sua volta:«In realtà qui, si comprano direttamente a bordo, così da ridurre le file chilometriche. Ormai qui è raro che vi siano biglietterie al di fuori dei treni» tutto chiaro, sembrava. Così, passando tra i vari shinniani, sicuramente straniti dalla presenza così "straniera" come la loro, raggiunsero il binario sopra indicato, per poi prender posto, intanto che Otis, giustamente, mise mano al portafoglio. O meglio, almeno non erano dei prezzi proibitivi.
Quindi, mettendosi comodo, con anche la musica alle orecchie perché gli andava, il treno procedette con una puntualità fiscale e precisa, senza mancare neanche un secondo di troppo. Intanto che la loro tratta verso Hadoka procedette come da programma, Luciftias si era messo a scrivere con sua moglie, avvertendola di fatto per il viaggio e come andava. «"Beh sì, Shinigoi ricorda molto luoghi a te familiari, sicuramente"»
«"É possibile magari fare foto, che mi piacerebbe vedere com'è?"»
«"Purtroppo no, tesoro. È vietato fare foto all'interno della Nazione, e ancora non capisco il perché"»
«"Chiusi mentalmente eh? Non è un problema"»
«"Però, quello che posso dirti, o semplicemente per ciò che abbiamo visitato, già Raijiō sembra mostrare una faccia più 'buona' della Nazione. Poi magari ci becchiamo le peggio bestie a Hadoka eh, già mi immagino"»
e la conversazione continuò per un attimo, con Lucifugo che intanto chiese al padre:«Come sta mamma?» egli annuì per rassicurarlo, dicendo quindi:«Ah, sta bene, figliolo, non ti preoccupare» perciò, potendosi finalmente rilassare, allora lasciarono che il tempo scorresse così come il treno faceva sui binari, passando per quei paesaggi molto verdeggianti, fino ad imbrunirsi ogni volta che passavano sotto i grandi torii. Pur non avendo la possibilità, per legge, di immortalare quei posti, almeno i loro occhi facevano il lavoro che avrebbe dovuto fare la fotocamera.
Questo, però, sembrò un dolce assaggio di quello che li avrebbe attesi esattamente a mezz'ora dall'arrivo a Hadoka, quando essi, per un momento, sembrarono sentire come qualcosa colpire il tetto della carrozza nella quale erano. Prontamente alzarono lo sguardo, confusi, pensando che fosse qualcosa di ambientale e che avessero avuto le traveggole. «C'é qualcosa che non va. Datemi un attimo» disse quindi Lucifero, con questo che, alzandosi dal sedile, letteralmente scomparve davanti ai loro occhi. «Non seguitelo, saremmo solo d'intralcio. Sono certo che saprà cavarsela» disse quindi il figlio di questo, essendo che tutti avevano pensato, o almeno in gran parte, di raggiungerlo e combattere al fianco del Diavolo, se necessario.
Intanto, egli era in piedi sul treno, confermando pienamente i suoi sospetti: vi era qualcuno davvero là sopra, ma qualcosa di... ignoto, non definibile. Era talmente strano da non sembrare neppure intellegibile secondo un'anatomia umana. «E tu chi cazzo sei, adesso?» disse il Diavolo, intanto che le sue grandi ali sbatterono una volta, emanando un vento rovente che quasi fece alzare, da sé, l'intera temperatura circostante. Quell'essere che, ovviamente non sembrava neanche un Hafnarikan, sembrava quasi mutare ogni secondo, rendendo sempre meno capibile cosa davvero fosse. Non parlava, non respirava e non si muoveva: restava lì, come incapace di fare qualunque cosa, di vivere. E così, brandendo la sua lunghissima spada, con la lama che istantaneamente si incendiò delle fiamme degli Inferi, Lucifero fece per avvicinarsi direttamente all'essere e rimuoverlo da lì, prima che potesse anche solo muovere un muscolo... o qualunque cosa avesse. Però, tutto fu più chiaro quando il Portatore di Luce fu esattamente a qualche passo da esso, notando una cosa che, da più indietro, sembrava impossibile da vedere: ancora numeri e lettere sconnessi che scorrevano da dove sarebbe dovuta essere la testa fino in fondo, come se fosse una sorta di virus 'umano', generato in modo artificiale. Lui aveva capito che quella fosse una 'creazione' di Decadia ma, notando ciò, probabilmente, questa era una delle cose senza vita, e che mai avrebbero visto la vera luce, perché imperfetto. «Ah, a quanto pare, pure Decadia sa fallire. Molto interessante» disse quindi lui, con un sorrisetto irritante, segno di vittoria facile facile. Perciò, non ci pensò due volte a far valere la sua superiorità assoluta su questo che, incapace anche solo di reagire dinanzi alla potenza delle fiamme che Lucifero rilasciò, l'essere si ridusse in una cascata di codici in rosso, prima di smaterializzarsi come se fosse una televisione a tubo catodico, in un fade out di numeri e lettere che rendevano il tutto più assurdo. Perciò, sospirando in modo sollevato, il Diavolo rinfoderò l'arma nel nulla, prima di tornare dagli altri per dare le ultime informazioni.
«Eccomi. Roba facile facile, manco ho dovuto combattere» esordì quindi egli con serenità, mentre gli altri aspettavano di capire cosa avesse visto sopra le loro teste. Così fece, con il gruppo che sbarrò gli occhi in simultanea, facendo esclusione per Otis, il quale fece spallucce, dicendo loro:«Beh, anche i migliori possono sbagliare. A quanto pare mio padre voleva generare una nuova creazione, ma l'ha scaraventata via non ha appena ha notato tutti i difetti. Non è il primo a fare questa fine, ma vi direi tipo un centinaio di migliaia» i numeri sicuramente non erano confortanti, nel caso avessero dovuto incrociare questi esseri imperfetti, incompiuti sotto ogni punto di vista, ma da come il ragazzo ne parlava, sembrava davvero cosciente di come persino uno come Decadia non fosse la perfezione fatta entità. Gli dava sicuramente un filo di umanità in più, nel suo essere potente e divino.
E così, quando tutti poterono rimettersi a posto, non passò neanche tanto tempo che, dai finestrini, poterono vedere le prime case della città di Hadoka; certo, era sicuramente una zona molto meno appariscente come la grande metropoli di Raijiō, ma per essere come un villaggio alla periferia di questa, non sembrava neanche affatto male. Ora però, vi era anche un altro fattore che balenò nelle loro menti, non appena videro i primi cartelli riguardanti la stazione di Hadoka: l'accoglienza. Non c'era spazio ad interpretazioni alternative da quella dove loro sarebbero stati visti come minacce, figuriamoci Otis che, in tutto questo, sarebbero stato il bersaglio preferito di tutti quanti loro, in quanto un Decadia e, quindi, un vero e proprio nemico per la popolazione shinniana. La cosa che davvero faceva storcere il naso, però, era esattamente come questi volessero a tutti i costi che il ragazzo sparisse dalla Nazione, e lo stesso valeva per il padre. Non vi era rispetto, ma solo timore e quasi rabbia nei confronti del re e del principe di una terra invisibile...
STAI LEGGENDO
Chronicles of a Sin: Divine Blizzard
Fantasy"Dopo le avventure nella nebbiosa terra di Aesir, e subito dopo la liberazione di questa dal dominio egemonico del Sacerdote, tutto sembra procedere per il verso giusto per la ricostruzione dei luoghi ridotti in macerie. Persino l'enorme Nazione del...