"Un futuro al di sopra del conosciuto"
Nessuno di quelli rimasti alla biblioteca sapeva del massacro appena consumatosi nella Luciferian, e chiaramente l'arrivo tempestivo della regina avrebbe acceso un monito a tutti quanti di mettersi in guardia. «Qui c'è qualcosa di grosso, sotto» disse Otis, tra sé e sé, cercando di non far trasparire alcun tipo di emozione sfociante nel timore, anche se dentro stava pensando la qualunque. Passeggiava avanti e indietro, dinanzi all'entrata, senza davvero capire cosa diavolo stesse succedendo a chissà quanti chilometri da loro.
Ma proprio quando uscì per organizzare i suoi pensieri senza altri a guardarlo, ecco che una chiamata gli arrivò, puntuale come sempre. Sospirando quindi, controllò chi fosse e, con sua sorpresa, sembrava essere proprio il padre, Decadia stesso. Aveva ancora i postumi di quello che era avvenuto a Hadoka, ma di lasciarlo senza risposta, sicuramente, sarebbe stato ancora peggio. Perciò, rispondendo alla chiamata, disse con tutta la tranquillità del caso:«Pronto papà? Che succede?» dall'altro capo però, aspettandosi sicuramente l'Erdester ancora piuttosto nero nei confronti del figlio, poteva sentire un accenno di preoccupazione dovuta a qualcosa. Qualcosa che non riusciva proprio a capire. «Otis, figliolo, avrei bisogno di parlare con te, in separata sede se possibile. Non è che potresti raggiungermi, da solo, a Kamigami?» era tutto molto strano, non solo dal tono francamente più pacato, ma inquietato da qualcosa, ma soprattutto per la casualità per la quale il ciò stava avvenendo. «Va bene, fammi apparire un portale e ci arrivo in un attimo, però... posso capire cosa sta succedendo? Qui abbiamo capito solo che c'è stato un bagno di sangue alla Luciferian, e nient'altro» ma Decadia non rispose, quando il varco, nel mentre, apparve davanti agli occhi del Fante. Perciò, riattaccando la chiamata, e controllando che nessuno avesse notato ciò, attraversò il portale, con questo che si richiuse un istante dopo.
Si ritrovò quindi nella capitale shinniana, antica come se la ricordava, ma comunque con un certo valore artistico e culturale dal grande spessore, soprattutto per la Nazione e non solo. Decadia, intanto, lo stava aspettando davanti al palazzo dello Shogun Tokaiyan, con Otis che, notandolo, sentiva ancora quel leggero alone di timore dovuto a quello che era successo in quel ghetto. Però, avvicinandosi alla divinità a lui paterna, questa disse con tranquillità, quasi come se ciò non fosse mai avvenuto:«Scusami per la tempestività con la quale ho dovuto chiamarti qui, figliolo» l'altro intanto lo seguiva dentro il palazzo, chiedendo al padre:«Nessun problema, padre, però, ripeto... che sta succedendo?» notava il sospiro impercettibile che Decadia emise, guardando altrove per un istante, intanto che percorrevano i corridoi illibati della dimora dello Shogun. «Vedi, Otis... se ti dicessi che uno di loro è più preoccupante di quello che pensi, mi crederesti?» domandò lui, con un alone di mistero dato dalla questione così vaga e priva di soggetti. «Ma certo che ti crederei, papà. La tua saggezza è preceduta solo dalla sincerità che ti porti dietro» rispose quindi il figlio, guardandolo proprio con quell'accenno di attesa dovuta a ciò. Se persino il potente Erdester della Morte aveva timore di qualcosa, era chiaro che fosse un qualcosa di ben oltre anche l'essere divino che lui rappresentava.
Però, giungendo nel giardino racchiuso al di fuori delle mura del palazzo, Decadia si appoggiò contro uno degli alberi e, guardando il figlio, disse ancora:«Sono venuto a sapere di quello che è successo alla Luciferian e, credimi... sono preoccupato pure io» era la prima volta che sentiva tali parole uscire dalla bocca del padre, e Otis non poteva far altro che chiedergli i dettagli:«Ma come? Papà, sei forse l'entità più potente che sia mai stata concepita. Come fa ad esistere qualcosa di oltre te stesso?» l'altro accennò un sorrisetto dovuto al complimento fattogli, ma non bastava per placare la sua preoccupazione che, a quanto pare, era decisamente palese. «Per farla in breve, c'è stata una lotta che sarebbe dovuta essere amichevole, tra Lucifugo e il Diavolo. Da quanto so, non c'è stata sfida... ma perché Lucifugo lo ha letteralmente annientato» spiegò quindi il dio, mentre l'altro lo guardava strabuzzando gli occhi. Credeva di aver capito male, di aver immaginato che egli avesse detto una cosa del genere ma, vedendolo scuotere il capo, come affranto, rassegnato, era chiaro che stesse dicendo la verità. «Ma cosa–? Papà... Lucifugo? Ha sconfitto suo nonno? Cioè, ha anche sconfitto me, è vero, ma l'ha fatto con discrezione, coscienza dei propri mezzi» ma guardando altrove, chissà dove esattamente, Decadia rispose, proprio con l'angoscia pendergli dalle labbra:«L'avrà anche fatto con un senno, almeno. Ma con Lucifero non è stato così. Lo ha umiliato, senza possibilità di replica. Ma la cosa che più mi preoccupa è proprio questo: non ha vacillato nel farlo, come se fosse controllato da qualcos'altro, nel frattempo» tutto questo non sembrava assolutamente possibile. Lucifugo, quel tenero e sapiente demone sembrava tutto fuorché un killer spietato. Certo, una cosa sembrava renderlo concorde con quello che aveva detto il padre, poc'anzi. «Ora che ci penso, ha anche sterminato tutti i samurai a Fujika, da solo. Ne ha uccisi tipo più di cinquecento... e non ha mai avuto un momento di pietà nel vederli perire, uno per uno. Che sia tutto questo un segnale che sia lui, ora, la minaccia?» e poi, rivolgendo lo sguardo al figlio, gli fu difficile ammettere la realtà dei fatti, ma doveva. Perciò, allungando una mano per sfiorare le ciocche bianche del ragazzo, disse ancora:«L'hai detto tu stesso, figliolo. Sì, è lui la minaccia, ma non proprio Lucifugo stesso... ma qualcosa che, francamente, sto ancora cercando di comprendere» e l'altro, mettendo in moto la sua mente computerizzata, cercava davvero di capire chi o cosa stesse rendendo quell'innocente ragazzo, un mostro senza scrupoli. Non vi era modo di pensare a qualcosa di concreto, perché sembrava davvero impossibile che qualcosa potesse renderlo come tale. E dire che l'aveva visto e sperimentato sulla sua pelle, ciò. «Ora che ci penso, sta lentamente distruggendo lo Shogunato intero. Prima i disertori di Hadoka, poi i samurai a Fujika, aggiungendo anche l'aver distrutto uno dei Templi dell'Ordine... e ora questo. Sì, sta davvero perdendo il controllo» e quelle parole furono il riassunto perfetto della discesa di Lucifugo nella follia. Decadia lo sapeva e lo comprendeva anche, e pur essendo sempre stato lui il vero più grande ostacolo da superare per chiunque, ora abbassava la testa dinanzi a qualcosa che considerava pure più forte di lui. Cosa, però, era ignoto.
«Io ti chiedo di tenerlo d'occhio, ma soprattutto... non fatelo combattere. Agite voi, ti darò anche una cospicua parte dei miei poteri, se necessario. Ma lui deve star lontano dalla lotta. Inoltre, fatelo stare sempre tranquillo. Avete quasi poco meno di due mesi per fare tutto questo, fino alla sfida, qui. Datemi tempo per riflettere sul da farsi, te ne prego» chiese quindi al figlio, davvero supplicando di fare come detto. Si stava rendendo più umano di quanto si potrebbe credere da un pazzo come lui, ma stavolta anche questa sua follia sembrava venir meno. Otis quindi, annuendo, disse a sua volta:«Lo faremo, padre. Nel caso dirò a Ragnar stesso di farlo stare tranquillo, sapendo quanto lo ama» e con l'altro che fece di sì col capo, il Fante sentì qualcosa posarsi sulla spalla destra: era un corvo, nero come la pece e occhi di un luccicante rosso rubino. «Ti affido Veritas, nel caso fosse necessario agire con le maniere forti. Fallo gracchiare quando serve, ed io interverrò per quelle che sono le mie possibilità» il volatile inclinò la testa, ad indicare che avesse compreso quello che il suo padrone disse, mentre Otis, anche, fece intendere che fosse tutto chiaro. Perciò, col padre che gli tese una mano sulla spalla libera, lo guardò dritto negli occhi per qualche istante, mentre l'altro ricambiò tale sguardo, in segno di intesa. Poteva dire di averlo perdonato per averlo pestato "a codici", e di certo non avrebbe mai pensato di deluderlo ancora una volta.
E così, Decadia fece apparire un varco diretto per gli Inferi, con questo che disse, intanto che camminava oltre, per rientrare nel palazzo:«Sappi solo che ti voglio bene, figlio mio. Ora vai, e buon divertimento nel Shimarasu» quelle furono le parole che davvero fecero sorridere il Fante; sentir dire dall'Erdester che provava del bene per il figlio, di certo lo avevano rallegrato un minimo. E così, procedendo oltre il varco, Decadia rimase nei suoi pensieri per un istante, prima di rientrare a sua volta per continuare quello che stava facendo.
Intanto, Otis era appena giunto nuovamente nell'Abrachlis, nel momento esatto in cui sia Lucifugo che Lilith giunsero dagli altri. Erano in silenzio, col principino che guardava a terra come se avesse appena avuto un brutto voto, sapiente di star per venir cazziato malamente dai genitori. Luciftias era arrivato molto prima, e notandoli arrivare in sequenza, disse alla regina, nonché sua madre:«Papà sta bene, mamma?» ella annuì, e intanto che il piccolo di casa Morningstar si strinse alla veste del padre, la prima donna rispose al figlio, dicendo:«Si sta riprendendo. L'ho lasciato steso sul letto, così che possa riposarsi. Quella lotta lo ha davvero sfiancato, ma devo ammettere che, per un attimo, ho temuto il peggio» lo Splendente sospirò e, tenendo un braccio avvolto alla piccola tempesta, a far intendere che fosse al sicuro, così, notò anche Otis sopraggiungere. «Ah, eccoti, Otis. Dov'eri finito?» l'altro non sapeva se dire la verità o mentire, senza pensarci due volte. La reazione che avrebbe avuto il giovane diavolo sarebbe stata probabilmente pesante se avesse saputo la reale ragione della sua sparizione, ma comunque volle evitare conseguenze ancora peggiori, essendo che Veritas, comunque, ancora stava sulla spalla del Fante. «Lo ammetto, papà mi aveva chiamato a Kamigami per parlare di una cosa importante. E tranquillo, Luciftias, si è calmato da quel momento a Hadoka» disse quindi lui, mentre il re ereditario lo guardò con un leggero cipiglio cupo. Sapeva che quella fosse una mezza verità, e volendo sapere i dettagli di quello che fu dibattuto tra loro, domandò:«E di cosa, Otis?» il Decadia sentiva di essere con le spalle al muro, e l'unica possibilità per liberarsi sarebbe stata quella di sputare il rospo, di ammettere la realtà dei fatti, anche davanti al figlio dello Splendente. Temeva che questo avrebbe reagito davvero pesantemente, ma proprio per questo, disse direttamente a Lucifugo:«Ehi Luci, avrei bisogno di parlare con tuo padre e tua nonna in privato... non è che potresti andare dagli altri per un attimo? Ci mettiamo poco, promesso» stranito da quella richiesta così diretta, comunque egli non disse niente, entrando nella biblioteca. Perciò, appoggiandosi contro la parete della stessa, Otis sospirò, prima di guardare i due, dicendo loro:«É riguardante Lucifugo. Papà ha detto di aver saputo quello che è successo nella Luciferian, e subito è venuto alla conclusione che sia qualcosa di anomalo, di singolare e irripetibile da uno come lui. Non metto in dubbio che sia una forza della natura eh, però... quello che ha chiesto, è di tenerlo lontano dalle lotte fino all'ultimo giorno, e di tenerlo libero dagli allenamenti fino a che non giungeremo a Kamigami, quando lo affronterà» se prima le preoccupazioni e i dubbi nella mente dello Splendente sembravano tanti, ora sembravano più un fiume in piena, vicino all'esondazione. «Sembra più un espediente per farlo vincere facile eh, però, se lo dice Malphas in persona, allora la questione è seria» disse quindi lui, mentre Lilith, a sua volta, guardava oltre la vetrata, notando Lucifugo seduto al fianco del compagno. Non sembrava possibile che uno così dolce come lui fosse una minaccia. Certo, quello sguardo smorto, spento a causa del senso di colpa, la inquietava e non poco, ma vedendolo appoggiato alla spalla del mezzo lupo, sapeva che in fondo un po' di quel suo essere spensierato lo aveva mantenuto.
«Ma una cosa che non capisco è questa, Otis: se dici che lui sia quello anomalo, qui... dici che sia qualcosa di oltre a controllo? Che mio figlio sia finito tra le mani di un figlio di troia?» la schiettezza con la quale Luciftias disse ciò era anche dovuta al suo essere paterno. Voleva il meglio per suo figlio, e questo sembrava decisamente un qualcosa di allarmante per il figlio del Diavolo. «Probabilmente sì, anche mio padre ha pensato la stessa cosa» confermò il Fante, vedendo la preoccupazione negli occhi del re.
Nel mentre, all'interno della biblioteca, Lucifugo appunto era accoccolato a Ragnar, contemplando il vuoto come se davvero sapesse di essere sbagliato, sbagliato su ogni fronte. Il mezzo lupo sospirava, accarezzando un braccio del demone, quantomeno per farlo rilassare. «Perché sta avvenendo tutto così in fretta?» disse il principino tra sé e sé, mentre l'altro lo guardava, in silenzio, valutando le parole da usare. Sapeva che lui aveva tutte le ragioni del mondo di sentirsi in colpa per tutto quanto, ed anche massimizzare quanto sbagliato si sentiva. Lo vedeva contemplare il nulla al di fuori della biblioteca, cercando nel cielo roccioso degli Inferi quel qualcosa che potesse rispondergli, o dargli un indizio almeno. «Io non... io non capisco. Io non voglio fare del male alle persone che mi stanno a cuore. Voglio renderle felici, dare tutto per queste» disse lui, ancora, sconsolato. Quell'energia lo stava abbandonando a più riprese a causa del suo sconforto, e Ragnar lo vedeva quasi come se fosse un'aura andante via, disperdendosi nel nulla. Era quello che lui non voleva vedere: non sopporterebbe di vedere il suo Lucifugo così affranto da tutto. Lo avevano perdonato, ma lui non si perdonava per qualcosa alla quale non aveva controllo. «Ma tu mi rendi felice così come sei, tesoro» disse quindi il mezzo lupo, ora afferrandogli il mento fra le dita, guardandolo fisso negli occhi. L'ego timido del demone si fece lieve, mentre Ragnar aggiunse, con serietà accentuata dal modo in cui egli strinse a sé il principino:«E se tu vuoi rendermi felice, allora devi andare avanti, e fare quello che meglio riesci a compiere. Non importa se stavi per uccidere tuo nonno, perché ora è vivo ed è fuori da ogni pericolo. Tu devi veder oltre questo, e prendere la situazione in mano, e sbriciolarla in essa» il pollice tracciò una linea immaginaria sul viso del demone, percependone i lineamenti delicati sotto il polpastrello. A questo, Lucifugo fece trasparire un po' di rossore sulle guance, trovando questo sia piacevole che un po' imbarazzante. Sapeva che cercava di farlo tranquillizzare con i suoi mezzi, e doveva ammettere che ci stava riuscendo senza alcun tipo di sforzo. «Come ho fatto io a trovarmi davanti un lupetto così amorevole... oh dannati, quanto ti adoro» rispose lui, mostrando un sorriso rilassato, compiaciuto dalle attenzioni concessegli, e intanto che Ragnar ridacchiò gioiosamente nel vedere il suo sguardo rasserenarsi, si sporse in avanti ma, invece di assaporare con le labbra il suo amore, si accoccolò sulla spalla del demone. «Portami fino in capo all'universo, ed io sarò colui che ti accompagnerà attraverso ogni viaggio da te proposto» mugugnò il mezzo lupo, inspirando il profumo così familiare del compagno e, sentendosi in un bozzolo tiepido dovuto dalle ali di questo, egli si rannicchiò su sé stesso, come appallottolato contro il corpo del principino. «Oh, ma io fino in capo all'universo ti ci ho appena portato, cucciolo mio. Sei tu quell'universo che più mi aggrada occupare, presiedere con amore» mormorò Lucifugo all'orecchio dell'altro, prima di afferrare il lobo tra le labbra, con delicatezza. Ragnar ridacchiò e, avvinghiando le braccia attorno all'altro, poteva dire di sentirsi in paradiso.
Le ali del demone scorrevano lente sulla schiena del mezzo lupo e, pur essendo dalla struttura simile a quelle dei pipistrelli, saggiavano il corpo come se fosse una reliquia antichissima e dal valore inestimabile. «Sii la mia ancora, il mio angioletto in un mondo di fiamme e sofferenza» mormorò ancora all'orecchio dell'ymaregno, e con questo che intanto si era concesso un momento per rilassarsi tra le ali di Lucifugo, questo rispose:«E tu il mio demonietto in un mondo di ghiaccio e lontananza» e abbracciandosi, così, i loro due spiriti sembravano fare lo stesso. I loro cuori battevano all'unisono, e non serviva dire quanto fossero affiatati anche in un momento così difficile come quello che stavano vivendo. Lucifugo aveva davvero la mente spappolata a causa delle colpe che si affibbiava addosso, mentre Ragnar si sarebbe pure addossato le colpe del fidanzato pur di farlo sorridere.
Così, quando tutti quanti ebbero modo di riorganizzare le idee, con i due che, ovviamente, furono i primi ad avviarsi verso l'uscita della biblioteca, ecco che Lilith prese tutti loro con sé, dicendo con il suo attuale tono autoritario, ma addolcito dal suo essere madre:«Quindi, oggi giungerete nella regione più popolata e legata dello Shogunato, ossia il Shimarasu. Da quanto so, è una terra molto particolare, principalmente composta da grandi villaggi immersi nel verde più totale, a stretto contatto con la natura, attraverso la devozione per il loro sovrano indiscusso» vi fu un momento di attesa, cercando lo sguardo di tutti i presenti che sarebbero giunti là, per proseguire con l'avventura nella Nazione shiriense. Ognuno di loro la guardava con rispetto ed ascoltando ogni singola sillaba enunciata, senza mai spendere una parola in merito. «Laggiù, troverete anche una tipetta molto focosa, che sicuramente Luciftias conosce molto bene. Ossia la tua cara sorellina, Haresya» all'udire il nome della sorella, lo Splendente si accese di scatto, aprendo le palpebre di botto. «La mia sorellina? Almeno rimango in famiglia, assieme a mio figlio, bene!» esclamò lui, mostrandosi davvero felice di ciò. «Molto bene. Quindi, io davvero spero che possiate proseguire in sicurezza là fuori, e sappiate che, se fosse necessario l'intervento mio o di Lucifero, quando si riprenderà, noi saremo pronti ad agire» concluse la regina infernale, rassicurandoli della loro tempestiva presenza nel caso fosse stato necessario.
E così, un varco diretto proprio per Shinigoi si mostrò davanti a loro, con la vista così verdeggiante della regione del Shimarasu che si apriva davanti ai loro occhi. Abbandonarono quel posto rovente ma caloroso, per giungere al, forse, penultimo tassello di questo infinito puzzle dove, lì ad aspettarli, vi sarebbe stato l'incontro con la morte, in tutti i sensi...
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Chronicles of a Sin: Divine Blizzard
Fantasy"Dopo le avventure nella nebbiosa terra di Aesir, e subito dopo la liberazione di questa dal dominio egemonico del Sacerdote, tutto sembra procedere per il verso giusto per la ricostruzione dei luoghi ridotti in macerie. Persino l'enorme Nazione del...