Girlhood

65 9 11
                                    

Nel mia relativamente breve vita da essere genderfluid qui sulla Terra non mi sono mai sentita molto "femmina". Tralasciando il periodo rosa-fucsia della seconda media (periodo molto oscuro, nonostante i colori vivaci) e il periodo fatina del terzo superiore (su cui stendo un velo pietoso per preservare la mia dignità personale), sono sempre stata quello che si definisce un maschiaccio: capelli a caschetto, ossessione per qualsiasi cosa si potesse assemblare o costruire, partite a calcetto e un totale rifiuto per fiocchetti, roselline e compagnia bella. Il che mi ha portata a pensare di non avere niente a che fare con l'universo femminile se non per interessi sentimentali. Per tutto il secondo superiore sono stata convinta di essere trans e fino a poco tempo fa non mi ritenevo capace di assumere un punto di vista femminile.

Ovviamente mi sbagliavo, non solo perché sono genderfluid e quindi in certi giorni/periodi mi identifico come donna, ma anche e soprattutto perché avevo una visione distorta di quello che significa essere femmine.

Ringraziamo per l'ennesima volta la mia psicologa, quella povera donna che da un anno e passa sta cercando di aiutarmi a distruggere il casino creato dai miei genitori in diciotto anni. Ho provato più di una volta a spiegarle che cosa intendo con "essere femmina", ma puntualmente mi ritrovavo a usare quegli stessi stereotipi e limiti che ho sempre rimproverato a mia madre - il che mi ha fatto capire quanta misoginia interiorizzata mi abbia trasmesso quella donna.

A tutto questo si aggiunge il fatto che, negli ultimi mesi, tralasciando i giorni di neutralità cosmica, mi identifico come femmina e quindi mi sento più a mio agio ad esplorare il territorio della girlhood (ringraziamo Chibi per l'assist). Il risultato? Mi sono ricordata quanto 9 maschi su 10 non sappiano nulla di noi ragazze.

Esempio pratico e molto divertente. Io, Ninja e Er Nerd stavamo cazzeggiando in facoltà per passare le sei ore buche tra una lezione e l'altra e, non so bene come, siamo finiti a parlare di quanto sarebbe stato bello essere in pigiama in quel momento. Al che io ho detto: "A me basterebbe anche solo potermi togliere le scarpe e il reggiseno". Non pensavo di aver detto chissà cosa, ma quei due ci sono rimasti un po' di merda perché erano convintissimi che le ragazze non si togliessero mai il reggiseno "perché sarebbe un po' come togliersi le mutande". Vi lascio immaginare la discussione aulica a riguardo che ne è seguita.

Oppure ancora, non capiscono perché ci trucchiamo. Tralasciando il fatto che anche certi ragazzi si truccano perché queste cose non hanno genere, ho provato a spiegare che ci sono mille motivi per truccarsi (per coprire qualche imperfezione, per sentirsi più sicuri, perché ci siamo svegliati particolarmente bene, perché abbiamo voglia etc.), ma gira che ti rigira il discorso torna sempre al becero "però siete belle lo stesso, quindi che lo fate a fare?". 

Ma il motivo per cui ho pensato questo capitolo è molto più serio e riguarda due corsi che sto frequentando questo semestre: Storia contemporanea e Bioetica.

Ieri sera, al corso di Storia contemporanea, la professoressa ha parlato della nascita dei primi sindacati e delle conquiste ottenute dai lavoratori sia sul piano assistenziale sia sul piano della sicurezza sul posto di lavoro. Poi ha fatto una specie di excursus sulla situazione attuale e ha ovviamente parlato della disparità salariale tra uomini e donne. Voi ci credete se vi dico che non c'era un ragazzo - un fottutissimo individuo di sesso maschile - che sapesse che le donne vengono pagate circa il 20% in meno rispetto ai loro colleghi uomini? Voi ci credete che la professoressa ha dovuto leggere i dati per convincerli?

Una mia collega ha giustamente osservato: "Ma, secondo voi, noi faremmo le lotte per la parità salariale se fossimo vostre pari? Che lottiamo per essere più pari di voi?".

Per non parlare poi di tutte quelle questioni che riguardano la maternità sul posto del lavoro - roba che ad una ragazza che conosco hanno chiesto al colloquio di lavoro se volesse avere figli nel prossimo futuro.

E già qui io mi sono scazzata. Poi è arrivata la lezione di Bioetica di stamattina.

Già settimana scorsa, parlando dell'aborto, ho dovuto sentire delle oscenità assurde, come il fatto che alcuni sostengono che la donna abbia una responsabilità morale anche quando si tratta di un'interruzione involontaria della gravidanza (e quindi di un aborto spontaneo). Volevo urlare, ma sono stata zitta.

Oggi vado a lezione psicologicamente pronta al peggio, ma è risaputo che al peggio non c'è mai fine: uomini che riportano l'opinione di altri uomini su cosa le donne dovrebbero fare del proprio corpo o di come dovrebbero vivere la maternità, il tutto parlando dell'altro sesso come se non fosse parte dell'umanità. Il professore non c'era nulla qui perché, giustamente, deve riportare tutte le opinioni esistenti nel dibattito per far sì che il corso sia filosoficamente completo.

Il problema sono le uscite di certi miei colleghi, che riporto di seguito.

Ma se le donne vogliono l'aborto e quindi l'aborto è lecito, perché si vuole inasprire la pena per un uomo che, facendo reato contro la donna, causa un aborto? Se l'aborto non è perseguito dalla legge, che senso ha usarlo come aggravante?

Perché la donna non ha scelto di abortire? Perché la donna ha voluto la gravidanza, sperava di portarla a termine e ha perso suo figlio perché un uomo l'ha aggredita? Perché l'aborto comporta una sofferenza psicologica a prescindere dal fatto che sia spontaneo o voluto?

Ma se il corpo della donna è sessuato (ovvero ha un sesso e può provare piacere) e sessuale (ovvero può procreare), allora perché vogliamo slegare le due cose e ammettere che possa vivere la sua sessualità senza voler procreare in generale?

Qui il professore si è un po' stranito e ha ricordato al gentil signor Medioevo che piacere e procreazione non vanno necessariamente insieme (ha fatto l'esempio delle donne che restano incinte dopo una "violenza carnale") e che una donna può tranquillamente non volere dei figli.

Ma se diciamo che un feto è una persona forse dal terzo mese di gravidanza, forse più tardi, perché alcune donne si sentono portatrici di vita sin dalla prima settimana e soffrono quando subentrano contingenze esterne che interrompono la gravidanza?

Perché se voglio un figlio, finalmente rimango incinta e poi ho un aborto, MA GRAZIE AL CAZZO CHE STO MALE, CAZZO? VOGLIO ESSERE MADRE, FINALMENTE CI STO RIUSCENDO E POI ALL'IMPROVVISO puff  ABORTO, IL MIO FUTURO BAMBINO È MORTO! Se, invece, non voglio un figlio, c'è che abortisce senza problemi e c'è chi ci pensa, ci ripensa e ci pensa mille volte prima di farlo e comunque si sente in colpa e soffre. SI CHIAMA PSICOLOGIA, SI CHIAMA EMPATIA, SI CHIAMA ESSERE DELLE PERSONE.

Giuro che mi calmo, giuro.

Fatto sta che volevo morire, Ninja mi ha dovuto tenere ad un certo punto perché mi stava venendo da urlare. 

Che poi io mi chiedo: come fanno a non rendesi conto che stanno parlando di persone e non di animali? Okay che maschi e femmine sono diversi tra loro, hanno meccanismi biologici differenti, la cultura gioca un peso importante nel definire i ruoli eccetera eccetera, però cazzo! 

So che non dovrei stupirmi più di tanto, visto che tra misoginia, femminicidi e doppi standard il mondo - l'Italia in particolare - è messo davvero una merda e la parità dei sessi è ancora lontana, però siamo a Filosofia nel 2024: possibile che non ci sia una mentalità abbastanza aperta da assicurare che tutti quanti si considerino degli esseri umani, a prescindere da sesso, orientamento sessuale e compagnia bella? Cazzo, abbiamo anche un corso sulle questioni identitarie e femministe, il collettivo è composto per la maggior parte da ragazze e i professori non fanno altro che specificare "maschi e femmine", "filosofi e filosofe" per ricordare che anche noi esistiamo e abbiamo voce in capitolo!

Sono un po' demoralizzata sinceramente, però la mia ricerca del femminile perduto continua.

Stay tuned.

Ave atque vale

The Perks of Being a Young AdultDove le storie prendono vita. Scoprilo ora