Ventuno

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Avvertenze: un po' di angst, smut

Riassunto capitolo precedente: ormai libere anche dal terzo Ghostface, a Talyssa resta una sola impresa: farsi perdonare da Sam.

Avevo avuto modo di vedere con i miei occhi quanto potesse essere crudele Sam: aveva ammazzato Richie con ventidue coltellate, una gola tagliata e quattro proiettili. Aveva ucciso il detective Bailey con altrettante coltellate ed una decisiva all'occhio. Aveva brutalmente massacrato sua madre. Aveva lanciato Harlow da un terrazzo.

Eppure, non mi aspettavo che avrebbe mai mostrato a me quel suo lato così crudele. Avevo commesso un errore madornale ad obbligarla a "pugnalarmi" e infatti me ne pentivo amaramente, perché quell'istante in cui avevo temuto di poterla perdere mi aveva mandato fuori di testa. Ovviamente, avevo sbagliato anche a non dirle che anche io sospettavo di Harlow, però avevo davvero bisogno che se ne andasse per rimanere da sola con la ragazza. Anche qui, tuttavia, avevo mentito, avevo tradito la sua fiducia e mi ero messa nuovamente in pericolo sottovalutando la mia avversaria.

Per quanto avessimo parlato, era evidente che fosse ancora arrabbiata con me. Persino il nostro rientro a New York non servì a calmare le acque. O meglio, Sam mi parlava, scherzava con me di tanto in tanto ed era disposta ad ascoltarmi se cominciavo i miei monologhi riguardo ai prezzi troppo alti nei supermercati e le mie idee folli per fare fallire il capitalismo. Però non ero ancora tornata nel nostro letto, né ero stata baciata oppure avuto un orgasmo. Quando erano morti i Bailey, quattro anni prima, era stato impossibile per lei togliermi le mani di dosso tanto quanto lo era stato per me. Quella volta, invece, non sembrava avere bisogno di me come in passato ed io...stavo impazzendo, perché invece la volevo. Volevo stare tra le sue braccia, sentire le sue labbra contro la mia pelle o semplicemente contro i miei capelli. Volevo stringerla forte, accarezzarle la nuca mentre lei posava con la guancia contro il mio stomaco. Volevo il mio letto. Volevo Sam, soprattutto.

Frustrata com'ero, non riuscivo neanche a trovare due minuti per fermarmi e provare a...alleviare la tensione per conto mio. Sembrava che, non importava quanto ci provassi, non riuscissi mai ad andare oltre. Come se il mio corpo capisse che non era la mia ragazza a toccarmi e la pretendesse, peggiorando la mia condizione.

Quindi, le mie giornate procedevano normalmente. Andavamo al centro, a volte insieme o singolarmente, facevamo le nostre lezioni e poi, di ritorno a casa, ci comportavamo come due semplici donne che condividevano l'appartamento piuttosto che due future mogli.
Una cosa era sicura: se avessimo continuato per quella strada, sarei impazzita entro la fine del mese.

***

<<Talyssa?>>

<<Lys?>>

<<Piccola?>>

<<Hey, stai avendo un incubo>>

Mi svegliai lentamente, sentendo una mano scuotermi leggermente e una voce sussurrare al mio orecchio. Ci impiegai alcuni minuti a capire che era notte, stavo dormendo sul divano e Sam mi stava chiamando preoccupata, perché secondo lei avevo avuto un incubo.

<<Non facevi altro che lamentarti e muoverti. Va tutto bene?>> chiese con preoccupazione. Quando mi resi conto cosa stava succedendo, non potetti evitare di arrossire. Nonostante la poca luce che illuminava il soggiorno, lei parve cogliere il rossore sul mio volto ed inarcò un sopracciglio.

<<Non era un incubo, giusto?>> disse, facendola suonare come un'affermazione invece che una domanda. Scossi la testa, dandole ragione.

<<A chi pensavi?>> mormorò, sistemandosi meglio fino a terminare con metà del busto su di me. Aprii la bocca, godendomi la sua vicinanza.
Avrei potuto rassicurarla dicendole che per me non c'era stata più nessuna da quando avevo compiuto diciannove anni- se non addirittura prima. Oppure avrei potuto mentire e stuzzicarla, sperando che perdesse la calma e lasciasse da parte quella tortura che mi stava obbligando a subire.

Scream for the last timeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora