CAPITOLO 5

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«Allora, adesso puoi spiegarmi?» domandò Marco Colonna porgendo a suo figlio una tazza di caffè fumante. «Perché era nell'appartamento di Michele? E chi è stato a mettere tutto a soqquadro?»

Lapo assaporò la bevanda calda sentendosi finalmente meglio. L'unguento di suo padre e una lunga notte di riposo avevano fatto effetto, restituendogli le forze.

«Michele è stato ucciso» disse tutto d'un fiato poggiando la tazzina sul tavolo. «Qualcuno gli ha sparato al Museo, ieri mattina.»

«Sai chi?» chiese Marco con un'ombra di preoccupazione nella voce.

«No, ma è quello che intendo scoprire. Ero andato da lui perché mi aveva chiesto un incontro, ma non avrei mai immaginato di ricevere una simile notizia.»

«Non capisco...» Marco scosse la testa. «Forse le sue ricerche hanno infastidito qualcuno?»

«Credo proprio di sì. Per questo sono andato nel suo appartamento. Speravo di trovare qualche indizio.»

«A quando pare non eri il solo.»

Lapo annuì, prendendo il telefono e aprendo l'app di posta elettronica. Selezionò la mail di Michele e lo passò a suo padre.

«Leggi questa.»

Marco inforcò gli occhiali e lesse attentamente il messaggio. Al termine poggiò il cellulare sul tavolo. «Non mi aveva detto niente quando ci siamo incontrati.»

«Neanche a me.»

«Però scrive che ti ha spedito un pacco. Forse è proprio quello che stavano cercando quando li hai interrotti nell'appartamento.»

«Penso la stessa cosa. E se sono ancora vivo è solo perché sono convinti che Michele mi abbia detto qualcosa.»

«Non mi piace, Lapo»

«Nemmeno a me. Ma ormai sono coinvolto e devo andare fino in fondo. Glielo devo.»

«Come lo dovevi a tuo zio?»

Lapo rimase in silenzio, evitando di rispondere alla domanda.

«Hai parlato con Rosa?» gli chiese Marco cambiando argomento.

«Ancora no.»

«Forse lei potrebbe darti una mano.»

«Voglio aspettare l'arrivo del pacco e capire cosa contiene, poi la chiamerò. Di solito a che ora passa il postino?»

«Tra le nove e dieci.»

Lapo diede uno sguardo all'orologio. «Allora non dovrebbe mancare molto.»

***

Il poliziotto osservò con attenzione un camioncino bianco con la scritta DHL su sfondo giallo fermarsi di fronte al cancello del casale. Un campanello d'allarme risuonò nella sua testa.

E se Donati avesse spedito il libro proprio per non rischiare di farlo cadere nelle mani sbagliate?

Si stirò le gambe intirizzite dalla lunga notte di appostamento e scese dall'auto.

Doveva controllare.

Più rifletteva sulla cosa e più gli sembrava un'ipotesi plausibile. Si avvicinò all'ingresso trovando rifugio dietro il muretto come la sera prima.

Tirò fuori il cannocchiale e osservò Colonna prendere un pacco e firmare una ricevuta.

Forse era sulla strada giusta.

Afferrò allora il cellulare e mando un breve SMS a Lady Temple, poi, con un gesto deciso, estrasse la pistola dalla giacca e si preparò all'azione.

***

Lapo rientrò in casa.

«Eccolo» disse a suo padre poggiando il pacco sul lungo tavolo di legno al centro del salotto.

Si tolse il cappotto sentendo sulla pelle il calore del fuoco scoppiettante nel camino poi lo aprì tirandone fuori prima un grosso volume antico poi un foglio A4, di quelli usati di solito all'interno delle stampanti.

Niente altro.

Nessun biglietto, nessuna spiegazione.

«Allora?» domandò suo padre. «Ti dicono qualcosa questi due oggetti?»

Lapo scosse la testa. «No.»

Prese in mano il libro e aprì con delicatezza la copertina.

Lesse il titolo ad alta voce.

Ricordi di una vita con mio padre

di Clelia Garibaldi

«Garibaldi...» esclamò Marco Colonna «come nella mail.»

«Già. Michele ha parlato di ricerche che riguardano le origini del nostro paese e di studi sulla figura di Giuseppe Garibaldi.»

«Deve esserci un collegamento con il foglio. Controlliamo.»

Lapo poggiò il libro sul tavolo, e, nel farlo, si accorse di una specie di pergamena che fuoriusciva dalle sue pagine.

L'afferrò con delicatezza.

«Guarda, ci sono scritte delle parole, ma in una lingua che non ha senso.»

Colonna si avvicinò per osservare, poi scosse la testa. «Non ho idea di cosa sia. Tu hai qualche idea?»

«No, ma è lo stesso testo che Michele mi ha allegato alla mail. Questo deve essere l'originale.»

«Sì, ma senza la traduzione non ci serve a nulla.»

«Il foglio!» esclamò Lapo prendendolo dal tavolo e gettandogli uno sguardo veloce. «Sì, è come pensavo. Osserva» fece rivolto a suo padre «corrisponde perfettamente alla pergamena. E' la sua traduzione.»

«Forza, allora. Leggi quello che c'è scritto.»

Caprera 1948.

Il giorno in cui mio padre morì io ero accanto a lui. Fu terribile e ancora oggi ricordo il suo sguardo fiero e stanco al tempo stesso. Feci un giuramento.

Lui aveva avuto fiducia in me rivelandomi alcuni segreti e io non lo avrei deluso.

Mi chiese di non confessare mai a nessuno il luogo in cui la mamma avrebbe portato la pergamena. Essa racchiudeva un segreto che era meglio rimanesse nascosto. Almeno fino a quando i tempi non fossero stati maturi.

Lasciava a me ogni giudizio in merito.

Ne fui feria.

Ora quel tempo è passato.

Mia madre e io abbiamo mantenuto il silenzio troppo a lungo. Lei è morta e non so quanto ancora mi resterà da vivere. Ecco perché ho deciso di venire meno al giuramento e rompere il sigillo.

E' tempo che la verità venga a galla. Per mio padre e per l'Italia intera.

L'indizio da cui partire si trova in una cassaforte nascosta nel pavimento di villa Donokoe. La combinazione è la data di morte di mio padre.

Che la virtù di chi intraprenderà questa ricerca sia la luce per rivelare ciò che il mondo non conosce.


Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora