CAPITOLO 22

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Isabel aprì gli occhi. Aveva sbattuto la testa, ma per fortuna l'airbag aveva attutito l'impatto.

Si tastò il corpo. Niente di rotto. Solo un gran mal di testa e un dolore al ginocchio sinistro.

Guardò allora davanti a sé. Si trovava in posizione laterale e l'orizzonte le appariva piegato di quasi novanti gradi.

E' un miracolo se siamo ancora vivi, pensò dentro di sé.

Si tolse la cintura di sicurezza e si voltò verso Lapo.

«Stai bene?» gli disse vedendo che stava cercando di rialzarsi dopo essere stato sballottato fra i sedili.

«Credo di avere una spalla slogata» sussurrò lui digrignando i denti «ma per il resto sono ancora tutto intero.»

«Bene, perché non abbiamo molto tempo. Dobbiamo uscire alla svelta dalla macchina. Pensi di farcela?»

«Credo di sì.»

«Okay. Vedrò comunque di darti una mano.»

Così dicendo aprì la portiera del guidatore e con un calcio la spalancò. Si mosse in quella direzione e piano piano si gettò oltre, finendo distesa sulla sabbia.

Una folla di curiosi si stava già avvicinando attratta dall'incidente.

Isabel si mosse rapida verso la portiera posteriore. In quel momento udì uno sparo e il finestrino sopra di lei andò in frantumi.

La persone iniziarono a gridare a fuggire sulla spiaggia.

Isabel invece si gettò a terra mentre le urla dei passanti le giungevano alle orecchie.

«Muoviti» urlò mentre un altro sparo finiva a pochi passi da lei.

Si rialzò. Lapo, intanto, si era sporto sopra i sedili. Voleva approfittare dello spazio lasciato dall'esplosione del vetro posteriore, per appoggiare la pistola. Trovata la posizione, fece partire un colpo.

Non aveva idea di dove si trovassero i suoi inseguitori, ma la sua intenzione era creare un diversivo.

Senza perdere tempo aprì subito dopo la portiera, afferrò la mano di lei e si fece trascinare giù sulla sabbia.

«Andiamo qua dietro, forza» fece Isabel alzandosi in piedi e indicando il muso inclinato della macchina.

Poi li vide.

Erano in due e stavano scavalcando ciò che restava del muricciolo di pietra.

Si nascosero dietro la vettura. In quel momento un paio di spari colpirono il terreno a pochi metri alzando nuvole di sabbia.

«Sta giù» le disse Lapo distendendosi a sua volta. La spalla sinistra gli faceva un male e non sapeva quanto avrebbe resistito ancora.

Impugnò la pistola e si mise in posizione. Non appena con la coda dell'occhio vide quegli uomini iniziare a camminare verso di loro e giudicò che fossero a portata di tiro, prese la mira e sparò.

Stavolta il proiettile centrò in pieno il bersaglio, colpendo l'uomo alla testa. Lo vide cadere a terra mentre l'altro si gettava di lato rotolando nella sabbia.

Prese di nuovo la mira e premette il grilletto.

Click.

Proiettili finiti.

Guardò Isabel come a chiederle se aveva in mente qualcosa.

Lei si voltò intorno.

«Da questa parte» gli disse aiutandolo ad alzarsi. Lapo però mise male il braccio e ricadde a terra con una smorfia di dolore. Isabel allora lo issò per la spalla destra tirando il cappotto e lo aiutò a rimettersi i piedi.

La pergamena cadde sulla sabbia. Lui fece il gesto di chinarsi per riprenderla, ma lei lo strattonò. «Non abbiamo tempo!»

Lui annuì. Si mossero, iniziando a correre in direzione del mare. Attraversarono un selciato di pietre, scavalcarono un muricciolo e proseguirono verso un piccolo molo.

Appena arrivati, notarono che erano ormeggiate un paio di barche a motore, probabilmente dello stabilimento poco distante.

«Di qua».

Saltarono sulla prima.

«Stacca la corda» gridò Isabel mentre cercava di accendere il motore.

«Fatto. Dai forza, leviamoci dai piedi.»

Dette un po' di gas e fece allontanare la barca dal molo di pietre. Subito dopo aumentò l'andatura spingendo la manopola al massimo.

«Tutto bene?» domandò poi a Lapo che si era disteso sul fondo della barca.

«Non proprio. Credo di aver bisogno di qualche cura medica» le mormorò con una smorfia di dolore.

Lei gli sorrise. Non aveva bisogno di chiedere altro. Alzò la testa e puntò decisa verso il mare aperto.

CONTINUA

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora