CAPITOLO 13

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Livorno

13

«E' una storia pazzesca» commentò Lapo alzandosi dalla poltrona.

Aveva bisogno di sgranchirsi un po' le gambe. La sua mente lavorava incessantemente cercando di unire tutti i puntini per trovare il bandolo della matassa.

«Qualcosa la turba?» domandò Ravizza.

«Stavo solo riflettendo. Che ne dite se riprendiamo un attimo il discorso iniziale?» propose avvicinandosi alla vetrata che dava sul giardino, «Abbiamo parlato del passato anche troppo. Adesso direi di affrontare i pericoli imminenti, se siete d'accordo»

«Che intende dire?»

«Che anch' io avrei qualcosa da comunicarvi.»

«L'ascoltiamo. Rinvangare il passato ha i suoi vantaggi, ma se vogliamo trovare i responsabili della morte di Michele e proseguire nelle sue indagini dobbiamo mettere sul piatto tutte le informazioni possibili.»

«Esattamente» rispose Lapo guardando Ravizza negli occhi «e, a proposito di scoprire chi potrebbe esserci dietro a questa storia, io avrei una certa idea. Vi dice niente l'Ordine del Rito Scozzese?»

A sentire quel nome Gonella sussultò, mentre Ravizza si alzò in piedi in evidente stato di preoccupazione.

«Purtroppo sì» rispose il Conte cercando di dissimulare la sua inquietudine. «Tutti noi lo conosciamo. E' un antico ordine massonico, potente e occulto, che racchiude al suo interno solo coloro che hanno raggiunto il grado più alto di maestro. Quello che sto cercando di dire è si tratta di una loggia elitaria che vanta tra i suoi membri persone influenti, ricche e pericolose. Lei è sicuro che siano loro i responsabili?»

«Abbastanza. L'uomo che mi ha aggredito nell'appartamento di Michele aveva un tatuaggio a forma di aquila a due teste sul polso. L'ho visto chiaramente. Ho fatto fare qualche ricerca in merito ed ho scoperto che si tratta del simbolo di quell'ordine.»

«E nient'altro?»

«Per la verità sì. E' venuto fuori un nome. Temple. Le dice niente?»

Ravizza non rispose subito.

«Se quello che dice è vero» disse poi con voce leggermente incrinata che non passò inosservata a Lapo «non mi stupisco affatto che dietro la morte di Michele ci siano loro.» Fece una pausa.

«Tu credi che sappiano delle nostre ricerche?» intervenne Gonella parlando per la prima volta dopo diverso tempo.

«Non lo so» gli rispose Ravizza, «ma il tatuaggio non mente» poi rivolto a Colonna. «Sì, il nome Temple mi dice qualcosa. Si tratta di una famiglia di origini scozzesi che è sempre stata una delle più potenti del regno. Imparentata con una discendenza che risale addirittura al re di Scozia, è connessa con le più importanti logge massoniche inglesi. Il primo gran maestro dell'ordine fu Henry John Temple, terzo visconte di Palmerston, proprio colui che giocò un ruolo fondamentale nell'organizzazione della spedizione di Mille.»

«Quindi il cerchio alla fine si chiude, in qualche modo» mormorò Lapo con una certa punta di apprensione.

«Esattamente. Mi spiace dirlo, ma temo che lei sia stato coinvolto in un gioco molto più grosso di quanto potesse immaginare. L'ordine del Rito scozzese sta cercando, almeno da quanto lo stiamo facendo noi, il diario di Garibaldi. Solo che loro lo vogliono per distruggerlo o per occultarlo in modo che nessuno sappia mai la verità.»

«Mi pare più che logico» aggiunse Lapo che adesso conosceva tutti gli oscuri risvolti di quella vicenda. «Là dentro potrebbero esserci non solo le prove concrete dell'inganno perpetrato al popolo italiano ma anche i dettagli degli accordi segreti e il flusso del denaro che è servito a corrompere politici e militari.»

«Proprio così. E penso che questi siano per loro motivi più che validi per eliminare chiunque si trovi nel mezzo.»

«Questo non fatico a crederlo. L'ho provato sulla mia pelle abbastanza di recente.»

«Che intende dire?»

«Che non solo sono stato aggredito mentre cercavo indizi nell'appartamento di Michele, ma hanno anche cercato di uccidermi a casa di mio padre, proprio nel momento in cui mi era stato recapitato un pacco speditomi da Michele.»

«Un pacco?» domandò Ravizza «non ne sapevamo niente.»

«Nessuno lo sapeva per la verità. Michele mi aveva mandato una mail in cui mi spiegava ogni cosa. Me l'aveva spedita il giorno prima di essere ucciso» così dicendo tirò fuori il cellulare. Aprì la posta e cercò il messaggio in questione, quindi porse il telefono a Ravizza.

Il Conte lo prese con mano tremante, quindi messi gli occhiali, la lesse con grande attenzione. Alla fine, senza dire una parola, passò il telefono a Gonella. Aspettò che anche l'amico l'avesse letta, poi guardandolo negli occhi: «Era andato avanti nella ricerche» gli mormorò piano

«Già» rispose Gonella, «ma non ci aveva avvertito. Perché?» scosse la testa.

«Io credo che lo abbia fatto per proteggere se stesso e voi» intervenne Lapo, «Come avete letto, era stato minacciato e aggredito più volte. Forse non voleva mettervi in pericolo prima del necessario.»

«Povero ragazzo.»

«Ma nel pacco cosa c'era?» domandò Gonella improvvisamente attento alla discussione.

«Un libro» gli rispose Lapo «un vecchio volume all'interno del quale ho trovato l'originale di un testo in una strana lingua che mi aveva anticipato allegandolo alla mail.»

«Allora l'aveva veramente scoperto!» esclamò Ravizza a un tratto come in preda all'emozione. «Il libro scritto da Clelia Garibaldi. Esiste davvero!»

«E non c'era nient'altro nel pacco?» chiese Gonella che fremeva dalla voglia di conoscere tutti i dettagli.

«Un foglio, con la traduzione di quello strano testo.»

Ravizza fece un grande sospiro. «Quello strano testo è esperanto, signor Colonna» spiegò. «Una lingua artificiale creata alla fine del 1800 da un oculista polacco di origini ebraiche. E' la più conosciuta e utilizzata tra le lingue ausiliare internazionali, creata alla scopo di far dialogare popoli di nazionalità diversa. Lo so perché mi è sempre stato detto che la stessa Clelia Garibaldi l'aveva studiato negli ultimi anni di vita proprio per essere in grado di poter parlare e accogliere i visitatori che giungevano da tutto il mondo nell'isola di Caprera.»

«Sembra che lei ne sappia molto in materia.»

«Purtroppo solo questo. Non so tradurre un testo, se è ciò che mi sta chiedendo. Io non l'ho mai studiato.»

Anche Gonella scosse la testa.

«Ma a quanto pare Michele c'era riuscito» concluse Ravizza con un guizzo degli occhi.

«A quanto pare» rispose Lapo. «Ma a che prezzo?» aggiunse poi ripensando alla tragica morte del suo amico.

«Già,» gli fece eco Ravizza

Ci fu un attimo di silenzio, poi Lapo tirò fuori da una tasca del giubbotto il foglio stampato. «Direi che è arrivato il momento di leggerlo insieme.» 

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora