CAPITOLO 42

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«Cosa è successo?» domandò lei dopo aver ripreso i sensi.

Non sapeva quanto era stata semi-svenuta, ma le sembrava passata un'eternità.

Aveva la faccia stravolta e le faceva male il capo là dove era stata colpita dal calcio della pistola.

«Sono morti tutti» le rispose lui digrignando i denti. «E' stato un inferno.»

Continuava a tossire.

«Sei ferito?»

«Alla spalla. Ma niente che non si possa curare. Tu invece? Stai bene?»

«Sì, credo di sì.»

«L'incendio ha bruciato tutta la vegetazione intorno al mulino e per poco non ha fatto fuori anche noi. Ti ho tirata fuori proprio all'ultimo.»

Lei si strinse la testa fra le mani.

Tremavano.

Le stavano tornando i ricordi. E come un fiume in piena la stavano travolgendo.

Risentì il calore del fuoco sulla pelle e l'odore acre del fumo.

Rivide Lapo lottare con Ravizza.

Rivide se stessa in quella stanza buia e fredda sotto la roccia, con il diario in mano.

Poi si ricordò di essere stata colpita da qualcuno nel momento esatto in cui stava cercando di uscire.

Strinse i pugni.

«Il diario?» domandò con apprensione sperando che ce l'avesse lui

«Non c'è più. L'avevo recuperato» le rispose «ma poi mi scivolato fuori dalla giacca quando siamo caduti dalla roccia. Mi dispiace.

E' bruciato insieme a tutto il resto.»

«Quindi è stato tutto inutile?»

Lui la guardò.

Erano appoggiati al tronco del grosso pino al centro del giardino della Residenza.

Di fronte a loro potevano osservare le volute di fumo nero che si alzavano nel cielo.

Non era il posto ideale, ma almeno erano al riparo dalle fiamme.

Una volta recuperate un po' le forze, se ne sarebbero tornati alla macchina e sarebbe fuggiti lontano da quel luogo.

E qualcun altro si sarebbe preso la briga di gestire tutta la faccenda.

Loro avevano fatto anche troppo.

«Non lo so Isabel» le rispose «non lo so. Davvero. Forse però è stato meglio così.»

«Tu credi?»

«Ormai non ha più importanza. Siamo vivi e questo è ciò che conta.»

«Hai ragione. Anche se sarei stata curiosa di leggere almeno qualche pagina, dopo tutto quello che abbiamo passato.»

Lui le sorrise.

«Forse si può ancora fare.»

Lei lo guardò.

«Che intendi?»

«Che mi è rimasto questo» così dicendo tirò fuori dal giubbotto un vecchio foglio ingiallito.

Se lo era ritrovato addosso poco prima. Doveva essere fuoriuscito dal diario mentre lo aveva ancora all'interno della giacca ed era stato solo per un caso fortuito se anche quello non era finito bruciato nell'incendio.

«Che cos'è?»

«Una lettera» le rispose lui tossendo «scritta da Garibaldi al professore Carlo Lorenzini.»

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora