CAPITOLO 10

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Achille Gonella si era chiuso in un muto silenzio. Dopo aver gettato l'amo aveva prontamente ritirato la lenza in attesa dell'arrivo del Conte, lasciando Lapo con l'amaro in bocca.

C'è molto di più gli aveva sussurrato poco prima il padrone di casa, senza rivelare altro, ma cosa?

Stava cercando di trovare una risposta quando Antonio Ravizza fece il suo ingresso nel salotto. Gli si avvicinò presentandosi, quindi si mise a sedere nella poltrona accanto a Gonella. Si girò verso quest'ultimo volgendogli volutamente le spalle. Lapo lo senti dire: «Quanto sa di tutta la storia?»

«Abbastanza» fu la risposta di Gonella, «ma stavo aspettando che tu arrivassi prima di alzare definitivamente il velo.»

«Va bene.»

In quel momento Lapo vide Ravizza voltarsi verso di lui.

«Dovete scusarci se siamo un po' sospettosi» esordì il Conte con voce pacata, «ma come può aver intuito ciò di cui dobbiamo parlare è un argomento alquanto delicato. E non possiamo rischiare di condividere certi aspetti della nostra storia con il primo venuto. Se intende ciò che voglio dire.»

«Capisco perfettamente e la ringrazio per la disponibilità» gli rispose. «Mi rendo conto del poco preavviso» aggiunse cercando di dimostrare ancora una volta la sua buona fede, «ma, come accennavo poco prima al suo amico, se Michele non avesse avuto fiducia in me non mi avrebbe suggerito di rivolgermi a voi in caso di necessità. Voglio solo scoprire che cosa è successo.»

Gonella intervenne nella discussione. «Lo sappiamo signor Colonna.

Dopo la sua telefonata di ieri sera Antonio e io ne abbiamo discusso a lungo e alla fine abbiamo deciso che era arrivato il momento di fare un passo in avanti.»

Fece un profondo respiro. «Michele era un bravo ragazzo e non avrebbe mai fatto del male a nessuno» continuò, ma le sue parole gli morirono in gola strozzate da un singulto.

Ravizza, vedendo che il suo vecchio amico stava faticando nel rinvangare certi argomenti, prese la palla al balzo. «Achille ha ragione» continuò fissando Lapo con i suoi occhi scuri. «E' una cosa orribile ciò che gli è successo. Ma è proprio per questo motivo che vogliamo giustizia. E l'unico modo che conosciamo è quello di continuare nelle ricerche. Ecco il motivo per cui abbiamo deciso di dirle tutto. Se Michele aveva fiducia in lei, non vedo perché non dovremmo averla anche noi.»

Gonella annuì, gli occhi arrossati dal pianto.

«Bene» riprese il conte con un sospiro, «chiarito questo aspetto, ha qualche domanda specifica, Colonna?»

«Il vostro ruolo in tutto questo. Voglio dire, perché stavate finanziando le ricerche di Michele? Per tradizione o per altro?»

Ravizza sorrise. «Lei è un uomo molto intelligente signor Colonna. E per rispondere alla sua domanda, sì, in parte è per tradizione, ma non solo. Vede la nostre due famiglie sono da sempre profondamente connesse con quella del Generale. Nel suo caso» e così indicò l'amico «il filo trova la sua origine in Clelia Gonella, la governante della figlia di Garibaldi. La donna visse in questa dimora per tutta la sua vita, prima a fianco della figlia di Giuseppe e poi da sola, fino alla morte avvenuta nel 2000. A quel punto la villa è passata al nipote» e ancora una volta indicò Achille. «Per quanto riguarda me invece, il legame di parentela con il Generale risale alla figura del conte Vittorio Ravizza. Mio nonno. Nel 1897 egli convolò a nozze con Rosita Garibaldi, la figlia maggiore di Menotti, il primogenito che Garibaldi aveva avuto dalle nozze con la sua prima moglie Anita.»

Lapo scosse la testa ripensando a quegli strani giri della storia che già aveva avuto modo di constatare a proposito delle vicende di Villa Francesca.

«Quindi, come può immaginare» continuò il Conte «tutto questo avrebbe già potuto essere più che sufficiente a giustificare l'amore per ciò che riguarda il passato di Garibaldi e per dare seguito alla tradizione che da sempre ci ha imposto di dover tenere traccia o recuperare i cimeli di famiglia. Ma, come lei ha giustamente notato, non è la sola e unica ragione» fece un'altra pausa, chiudendo gli occhi come se cercasse le giuste parole per ciò che aveva intenzione di dire. Quindi riprese. «Prima di proseguire però, signor Colonna, vorrei farle io una domanda, se permette.»

Lui fece cenno di sì con testa.

«Ha mai sentito parlare della Loggia Garibaldi N.542

«No.»

«Come immaginavo» rispose Ravizza con un sospiro. «Non sono molti quelli che conoscono a fondo la storia del nostro paese.»

«Dove vuole arrivare?»

«Voglio che lei abbia il quadro completo della situazione signor Colonna, altrimenti non potrà mai penetrare a fondo nella faccenda.

Mi creda, non è così banale come sembra.»

«Vada avanti allora»

«Certo, ma per farlo, ho bisogno che abbia ancora un po' di pazienza e che mi ascolti con estrema attenzione.»

«Sono qui per questo.»

«Molto bene. Allora facciamo un piccolo salto indietro nel tempo e torniamo in America intorno alla metà del 1800 e più precisamente a ciò che successe nella riunione del 22 ottobre 1882 alla Irving Hall di New York.»

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora