CAPITOLO 17

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«Mi spiace, ma il suo viaggio finisce qua, signor Colonna» disse Ravizza guardandolo negli occhi. «Ci consegni la pergamena, adesso!»

«E se non lo facessi?»

«Non mi metta alla prova, non le conviene.»

Lapo annuì e fece il gesto di prendere il documento.

«Lentamente!» aggiunse il conte ma Lapo, abbassando la testa, si era già scagliato contro Ravizza, colpendolo con la spalla diritto allo stomaco.

L'uomo cadde a terra, colto dalla quella repentina e inaspettata mossa e lasciò scivolare la pistola.

Gonella invece rimase immobile, incapace di reagire. Approfittando di quell'attimo, Lapo proseguì verso la vetrata. Montò sopra le poltrone, le scavalcò, aprì la porta finestra e si precipitò all'esterno, fuggendo nel giardino.

Mentre correva lungo il vialetto di ghiaia in cerca di un luogo in cui ripararsi sentì dietro di sé uno sparo. Istintivamente abbassò la testa e si gettò di lato fra le frasche. Un rumore secco gli fece capire che il proiettile aveva colpito il braccio di una statua di marmo situata nel punto in cui si trovava solo qualche secondo prima.

Si nascose dietro il tronco di albero.

Non aveva portato con sé un'arma quindi doveva improvvisare.

Si guardò intorno. Quel giardino aveva tutta l'aria di essere una trappola.

Un altro sparo molto vicino lo costrinse a spostarsi. Si mosse allora verso la parte più esterna rimanendo però sempre nascosto dalle piante e dai grossi tronchi degli alberi.

Dietro di lui si trovava un grande muro di pietra che delimitava il perimetro della proprietà, ma era troppo alto per riuscire a scavalcarlo.

Forse poteva salire su qualche albero?

«So che è nascosto qui da qualche parte» la voce di Ravizza lo distolse dai propri pensieri. «Vogliamo solo la pergamena, niente altro. Non potrà nascondersi in eterno.»

Lapo non rispose continuando a scrutare il giardino intorno a sé. Fu in quel momento che notò un paio di costruzioni a ridosso del muro esterno. Una, alla sua sinistra, sembrava una specie di dependance per gli ospiti, costruita sulla parete confinante con il giardino della proprietà accanto, l'altra, quella a destra, appariva invece più come un piccolo capanno in legno il cui tetto arrivava quasi a lambire la sommità del muro di cinta.

Forse c'è una possibilità.

Elaborato un piano si mise in ginocchio e cercò un sasso. Quando lo trovò lo prese e lo scagliò con forza nella direzione opposta alla sua in modo da creare un diversivo.

Non appena udì i passi di Ravizza muoversi lontano da lui, tirò fuori la pergamena dal giubbotto e la srotolò velocemente in terra. Scattò un paio di foto con il cellulare e le spedì per posta a Rosa con un breve messaggio.

Sono nei guai. Dai un'occhiata a queste immagini.

Rimessa la pergamena nel giubbotto si mosse verso il capanno proprio quando vide la sagoma di Ravizza avvicinarsi.

Il conte sparò un'altra volta e Lapo si gettò a terra, muovendosi al contempo verso una delle pareti della struttura di legno.

Appena al riparo si arrampicò.

Era appena giunto in cima che udì un altro paio di colpi di pistola, poi un rumore di schegge di legno e infine un forte bruciore alla caviglia.

Senza fermarsi a riflettere, si gettò oltre il muro atterrando sul tetto di una piccola costruzione in plastica, probabilmente adibita a deposito di attrezzi. Nella caduta mise male il piede destro e perse l'equilibro. Scivolò a terra, rovinando sul prato a pochi metri dal bordo di una piscina storcendosi la caviglia.

Trattenne una smorfia di dolore. Doveva muoversi. Si rimise perciò in piedi e attraversò il prato fino al cancello di ferro. Fortuna che, all'interno di quella villetta, non c'era nessuno. Appena giunto si issò sul muricciolo laterale e, a fatica, scavalcò il cancello che delimitava la proprietà.

Era di nuovo sulla strada.

La caviglia gli faceva un male, così come il taglio dovuto al proiettile, ma il dolore serviva a ricordargli che il pericolo era molto vicino.

Si voltò intorno per valutare la situazione. A occhio e croce doveva trovarsi dalla parte opposta a quella in cui aveva parcheggiato la macchina, per cui, se voleva tornare al punto di partenza, doveva per forza fare il giro dell'isolato.

Si mosse perciò in direzione della strada che vedeva davanti a sé e che svoltava verso destra. La imboccò, cercando di camminare il più velocemente possibile, proseguendo sempre diritto. Svoltò ancora a destra e prese via Giuseppe Ravizza sorridendo per la strana coincidenza.

Dieci minuti dopo, zoppicando vistosamente, raggiunse l'auto. Fino a quel momento era rimasto chino dietro le vetture parcheggiate e adesso si rese conto di aver fatto la scelta giusta.

Poco lontano, intravide Ravizza e Gonella, fermi di fronte al portone della villa. Stavano muovendo la testa in ogni direzione, osservando la strada.

Aspettò il momento giusto, quindi si alzò e fece un passo.

Uno sparo. Vicino. Veniva da dietro.

Si gettò a terra distendendosi sul marciapiede, mentre il proiettile colpiva in pieno il vetro della macchina dietro la quale si stava riparando mandandolo in frantumi.

Schegge di vetro volarono in aria, colpendolo in pieno e ferendolo alla testa e al volto.

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora