CAPITOLO 36

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«Diglielo Antonio» mormorò Gonella con una voce quasi rotta dal pianto. «Ormai non abbiamo più niente da perdere. E' finita. Digli tutto, avanti» scuoteva la testa in preda alla disperazione.

Ravizza sputò per terra.

«Il suo amico le ha dato un ottimo consiglio. Fossi in lei lo prenderei in considerazione.»

«Bastardo.»

«No, non direi. Forza si muova, non ho tempo da perdere.»

«E va bene» sibilò il Conte alzandosi in piedi «pare che alla fine non abbia scelta.»

«Piano..» Lapo avvicinò la pistola tenendone d'occhio i movimenti.

«Sono disarmato non se lo ricorda?» quindi indicando con la mano la base della tomba. «E' qua sotto, all'interno del legno. L'avevano appena scoperto quando ci avete interrotto.»

Lapo si rivolse a Isabel. «Dà un'occhiata e vedi se ha detto la verità.»

Lei si avvicinò. Si chinò appoggiando le mani sopra il legno.

«In effetti sembra che ci sia una leggera scanalatura» disse piano «proprio qui, quasi al centro. Come un cassetto appena scostato.»

«Riesci ad aprirlo?»

«Ci provo, ma servirebbe un coltellino, o qualcosa del genere.»

«Prova con uno degli attrezzi alla parete. Prendine uno con la punta di ferro, magari il più fine possibile. Dovrebbe essere sufficiente.»

«Ottima idea.»

Si mosse verso il lato del pozzo, nella pozione di muro dove si trovavano attaccati i vari oggetti da lavoro.

Li osservò con attenzione.

Poi scelse quello che riteneva essere il migliore e ritornò sui suoi passi.

«Posso sapere cosa ha intenzione di fare con noi dopo che avrà preso la chiave?» domandò Ravizza mostrando un'aria sprezzante.

Lapo però non gli rispose.

Non avrebbe avuto senso. E poi stava ancora valutando la situazione.

Sì è vero, quei due lo avevano prima usato e poi tradito così come avevano fatto con Michele Donati.

Avevano perfino cercato di ucciderlo, costringendolo a una fuga rocambolesca per le strade di Livorno.

E per tutto questo non meritavano di certo un trattamento di favore.

Ma d'altra parte lui era convinto, nel profondo, che la faccenda fosse un tantino più complicata.

Se ne era reso conto solo pochi minuti prima, osservando il volto stravolto dalla paura di Gonella e quello in apparenza sprezzante di Ravizza.

Qualcosa li terrorizzava.

Probabilmente la stessa cosa che doveva averli spinti oltre il limite consentito, in quella terra di disperazione dalla quale non si può più tornare indietro e che, forse, li aveva costretti a fare un patto con il diavolo.

Fece un profondo respiro.

Dopotutto potevano essergli ancora utili.

«Allora?» si rivolse dunque a Isabel ritornando al presente «come andiamo? Ce l'hai fatta?»

«Dammi ancora un momento Lapo, non è così facile come può sembrare.»

«Okay, ma fa' in fretta.»

Lei replicò con un solo un gesto della mano, come per fargli intendere che stava cercando di fare del suo meglio.

E si concentrò sull'obiettivo.

Dopo vari tentativi, armeggiando alla bell'e meglio con lo strumento di ferro, riuscì a infilare la punta fine, ma robusta, all'interno di una delle scanalature forzando in tal modo il lato più corto a uscire un po' in avanti.

Quindi fece la stessa cosa dall'altra parte.

A quel punto, con le mani riuscì a sfilare quella piccola porzione di legno quel tanto che bastava per potervi inserire due dita e afferrare la chiave.

«Eccola» esclamò quindi alzandosi e mostrandola a Lapo.

Lui l'osservò.

Era abbastanza piccola, di ferro, con un cerchio in cima al centro del quale era inciso una specie di simbolo.

Come un logo.

Non si riusciva a leggerlo però. Il tempo e l'umidità, uniti alla salsedine dell'aria marina, dovevano averlo corroso.

Alzò le spalle.

Poco male.

Poi sorrise. «Tutto questo casino per un oggetto così piccolo» scosse la testa.

Quindi si rivolse a Isabel. «Dai andiamo. Voglio mettere la parola fine a questa storia. Una volta per tutte.»

Lei annuì. Poi guardando Ravizza e Gonella «E loro?» domandò con aria poco rassicurante indicandoli. «Li lasciamo qui?»

«No. Loro vengono con noi» replicò lui con un sibilo. «Forza, datevi una mossa.»

***

L'uomo li vide uscire dalla stalla, uno alla volta.

Finalmente!

Si preparò quindi ad agire quando si accorse che qualcosa non quadrava. La situazione sembrava essere nuovamente cambiata.

I due uomini di Villa Francesca camminavano con una pistola puntata alla schiena.

Dietro, la donna e l'agente italiano. Per un attimo rimase interdetto cercando di assimilare ciò che stava accadendo e valutando se tutto questo poteva rappresentare un problema oppure no.

Le rotelle della sua testa lavoravano alacremente.

Alla fine sorrise.

A quanto pare si è modificato lo status quo. Ma non per me.

Continuò perciò a osservare, nascosto dal tronco di un grosso pino, l'avanzare di quello strano gruppetto.

Stanno andando al mulino! Quindi devono aver trovato la chiave.

Perfetto.

Il mio piano dopotutto può ancora funzionare. Anzi, in questo modo mi sbarazzerò di tutti loro in una volta sola.

Si strofinò le mani.

Poi, con un ghigno malefico sulle labbra, si rimise sulle spalle lo zaino che aveva appoggiato per terra poco prima.

Quindi si mosse furtivo rimanendo comunque sempre nascosto nell'ombra, come un fantasma.

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora