CAPITOLO 15

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Rosa si muoveva nel suo studio la mente invasa da foschi pensieri.

Da quando Colonna gli aveva parlato del tatuaggio con l'aquila a due teste che lei aveva scoperto rappresentare il simbolo della loggia del rito scozzese, aveva sentito una forte inquietudine farsi largo dentro di lei con sempre maggiore vigore.

Temeva per il suo agente. Il rischio era molto alto e il coinvolgimento personale di Lapo altrettanto.

Un mix che non avrebbe portato a nulla di buono.

Non ti fidare di nessuno, gli aveva suggerito. Ma avrebbe seguito il suo consiglio?

Sulla base di ciò che le aveva comunicato per telefono, in questo momento si sarebbe dovuto trovare all'interno di Villa Francesca, ma chissà perché, la cosa non le piaceva per niente.

Chi erano in realtà le persone che Michele aveva indicato nella mail? Altre pedine di quel gioco, oppure qualcosa di più?

Continuò a camminare nel suo studio, ragionando. C'era qualcosa che non quadrava.

Come mai quell'archeologo aveva preferito spedire il pacco a Lapo pur non vedendolo da almeno dieci anni piuttosto che a coloro che stavano finanziando le sue ricerche?

Era molto strano.

Aveva scoperto qualcosa e non si fidava di loro?

Probabile.

Più ci pensava più questa ipotesi assumeva contorni sempre più nitidi.

Ma per il momento non poteva fare altro. Tornò alla scrivania e accese il computer.

Voleva saperne di più sulla famiglia Temple.

***

Niente. Avevano esaminato il pavimento osservando con attenzione ogni singola mattonella. Nulla. Non c'era la minima traccia di scomparti nascosti.

«Siamo sicuri che non si trovi al piano superiore?» domandò Lapo asciugandosi il sudore dalla fronte.

«No, sopra ci sono solo le camere» rispose Gonella che aveva preso a girare in tondo nel salotto. «Non credo sia possibile. Deve essere per forza qua, da qualche parte. Ne sono certo.»

«Va bene, allora continuiamo a cercare. Guardiamo là sotto, dove si trova la scrivania e quel grande specchio.»

Si mosse in quella direzione. Ravizza lo seguì mentre Achille continuava a rimuginare in silenzio.

«Forza spostiamola di lato» suggerì Lapo mettendo le mani sotto al bordo del grosso mobile di legno. Ravizza fece altrettanto dall'altra parte. «Faccia attenzione» grugnì. «E' una scrivania originale e apparteneva alla famiglia Garibaldi. Vale un sacco di soldi, compreso il grammofono che vede qua sopra.»

Lapo annuì. Non aveva nessuna intenzione di creare problemi rovinando le anticaglie di quella dimora.

«Bene, direi che è più che sufficiente» disse non appena ebbero spostato la scrivania qual tanto che bastava per liberare lo spazio del pavimento.

Si chinò e con le mani iniziò a tastare ogni mattonella. Poi quando arrivò a quelle accanto al battiscopa, qualcosa attirò la sua attenzione.

«Un momento» mormorò ripassando le mani sui bordi. «Qua sembra che ci sia qualcosa» volse quindi la testa verso Ravizza. «Venga a vedere anche lei. Non le sembra che queste due piastrelle siano più distanti delle altre?»

Il conte si inginocchiò accanto a lui mentre Gonella si fece più vicino, fermandosi dietro le loro spalle.

Ravizza tastò il pavimento nel punto indicatogli da Lapo e notò anche lui una leggera scanalatura fra le due piastrelle, leggermente rialzata. Picchiettò sopra e sentì un rumore sordo, come se sotto ci fosse del vuoto.

«Ha ragione» mormorò. «Ha sentito come ha suonato? Come se sotto al pavimento ci fosse uno scomparto. Ci vorrebbe qualcosa per fare leva però.»

«Potrebbe andare bene un coltello affilato?» domandò Achille che non aveva perso un secondo di quella discussione.

«Meglio che niente» borbottò Lapo mentre cercava di capire come fare per forzare quella chiusura.

«Torno subito.»

Ravizza guardò di nuovo quelle mattonelle mentre Lapo, aveva iniziato a ripulire dalla polvere i bordi delle fughe, mettendo in netto risalto la scanalatura.

«Credo proprio che sia il punto giusto.»

Pochi minuti dopo Gonella tornò.

«Non ho trovato di meglio» disse passando a Lapo un grosso coltello dall'impugnatura di alabastro.

Pareva un residuo dell'1800 e probabilmente lo era, magari appartenuto allo stesso Generale.

Ma tenne per sé le domande in merito. Per ciò che doveva fare sarebbe andato più che bene.

Lo prese e infilò la grossa punta all'interno della fuga. La lama s'introdusse con facilità segno che fra le due piastrelle c'era del vuoto. Così facendo poté fare leva con il braccio fino ad alzare il bordo della mattonella. Infilò allora le mani al di sotto e l'alzò fino a farla cadere rivolta a faccia in su. Ci fu un rumore sordo mentre si levarono in alto diversi granelli di polvere.

A quel punto Lapo guardò all'interno della cavità. E la vide. Il pavimento era stato scavato quel tanto che bastava per introdurvi una cassaforte larga all'incirca una quarantina di centimetri.

Ma la sua attenzione era tutta per il coperchio metallico, al centro del quale, oltre a una manopola, spiccavano una serie di numeri posizionati all'interno di piccoli cilindri ruotanti.

«E' lei» mormorò Ravizza con la bocca spalancata dallo stupore. «L'abbiamo trovata.»

Il prezzo dell'ingannoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora