ANASTASYA
19 anni
Il passato è sempre lì.
Quella parte della mia vita che non riesco a ricordare ma che sento viva in ogni fibra del mio corpo, in ogni attimo.
Trascorro i giorni in questa casa a domandarmi che ne sarà della mia vita e del mio futuro, ma cosa posso aspettarmi se non sono disposta a fare i conti con quello che ricordo?
Già. Perché non avere ricordi prima dei dodici anni fa un male cane, ma averli dopo è ancora peggio. Passo le notti a tormentarmi in incubi che mi soffocano e il più delle volte è Sascia a salvarmi.
Entra in camera, si accoccola vicino a me e mi stringe finché non mi calmo. Ma al mio risveglio non lo trovo mai ed è come subire una perdita ogni volta che vedo il mio fianco vuoto. Qualche settimana fa sono stata io a calmarlo e mi sono addormentata con lui.
Mi aveva supplicata.
Ma da quel giorno, oltre alle notti che lenisce il mio dolore, non ho avuto più modo di dialogare con lui o di stargli vicino.
Mi aveva parlato di un matrimonio che non c’è stato e in qualche modo mi sento sollevata.
Avevo paura che con le nozze il mio Padrone sarebbe tornato a riprendermi, e non sono sicura di volerlo.
Mi manca, ma mi piacciono anche le attenzioni che mi dà Sascia. Il modo silenzioso in cui si prende cura di me e mi fa sentire protetta.
Stando a quello che dice Marisol, o Rick con i suoi bruschi modi, non posso andarmene via da questo posto. Almeno finché il problema della persona che mi ha usata come cavia non venga risolto.
Approfitto di ogni momento di solitudine per perlustrare la casa e il giardino, ma finora non ho scoperto nulla.
Sascia a volte sparisce per giorni interi, ma sono certa che si nasconda da qualche parte qui intorno.
Lo so perché la sua macchina resta ferma nel vialetto, nessun autista passa a prenderlo e suo figlio il più delle volte si volatilizza insieme a lui.
Tornano sempre distrutti, con graffi e segni di ferite evidenti sulla pelle.
Non che abbia mai visto davvero il fisico nudo di Sascia. A parte quella notte, nella sua camera, in cui l’unica cosa che sentivo era la sua erezione premere contro il mio sedere.
Il solo ricordo mi fa perdere l’equilibrio.
Entro nell’ampio salone con il riflesso della luna a illuminare la stanza. Le tende color crema svolazzano nel vento leggero che soffia dalla vetrata socchiusa.
«Non lo avrei mai fatto» una voce nel silenzio spezza i miei pensieri.
Scorgo la sagoma di Rick, seduto sul divano, in penombra. Ha la testa rovesciata all’indietro e la faccia rivolta verso il soffitto mentre fissa un punto nel vuoto e sospira.
«Cosa?» chiedo con un filo di voce, mi avvicino per sedermi accanto a lui.
«Giulia. Non le avrei mai fatto del male, ero innamorato di lei.»
Sprofondo sul divano e osservo i suoi occhi lucidi, persi in qualche ricordo lontano.
«E lei lo era di te» aggiungo.
Volta appena la testa, per guardarmi.
So che vorrebbe farmi mille domande ma non trova il coraggio, così rispondo dando voce alle risposte che vorrebbe sentire.
«No, lei non mi ha detto nulla. Mi è bastato guardarla per capire che avete la stessa tristezza negli occhi.»
Annuisce, poi torna a fissare il soffitto.
«Ho visto la merda che facevano nella tua scuola» dice, con voce roca «mi obbligavano a guardare. Per questo non farei mai una roba simile. Cazzo, il solo pensiero mi fa venire da vomitare.»
Spalanco gli occhi alle sue parole.
Rick ha frequentato la mia scuola?
Che cavolo ci faceva lì?
«Non guardarmi così» continua, quasi leggendomi nel pensiero «so cosa stai pensando.»
Allunga una mano sul piccolo tavolo di legno e prende lo spinello spento, appoggiato nel posacenere.
Se lo porta alle labbra e lo accende, poi soffia una nuvola di fumo e riprende a parlare.
«Mi hanno abbandonato al maniero appena nato. Sascia mi ha trovato e accolto come un figlio. Ha fatto di tutto per impedire la mia purificazione, ma era troppo giovane per combattere quelle persone. Non è riuscito a evitare che mi obbligassero a guardare.»
Fissa lo spinello riflettendo sulle sue parole, incredulo di fare quella confessione ad alta voce.
Di farla a me.
«Rick, non devi…»
Mi interrompe con un gesto della mano mentre con l’altra si asciuga una lacrima incastrata tra le ciglia.
«Quando papà è stato abbastanza forte mi ha trascinato via da quello schifo, prima che potessero abusare anche di me. Spesso, di notte, sento ancora gli strilli di quei ragazzini, e vedo i volti straziati di bambini innocenti» si copre il viso con le mani «quella denuncia mi ha spezzato, Ana.»
Se lui riesce a trattenere le lacrime, io non riesco a fermare le mie.
Non avevo idea che Rick avesse vissuto tutto questo, e non avevo idea che Sascia vivesse in quel posto.
E se Sascia non è uno di loro vuol dire che anche a lui…
No cazzo, non voglio pensarci.
«Quando ho saputo di Alys mi sono sentito morire.» Lo guardo confusa. «L’ho protetta, presa sotto la mia ala. Ma era devastata» spenge lo spinello nel posacenere e fissa le sue iridi nelle mie «so che eravate amiche, perché non l’hai mai cercata?»
Il senso di colpa mi attanaglia.
«Perché mi ricorda tutto quello che voglio dimenticare» rispondo con una verità che mi brucia sulla lingua.
Rick stringe i pugni. «Cazzo scusami, io non volevo.»
Mi avvicino e gli poso una mano sulla spalla.
«È tutto okay» la bugia mi scivola dalla bocca come una lama affilata.
Odio rivangare quel passato che non la smette di ferirmi, e odio aver rinunciato ad Alys.
La prima volta che l’ho vista, era rannicchiata in un angolo dello scantinato, avvolta nelle lacrime.
Don Vadim l’aveva appena…
I suoi capelli chiari come la luna le coprivano il viso, scompigliandosi a ogni singhiozzo.
Si nascondeva nell’ombra, convinta di essere invisibile, ma io ero lì, e avevo assistito a ogni cosa.
Dormivo in quel posto perché mi rifiutavo di andare al dormitorio, ma quando lei mi ha preso per mano e mi ha portato nella sua camera, nel suo lettino, ho capito che aveva bisogno di me.
E io di lei.
Mi faceva pensare alla mia sorellina, anche se per qualche strano motivo avevo la sensazione che non le somigliasse affatto.
Alys era bionda e i suoi occhi di un azzurro intenso riuscivano a illuminare anche gli angoli più scuri del maniero.
Era piccola e magra, e il più delle volte cercava di nascondersi dietro i suoi occhiali rotondi sperando di restare invisibile.
«Dovresti chiamarla, non se la sta passando molto bene» mormora, la testa immersa tra le mani e le dita aggrappate nei riccioli neri.
Il nodo nello stomaco si stringe.
«Cosa le è successo?»
Alys era fragile tanto quanto lo ero io, l’avevo salvata chiamando suo fratello, ma a quanto pare non è stato sufficiente.
«Si è innamorata di uno stronzo al campus estivo che le ha spezzato il cuore, e ha tentato di togliersi la vita» sputa tutto d’un fiato.
«Rick, dimmi che stai scherzando.»
Scuote la testa.
«Ero talmente spaventato che… l’ho baciata. Quel giorno dopo averle salvato la vita, l’ho baciata.»
Lo fisso, senza parole ma all’improvviso mi rendo conto che dietro quel gesto avventato si nasconde un sapore amaro.
Alys le somiglia, cazzo, assomiglia a Giulia.
«Hai baciato tua zia?»
Rick serra la mascella.
«Non biologicamente, cazzo, ma in quel momento…» si blocca.
«Ti ricordava lei» concludo io per lui.
Dopo qualche minuto di silenzio si alza in piedi con uno scatto improvviso, la sua espressione cambia.
«Domani sera sposerai mio padre, Ana» il gelo nella sua voce mi paralizza «vai a dormire, sarà una lunga giornata.»
Me ne vado e lo lascio da solo senza proferire parola, perché qualunque cosa dica sono sicura che non serva a nulla, come sono certa che tra qualche minuto andrà da suo padre a riferirgli della nostra conversazione.
Ed è proprio quello che fa dopo qualche minuto, senza accorgersi della mia presenza nascosta in un angolo buio della casa.
Lo seguo nella penombra. In altre circostanze mi avrebbe notata ma è talmente preso dai suoi pensieri che non si rende conto di nulla.
Male, molto male Rick, tuo padre non sarebbe fiero di te in questo momento.
Esce dalla villa e prosegue in giardino fino ad arrivare a una dependance sul retro.
Con la spalla premuta contro il legno, lo spio attraverso il vetro della finestra mentre entra nella casetta.
È una stanza enorme in stile ottocentesco con un grande camino di pietra al centro e con una biblioteca che riempie le pareti laterali.
Non sono mai stata qui, deve essermi sfuggito quando mi sono concentrata nel perlustrare la parte est del giardino.
Un quadro dalle dimensioni di un essere umano è appeso sopra il camino, ed è proprio lì che Rick posa la mano e fa scattare una leva che apre un passaggio segreto, poi si infila al suo interno.
Lo sapevo, dovevo solo attendere il momento giusto.
Aspetto dieci minuti prima di entrare e riaprire la porta nascosta dove una ventata di aria gelida mi sbatte sulla faccia.
La poca luce lungo il tunnel roccioso filtra da lontano dove riesco a scorgere delle torce attaccate alle pareti.
Faccio attenzione a dove metto i piedi e comincio a camminare lasciando che la porta alle mie spalle si richiuda lentamente.
Non ho la minima idea di dove stia andando, ma una cosa è certa: non tornerò indietro senza aver scoperto qualcosa.
Provo a farmi luce con la torcia del cellulare, non l’ho più acceso da quando Sascia mi ha portato qui.
Sono certa che Giulia mi stia cercando ovunque, vista la sfilza di messaggi che mi è arrivata non appena ho premuto il pulsante di accensione e inserito il silenzioso.
Tasto la parete facendomi luce e noto delle piccole linee rosse a forma di croce che tratteggiano le rocce. Ce ne sta una ogni due metri e il ricordo dei tunnel del maniero mi si riversa nella mente come una valanga di immondizia.
Quel luogo ne era pieno, io ed Alys ci orientavamo con questi segni per nasconderci e intrufolarci nei sotterranei della scuola.
Un conato di vomito mi brucia in gola al solo pensiero che Sascia sia coinvolto in tutto quello schifo.
Ma in quale maniera, ancora non ne sono sicura.
La voce di Rick e Sascia mi fa tornare al presente, faccio capolino dall’angolo della caverna per scorgere meglio le loro sagome.
Sascia è avvolto dal sudore, la sua pelle tatuata come una mappa descrive la sua vita evidenziando il corpo mezzo nudo e martoriato.
I capelli neri gli ricadono sul viso mostrando un uomo del tutto diverso dall’avvocato Kovalenko vestito dei suoi abiti eleganti di alta sartoria, e dall’aspetto impeccabile.
Si passa una mano tra i capelli e i suoi occhi brillano con un’intensità tale che mi fa dimenticare il motivo per cui sono venuta fin qui.
È così bello che sto desiderando la sua mano stretta intorno al mio collo e il suo corpo che preme con ferocia contro di me.
Un brivido percorre tra le mie cosce che stringo forte.
C’è odore di sangue in questo luogo e percepisco una fitta di angoscia quando i miei occhi cadono sull’altare di pietra che mi fa tornare con la mente nel passato.
Ma l’ansia peggiore me la trasmettono i crocifissi rovesciati ai suoi lati.
L’inferno intero si inchinerebbe al tuo cospetto.
«Alys e Artem meritano di saperlo» gli dice Rick.
«Lo sapranno, ma non adesso. Ho bisogno di proteggerla e tenerla lontana da tutti» risponde Sascia con aria stanca.
Da quanto tempo sta in questo posto, e cosa diavolo succede qui dentro?
«Come vuoi, ma ti conviene dirgli chi sei davvero, non se le merita altre bugie» controbatte suo figlio.
«Da quando sei diventato così saggio figliolo?» Sascia allunga un braccio e lo stringe a sé, riesco a sentire la morsa d’invidia che mi preme nella pancia.
Mi manca l’amore di un padre.
C’è mai stato un affetto del genere nella mia vita?
Ma poi succede qualcosa che mi mozza il respiro, quando lo lascia e si volta di schiena rivelando l’inchiostro scalfito sulla scapola destra.
Il tatuaggio di un lupo spicca sulla pelle, ho già visto quel disegno e so a chi appartiene.
Perché la coincidenza è ben lontana dalla realtà che mi si riversa addosso.
Avevo tutto davanti agli occhi, eppure sono stata cieca.
Lampi di luce a intermittenza prendono d’assalto le mie pupille.
Mi accascio in terra con le ginocchia strette al petto e un buco nel cuore grande come una voragine.
Chino la testa e il ricordo di quella notte irrompe con furia nella mia mente.
Passato
18 anni
Tra poco è mezzanotte e io compirò diciotto anni.
Ma per quanto ne so, potrei averli già compiuti e non ricordarmene.
Quasi sicuramente la data di nascita sul mio documento è fittizia.
Apro la finestra e lascio che la brezza estiva invada il mio corpo sudato.
Indosso una vestaglia nera di raso con un completino di pizzo, so perché mi sono vestita in questo modo.
Lui ha promesso che sarebbe venuto a prendermi, ma è tardi e i miei occhi si chiudono nel momento in cui torno a sdraiarmi sul letto e appoggio la testa sul cuscino.
I capelli color miele mi solleticano la faccia, i polsi sono indolenziti. Provo a muoverli ma un tintinnio di metallo mi fa strabuzzare gli occhi e indirizzarli nel punto in cui sento un lieve dolore.
Le mie braccia sono incatenate alla sponda in ferro battuto del letto.
«Ciao Lilith, sono venuto a mantenere la mia promessa» mi dice una voce profonda come le tenebre.
Fisso la sagoma del mio padrone, in penombra, seduto sulla sedia di fronte alla finestra.
Indossa la stessa maschera del giorno in cui l’ho conosciuto.
Ho aspettato questo momento, l’ho aspettato ogni secondo negli ultimi quattro anni, ma mai avrei immaginato di sentire il mio cuore battere così forte.
Stringo le gambe, un impulso che mi viene automatico.
Segue il mio movimento da dietro la maschera di demone, e sfoggia un sorriso sfrontato.
«No, piccola, allargherai quelle gambe per me tutta la notte» sussurra mentre si rigira tra le mani un anello di metallo, poi si alza e mi viene incontro.
Indossa una camicia bianca sbottonata sul petto, lasciando intravedere lo stesso disegno sulla scapola che avevo notato quattro anni fa.
Il tatuaggio di un lupo nero che ulula alla luna piena.
«Perché mi hai legata?» la mia voce trema appena mentre il mio corpo diventa incandescente.
L’aria nella stanza si fa carica di elettricità.
Sono sotto un incantesimo, non c’è altra spiegazione.
China la testa e mi avvicina le labbra all’orecchio.
«Ti legherò a me per sempre. Sei pronta?» bisbiglia.
Lingue di fuoco mi strisciano sulla pelle insieme alle sue parole che penetrano in profondità.
«Sì, ti prego» rispondo senza mezzi termini «voglio essere tua.»
I miei occhi incontrano i suoi che inceneriscono ogni cellula del mio corpo.
«Sì, dannazione, sei mia e sto per farti a pezzi.»
Con un paio di gesti rapidi mi strappa la vestaglia, il reggiseno e le mutandine di pizzo.
Mi scruta da sotto la maschera e giurerei di vedere il diavolo attraverso i suoi intensi occhi.
Si muove con lentezza e si posiziona sopra di me, con le gambe ai lati del mio corpo, poi inizia a leccarmi passando la lingua minuziosamente su tutta la pelle, assaporandone ogni centimetro e facendomi contorcere dal desiderio.
«Mi hai dato il tuo sangue quattro anni fa, ma oggi prenderò quello che mi spetta di diritto. Hai mantenuto la tua purezza per me, Lilith?»
Annuisco.
«Aspettavo te.»
Si infila una mano in tasca e tira fuori una benda con la quale mi copre gli occhi.
Non vedo più nulla, ma riesco a percepire ogni suo movimento, mentre si spoglia, e ogni nostro respiro.
Le mie parole cariche di desiderio danno vita alla bestia che è in lui.
E proprio come ha promesso, si prende ogni cosa di me facendomi a pezzi, ma c’è qualcosa che mi lascia un buco del petto.
Le sue labbra non sfiorano mai le mie.
Quando giunge il momento in cui non abbiamo più forza per avere orgasmi, ed è quasi l’alba, mi stupisce togliendomi la benda.
E prima che possa metterlo a fuoco, si è già rivestito.
«Adesso ti marchierò, Lilith, così ti ricorderai per sempre a chi appartieni.»
Non riuscirei mai a dimenticare questo momento.
Si sfila dal pollice un anello di metallo, e accende lo zippo che teneva nella tasca dei pantaloni.
La fiamma traballante tocca la testa dell’anello, e non appena diventa incandescente la schianta contro la mia pelle.
Dietro la spalla.
Un dolore fitto mi trapassa le ossa mentre con la mano libera mi tappa la bocca per soffocare le grida.
«Sei mia, Lilith, e tornerò a prenderti presto.»
Dichiara, prima di slegarmi e di dissolversi nel nulla.
Finalmente abbiamo scoperto cosa è accaduto al compimento di diciotto anni della nostra Lilith.
Vi è piaciuto Sascia??
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𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕾𝖆𝖘𝖍𝖆 - 𝖛𝖔𝖑. 3
RomanceMolti pensano che io sia il diavolo in persona, per questo in tribunale mi faccio chiamare Michail come il demone di un famoso poema romantico della letteratura russa. Non sanno che mi faccio chiamare così perché, proprio come quel demone, penso di...
