ANASTASYA
19 anni
Il dolore è la prima cosa che sento.
Si insinua nelle ossa, nelle viscere, nella pelle che pulsa come se fosse stata marchiata a fuoco.
Non riesco a muovermi.
La testa mi pesa come se fosse intrappolata in un blocco di cemento. Il mio corpo è una gabbia di carne e ferro, eppure qualcosa dentro di me si contorce, si ribella, cerca disperatamente di risalire la superficie del dolore.
Socchiudo gli occhi.
La stanza intorno a me è immersa in un’oscurità soffocante, squarciata solo dalla luce che filtra dalle grandi finestre. Delle tende nere si muovono leggere, come spettri silenziosi, mentre il sole illumina i contorni di una camera che non conosco.
Le pareti scure sono decorate con ricami d’oro, quadri imponenti raffigurano scene di angeli e demoni, battaglie furiose tra il cielo e l’inferno. Il letto su cui sono distesa è immenso e delle lenzuola di seta nere mi coprono appena.
Dove sono?
Cerco di sollevare il braccio, ma qualcosa mi trattiene. Un filo trasparente, una sanguisuga attaccata alla mia pelle e un ago infilato nella vena della mia mano.
Devo toglierlo. Devo alzarmi, scappare e liberarmi, ma un ricordo si insinua nella mia mente. Miro. Il suo pugno, il dolore, la mia voce strozzata dalla paura. Il mio stomaco che si contrae in una morsa di sofferenza.
Dio, le pillole.
Le ho prese? Mi serve la mia dose.
Ma no, io ho smesso, non le voglio più.
Eppure, il mio corpo sta urlando e bisogno di prenderne una mi rode le viscere, stringendomi la gola. Il sudore freddo mi bagna la pelle e la nausea risale violenta. Tremo.
Quanto tempo è passato?
Quanto sono stata incosciente?
Mentre le mie domande corrono veloci nella testa, un suono rompe il silenzio nella stanza.
«Come ti senti?» È una voce profonda.
Mi volto lentamente, ogni muscolo del mio corpo protesta, ma non posso ignorarla.
Sascia Kovalenko è qui.
La sua presenza è un’ombra densa nella stanza, un’energia che riempie ogni angolo, ogni spazio. È seduto su una poltrona accanto al letto, il viso una maschera impenetrabile, lo sguardo freddo e inamovibile. I suoi occhi, invece, bruciano.
Un blu profondo, un abisso in cui potrei affogare.
«Dove mi trovo?» La mia gola è secca mentre pronuncio quelle parole.
«A casa mia.» La sua risposta mi stringe il petto. «Nella mia camera, per essere precisi.»
Le mie dita afferrano le lenzuola, stringendole come un’ancora di salvezza. Non posso essere qui.
«Devo andarmene.»
Cerco di sollevarmi, ma il dolore mi spezza il fiato e un’ondata di nausea mi colpisce in pieno mentre il mondo si inclina.
Mi mancano le forze quando di colpo arriva il ricordo di Miro.
Il suo corpo a terra. Il sangue. La sua voce che si spegne.
Sascia lo ha ucciso.
Le mie mani tremano perché dovrei avere paura di quest’uomo.
Eppure, lui è l’unico che mi ha salvata.
«Non dovevi toccarmi.»
Allungo la mano verso l’ago, voglio strapparmelo via, liberarmi, ma prima che possa farlo, le sue dita mi fermano.
«Non vai da nessuna parte.» La sua presa è un marchio sulla mia pelle. «Questo è il tuo posto, ragazzina, e se pensi di avere una scelta, non ce l’hai.»
Il mio cuore batte più forte quando mi fissa, le pupille dilatate, il respiro controllato.
«Tu non mi possiedi.» Il mio sussurro è disperato. «Appartengo a un altro uomo. Cosa non ti è chiaro delle mie parole?»
Il silenzio cade come una lama tra noi mentre i suoi occhi si stringono e una scintilla pericolosa si accende nel suo sguardo.
«Lo sto aspettando.» La sua voce è un sussurro letale. «E tu devi disintossicarti.»
Disintossicarmi.
Le parole mi esplodono nel petto, mi fanno male, perché so che è vero. «Cerca di stare buona, altrimenti dovrò legarti. E credimi se ti dico che preferirei farlo in altre circostanze.»
L’immagine di una me con i polsi bloccati e le sue mani che mi stringono, mi si accende nella mia mente.
Il mio stomaco si contrae mentre fisso le sue labbra ipnotiche che mi catapultato in un ricordo del passato.
«Tu mi baceresti?» La domanda mi sfugge, un impulso che non riesco a fermare.
I suoi occhi si spalancano mentre si allontana di scatto, come se lo avessi bruciato.
Perché l’ho chiesto?
Le sue labbra mi ossessionano.
I suoi occhi così profondi e il modo in cui mi guarda come se fossi l’unica donna al mondo, mi fanno sentire viva.
E proprio come il mio Padrone, sono sicura che anche Sascia se ne andrà.
Perché tutti se ne vanno, prima o poi. Ed è stupido pensare di regalare il mio cuore alle persone con la speranza che non gli facciano del male.
Cerco di trattenere le lacrime che mi pungono gli occhi mentre un macigno mi buca lo stomaco impedendomi di respirare al solo vederlo uscire dalla stanza mentre si volta e se ne va.
Mi ha lasciata qui.
Sola.
Di nuovo.
La mia mano scivola sulle mie labbra, il cuore un tamburo impazzito.
«Non andartene anche tu.»
Non so se l’ho detto ad alta voce oppure l’ho solo pensato.
Mi sfioro il petto con la mano libera e inizio a contare fino a dieci, il tempo di regolarizzare il respiro.
Uno, due, tre…
E ricomincio da capo.
L’aria non filtra nella gola.
Uno, due, tre…
La mia mente torna nel passato, torna da lui.
Torna sempre da lui.
Fatti toccare da un altro uomo e giuro che ti farò trovare le sue viscere davanti alla porta di casa, non scherzo Lilith. Non scherzo affatto quando ti dico che sei mia.
Sono tua.
Sì, dannazione. Sei mia e sto per farti a pezzi.
«I-io, n-non respiro» l’affanno mi ostruisce la gola e colpisco con un pugno le sbarre del letto.
Un dolore acuto si estende sul braccio e mi fa vedere le stelle.
Non respiro, ma la porta si apre di nuovo.
Lui è lì e i suoi occhi non sono più freddi.
«Respira, piccola. Respira.» La sua voce è un’ancora. Mi afferra la mano e il suo calore mi avvolge. «Ascolta il mio cuore.»
La mia guancia si appoggia al suo petto. Il battito feroce sotto la mia mano.
Uno. Due. Tre.
Il buio mi chiama, ma stavolta non ho paura di seguirlo.
«Non andartene anche tu.» Lo dico alta voce e una lacrima calda scivola sulla guancia.
«Mai. Non accadrà mai più.»
Passato
14 anni
I mostri mi corrono dietro, ma io corro più veloce.
Attraverso il bosco e mi fermo dietro una quercia per prendere fiato.
Premo la schiena contro la corteccia e divento minuscola, così piccola che nessuno riuscirà più a trovarmi.
Mi rannicchio con le ginocchia strette sul petto e inizio a contare.
Uno, due, tre.
Le lacrime scendono silenziose sul mio viso, non riesco a trattenere un singhiozzo che mi squarcia il petto.
Cerco di soffocarne un altro con una mano sulla bocca, ma è inutile.
«C’è il demonio in te, piccola strega. Dobbiamo mandarlo via, vedrai che dopo ti sentirai meglio» è don Vadim. Riconoscerei la sua orrenda voce ovunque, anche negli abissi.
Scuoto la testa e tiro su con il naso. Le foglie secche degli alberi si sono appiccicate sulla tonaca bianca che mi fanno indossare per le purificazioni.
«Hai capito, strega? Dobbiamo togliere quel demonio dal tuo corpo. Più passa il tempo e più ti farà male» la sua voce è sempre più vicina.
Non è vero che il demonio mi fa male, sono questi preti a farmene e io non ce la faccio più.
Mi alzo in piedi e ricomincio a correre veloce.
I rami mi graffiano i piedi sporchi di sangue.
Preferisco precipitare in un burrone anziché andare di nuovo con queste persone.
Mi hanno detto che la mia purificazione sarà come quella dei maschietti, e non come quella di Alys.
Non voglio farla, so cosa succede.
Quei bambini lanciano urla strazianti ogni volta che partecipano a uno di questi rituali. Li sento piangere e stare male per giorni interi.
L’altro giorno un bambino è scomparso, non lo abbiamo più trovato e una delle mie amiche mi ha detto che oramai è morto e che presto uccideranno anche noi.
Forse lo preferisco.
Da quando Alys è andata vita mi sento soffocare, mi aveva promesso che sarebbe tornata a salvarmi, non è mai venuta.
Mi ha lasciata da sola anche lei.
«Tra qualche giorno sarai venduta all’asta, avrai un padrone e dovrai mettere in pratica tutti i nostri insegnamenti, strega. Vieni qui subito!» don Vadim urla forte.
Sono a corto di fiato mentre penso a questo Padrone che forse potrà salvarmi.
Magari fa parte dei buoni?
La mia corsa si arresta quando inciampo contro un ramo secco e ruzzolo sul terreno, poi una fitta intensa al cuoio capelluto mi fa contorcere sulle foglie secche.
«Non voglio farlo!» urlo.
Don Vadim mi trattiene per i capelli e tira forte.
«Lo farai, strega. Lo farai e te lo farai piacere, perché da oggi in poi la tua vita andrà esattamente in questo modo.»
Il passato doloroso della piccola Anastasya ci spezza il cuore.
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𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕾𝖆𝖘𝖍𝖆 - 𝖛𝖔𝖑. 3
RomanceMolti pensano che io sia il diavolo in persona, per questo in tribunale mi faccio chiamare Michail come il demone di un famoso poema romantico della letteratura russa. Non sanno che mi faccio chiamare così perché, proprio come quel demone, penso di...
