Capitolo 17

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SASCIA

29 anni



Il sospiro strozzato di qualcuno mi fa sussultare.

«Credo che abbiamo ospiti» sussurro a Rick che si guarda intorno, incredulo.
È difficile arrivare alle catacombe, specie con tutta la sicurezza che ho messo nel perimetro intorno alla casa e alla foresta, ma non impossibile.
Niente lo è in questo dannato mondo.

«Non essere paranoico, papà. Non c'è nessuno» mi risponde con aria accigliata.

«Non sono paranoico, e non sbaglio mai.» Ribatto, lanciando un’occhiata seria «torna in casa e controlla dalle telecamere, allerta la sicurezza e fammi sapere.»

Rick annuisce e fa come gli dico anche se i suoi occhi mi scrutano dubbiosi.
Quando se ne va, resto qualche minuto in silenzio e riprendo ad allenarmi mantenendo i sensi in allerta.
Se qualche figlio di puttana ha deciso di morire proprio oggi, che si faccia avanti.

Non aspetto altro.
Un leggero prurito mi solletica i polpastrelli e ho tutta l’intenzione di dargli sollievo con un po’ di sangue.
Prendo a pugni il sacco appeso alla parete e attorciglio le catene intorno alla mia mano, finendo di squartare il ventesimo sacco della giornata.

«Sei tu» una voce delicata arriva alle mie spalle.

Mi chiedevo quanto tempo ci avesse impiegato per uscire allo scoperto, e per quanto io abbia desiderato che quel respiro provenisse da uno stronzo pronto a farsi uccidere, non posso ignorare il cazzo che si mette sull’attenti al suono della sua voce.

«Chi altri dovrei essere?» rispondo senza voltarmi nella sua direzione.

«Tu, sei lui. Ho riconosciuto il tatuaggio, non provare a negarlo.»

Chiudo gli occhi mentre assorbo le sue parole soavi che mi danzano intorno catapultandomi in un giardino dell’Eden.
Starle alla larga non serve a un cazzo.

«Lui chi?» ancora non mi volto, ma sento i suoi passi avanzare dietro di me.

«Il mio Padrone» la sua rabbia mi si riversa sulla schiena, ma quella parola ancora mi eccita uscita dalle sue labbra.

«Mi domandavo quanto tempo ancora ci avresti impiegato a capirlo» colpisco forte il ventunesimo sacco, per poi lanciare in terra la catena e voltarmi verso di lei.

«Per quello eri così sicuro che non sarebbe mai venuto a prendermi.»
Faccio schioccare la lingua e la guardo come un felino fissa la preda prima di divorarla, anche se ho deciso di non toccarla più, prima delle nozze.

Cosa che avverrà domani, ma non so quanto riuscirò a resisterle.

Il mio piccolo demone della tempesta mi scaraventa addosso a un muro di cemento ogni volta che entra nella mia orbita, e non mi lascia respirare.

«Che cosa vuoi, Lilith? Cosa sei venuta a fare qui? Torna in casa e dormi, avrai tempo a sufficienza per stare con me da domani» mi volto, la ignoro di nuovo, consapevole che la sua ira sta per colpirmi alle spalle.
Faccio un lungo respiro, perché finalmente posso chiamarla con il nome che le ho dato.

Mi mancava.

«Sei un bugiardo del cazzo. L’ennesimo uomo della mia vita che prova a ingannarmi» sbraita mentre mi prende a pugni la schiena.

Sa dove mirare per fare male, anche se ce ne servirebbero almeno dieci di donne come lei per farmi un graffio.

«Mi hai implorato, Lilith. Mi hai dato il tuo sangue» le ricordo, poi riprendo a picchiare il sacco nero.

«Già, e tu mi hai abbandonata. Tutti in questa cazzo di vita lo hanno fatto. Vaffanculo, Sascia!»
Stringo gli occhi con le fiamme che mi invadono il corpo, sudato e stanco.
Ha ragione, avrei dovuto portarla subito con me.
«Mi hai lasciato in quella cazzo di casa dove mi hanno drogata ancora una volta per farmi perdere gli unici ricordi a cui mi aggrappavo per poter respirare»

Non oggi, Lilith.
Sarei stato pronto per te da domani, quando avrei finito di sfogare la rabbia e mi sarei scrollato di dosso la sensazione di quelle mani sudice sulla pelle.

Non riesco a gestirti adesso, mio piccolo demone.
Ma lei non molla, sferra pugni e calci fin quando all’improvviso mi giro di scatto travolto da una furia violenta.
L'afferro per il collo con una mano e la spingo addosso al muro.
Sussulta e sgrana gli occhi incredula.

«Che cosa vuoi, Lilith? Vuoi che ti faccia in mille pezzi come la notte del tuo diciottesimo compleanno? Sta tranquilla perché è esattamente ciò che accadrà domani, dopo che ti avrò sposata» ringhio a un centimetro dalla sua faccia.

«Non ti sposo, cazzo, tu mi hai tradita!» le scintille nei suoi occhi prendono vita, noto con piacere che la mia rabbia non la spaventa affatto.
Ma lo sapevo già, perché quella cazzo di notte che le ho strappato la verginità, le sue urla di piacere ancora mi rimbombano nella testa.

«Attenta a come usi quella parola con la T, non tollero certe offese» io non ho mai tradito nessuno, tantomeno lei.
Ho cercato di starle lontano il più possibile per permetterle di vivere una vita che non ha mai vissuto, prima di tornare a reclamarla.

«Lo hai fatto, invece.  Mi hai fatto credere di essere impazzita e di essermi inventata ogni cosa. Sono stata ossessionata da te per tutti questi anni e mi rendo conto solo ora che non sei diverso dai mostri che hanno torturato me e tua sorella. Per cui…» fa leva sul mio avambraccio e mi si scrolla di dosso «stammi alla larga. Una volta avrei dato la vita per te, ora me la toglierei volentieri pur di non vederti più.»

Mi paralizzo di fronte a quelle parole taglienti come spade che mi penetrano dritte nel cuore.

Una volta avrei riso al solo sentire la parola “amore”, e al pensiero che sarei stato male per una donna, ma adesso capisco tutto.
Comprendo il dolore di Rick.
Comprendo il dolore di Artem.
Comprendo il dolore di Alys.
È questo ciò che si prova quando qualcuno prende la tua anima e la fa a pezzi?

«Smettila, piccolo demone della tempesta, non sei nelle condizioni per dettare regole. Te l’ho già detto quando avevi quattordici anni, te l’ho ripetuto quando ne hai compiuti diciotto e te lo ribadisco ora: sei mia» sentenzio incatenando i nostri sguardi, e mi si aggrovigliano le budella quando vedo una lacrima scendere sul suo stupendo volto.

Allungo un dito per catturarla, mi allontana con uno schiaffo.

Non sono come i tuoi mostri, dovrei dirle, e tu lo sai meglio di chiunque altro perché mi sei entrata dentro.
Hai percepito le crepe della mia anima e le hai sfiorate con un tocco impercettibile delle tue dita fin quando non mi hanno dato sollievo.
Hai visto i miei occhi attraverso quella maschera e hai capito fin da subito chi ci fosse dietro.
Lo sai.
Ma non glielo dico, perché sono un codardo.

Lilith abbassa la testa, si inginocchia ai miei piedi e il mondo mi crolla addosso.

In un attimo mi ritrovo catapultato nel passato, a quando le ragazzine venivano addomesticate come schiave per servire qualche prete del cazzo.
Era così che funzionava, una pratica che nel tempo non ha mai cessato di esistere, neppure quando sono scappato dalla scuola con Rick.

«Alzati, non sono il tuo cazzo di Padrone!» Il sangue mi ribolle nelle vene.

È per questo motivo che mi tremava il cuore ogni volta che pensavo a lei, la paura di essere solo un Padrone per la mia Lilith.

«Perdonami» mormora, ma non si schioda dalla posizione di sottomissione che le è stata insegnata alla scuola.
È incredibile come fino a qualche minuto fa fosse infuriata con me, mentre adesso è pronta a obbedire a ogni mio comando come una marionetta.
«Alzati in piedi, non te lo ripeto più» prendo un respiro profondo «ti sottometterò, ma non nel modo in cui credi» aggancio la mano dietro la sua nuca e la sollecito a sollevarsi.
«Guardami» ordino, lei obbedisce e pianta i suoi occhi verdi nei miei.
Le toglierò quel cazzo di velo nero che le ricopre lo sguardo.
«Sono l’uomo che ti ha fatto credere di essere stata abbandonata di nuovo. Sono l’uomo che voleva farti credere di essere impazzita, portandoti via un’altra parte del tuo passato» ripeto le sue parole perché voglio vedere di nuovo la sua rabbia, voglio che Lilith torni da me.
I suoi occhi scintillano man mano che il velo li scopre.
«Ti ho fatta a pezzi e ti ho lasciato da sola» continuo, un tono severo e deciso.

I suoi muscoli si irrigidiscono, le sue gambe si muovono, indietreggiano.
Ma quando avanzo per riavvicinarmi, il suo braccio si tende e mi molla uno schiaffo in faccia.
«Sei un pezzo di merda!» Grida, prova a fuggire.

L’afferro per i capelli attorcigliandomeli in un pugno.
Sbatte con la schiena sul mio petto e i nostri respiri si mescolano.

«Mi ecciti quando ti incazzi, piccolo demone» sussurro, le labbra appiccicate al suo orecchio «ma non ti azzardare più a inginocchiarti a me in quel modo.»

«Non mi inginocchierò a te in nessun modo» la sua lingua tagliente mi fa gonfiare il cazzo.

«Ti assicuro che lo farai» la stringo a me con forza fin quando la sua testa si posa sulla mia spalla, permettendo ai suoi occhi di fissarmi con odio.

«Scordatelo.»

Eccola, la mia donna ribelle.
È questo ciò che voglio vedere in lei.

«Quella sera non ti ho comprata per diventare il tuo Padrone del cazzo, ma per salvarti. Sei stata tu a donarmi il tuo sangue, ad aspettarmi, e sei stata tu a dirmi di essere mia!»

«Mi rimangio le parole» prova a dimenarsi tra le mie braccia, ma senza lottare troppo, e quando lambisco il suo collo con la lingua il suo corpo la tradisce.
Un brivido si scatena sulla sua pelle accaldata, trema tra le mie mani.

«È per questo motivo che non puoi rimangiarti un bel niente» faccio scivolare un dito sulla carne del suo collo, ancora scossa dal brivido, poi lo passo sul suo braccio percorrendo la pelle ancora sensibile.

Con l’altra mano stringo la presa intorno ai suoi capelli costringendola a riportare lo sguardo su di me «la tua mente prova a fare resistenza, ma il tuo corpo ti tradisce, così come il tuo cuore che sta esplodendo» con la lingua accarezzo la carne nuda della sua spalla. «Hai sempre saputo chi fossi fin dal primo giorno che ho messo piede in quel sudicio locale dove lavoravi» le mie labbra si posano sulla spira del suo orecchio «lo sapevi perché non facevi altro che guardarmi e stringere le cosce ogni volta che mi passavi accanto.»

«Sascia, smettila. Non ho mai saputo che fossi tu.»

Le tiro i capelli più forte e appiccico le labbra sulla sua guancia.
«Non lo sapevi ma lo sentivi con ogni fibra del tuo corpo. Hai solo tentato di ignorare i segnali, quindi smettila di dire che ti ho abbandonato, perché sono stato con te ogni cazzo di giorno» i miei denti affondano della carne della mandibola permettendo a Lilith di avere un sussulto, non riesce più a muoversi.

«E cosa hai fatto in tutti questi anni, dalla sera dell’Asta? Andavi a fottere altre donne mentre facevi crescere la tua bambolina preferita per poi romperla in mille pezzi?»

«Il mio piccolo demone è geloso, per caso?» la schernisco con una risatina senza mollare la presa su di lei.

«Rispondi, Sascia.»
Ogni volta che pronuncia il mio nome, il cuore accelera al punto da scoppiare.

«Non si è avvicinata più nessuna donna a me, dal giorno dell’Asta» non ha senso negarlo, è la pura verità.
Ogni volta che ho provato a farmi anche solo succhiare l’uccello, mi è venuto il voltastomaco.
Il mio piccolo demone con il suo sortilegio, si era già impossessato dei miei pensieri, e del mio cazzo. «E ho iniziato a uccidere tutti quelli che hanno violentato te e mia sorella» ma per la maggior parte di loro qualcuno è arrivato prima di me, massacrandoli e sventrandoli. Arriverà presto il tempo di smascherare anche questo eroe.

Lilith è rimasta inchiodata addosso al mio corpo, pronta a ricevere le attenzioni che le sto donando, mentre le confesso degli ultimi anni trascorsi senza di lei.
Si aggrappa con le unghie sul mio avambraccio, le conficca nella carne fino a farmi uscire delle goccioline di sangue.

«Più fai così e più mi viene voglia di ficcarti il cazzo in gola fino toglierti ogni dubbio dalla testa, ma sarai tu a supplicarmi di farlo. Proprio come mi hai implorato di scoparti quella bella fica rosa» un altro morso sulla sua carne morbida le scatena l’ennesimo brivido.

«E allora fallo!» Urla cercando di farmi allentare la presa «scopa pure la mia bocca, e toglimi di dosso la sensazione di quei viscidi cazzi che mi hanno violentata!» Le lacrime solcano il suo viso facendomi tendere tutti i muscoli.
Il solo pensiero che quegli uomini si siano presi la mia donna in modi inimmaginabili mi fa diventare una bestia.

«Attenta a quello che chiedi, Lilith.» Cerco di calmare il respiro, perché il mio uccello non ne vuole sapere.

«Quella notte ti sei preso solo una parte di me, quella incontaminata. Adesso prenditi il resto e cancella quei dannati ricordi!»

Lilith si dimena e le mie braccia mollano la presa per farla voltare.
Le punte delle sue scarpe mi sfiorano i piedi nudi.
Seguo i suoi movimenti e mi cullo nella sua collera, anche se la voglia di prenderla in qualunque modo non dà spazio ad altri pensieri.

«Fallo, Sascia» i suoi occhi si fissano nei miei «ti imploro.»

Quelle ultime due parole fanno sì che il mio inferno si riversi su di lei.
Le afferro la nuca con una mano e porto le mie labbra a due centimetri dalle sue.

«Non ti farò inginocchiare a me» non esiste per nessuna ragione al mondo che le farò ripetere l’esperienza dello stupro.
Ogni cazzo di momento passato con me sarà unico.
Unico e solo.

«E come pensi di fare?» Mi lancia una sfida che non perdo occasione per cogliere al volo.
Il mio sorriso si allarga con un ghigno.

«Sarò io a inginocchiarmi a te, ma non ti permetterò di dominarmi in nessun modo, Lilith, perché ti scoperò quella bocca insolente, proprio come vuoi tu.»

Le prendo mani con delicatezza e la conduco verso l’altare di pietra, dove ai suoi lati pendono due catene dalle maglie larghe.

«Resta ferma» il mio piccolo demone obbedisce rimanendo inchiodata sul pavimento con la faccia rivolta verso l’altare, mentre le incateno i polsi.
Riduco la lunghezza delle maglie in modo tale che le sue braccia siano tese e non possano muoversi.

I suoi occhi seguono minuziosamente ogni movimento, senza il timore che possa farle del male.
Se avvertirò anche il minimo dubbio in lei, la libererò immediatamente.
Quando finisco di sistemare le sue braccia, giro intorno all’altare e ci salto sopra, poi mi inginocchio di fronte a lei con il cavallo dei pantaloni all’altezza del suo bel visino.

Mi metto una mano in tasca e tiro fuori uno dei suoi elastici per capelli.
Strabuzza gli occhi non appena lo vede, le rispondo con un sorriso innocente e una scrollata di spalle.
Tengo sempre qualcosa di suo con me, specialmente i fermacapelli che uso come antistress tra le mani quando lavoro.

Le pettino i capelli con le dita e li lego in una coda alta, poi con piccoli e lenti movimenti inizio a sbottonarmi i pantaloni.
Quando mi calo giù le mutande e il cazzo mi rimbalza fuori dal tessuto, Lilith sgrana gli occhi.
Non ho alcuna pietà in questo momento, forse aveva dimenticato le mie dimensioni ma io sono un uomo che mantiene sempre la parola data.

«Non pensarci nemmeno e apri questa bocca per me, Lilith» le schiaffeggio con la punta dell’uccello le labbra che si schiudono appena.

«Per ora ti scoperò questa come promesso, ma sappi che mi prenderò ogni buco di te fino a quando riuscirò a cancellare quei dannati ricordi dalla tua testa per sostituirli con i miei. A quel punto ricomincerò da capo.»
Strofino la cappella con forza fino a fargli spalancare la bocca, poi con una mano le afferro la coda di cavallo e mi immergo dentro di lei con un affondo brutale.

Lilith sembra avere un conato ma cerca di mantenere la calma mentre aspetto che si adatti alle dimensioni per qualche secondo, ma quando la vedo farmi un piccolo cenno con il capo per continuare, non ci vedo più e inizio a scoparla senza pietà.

«Questa tua cazzo di bocca appartiene solo a me» impreco mentre esploro la sua gola che riesce a prendermi fino in fondo.
Proietta gli occhi pieni di lacrime nei miei, non smette di fissarmi.
Quando mi sfilo per farle riprendere fiato inizia a giocare con la lingua sulla punta del cazzo per farmi impazzire.
E ci riesce, dannazione.

Questa donna è riuscita a entrarmi dentro dal primo momento, e anche se non le sto permettendo di prendere il comando su di me, so perfettamente che si è già impossessata di tutto.
Del mio corpo.
Della mia mente.
Della mia anima.
E del mio dannato cuore che non cessa di battere per lei.

Torno a impadronirmi della sua bocca mentre rivoli di saliva colano lungo la guancia e gli occhi si gonfiano.
Ma Lilith non si oppone e mi accoglie donandomi il piacere più sublime che abbia mai provato.

Niente è paragonabile a questo.
Un brivido mi sale dalla schiena quando sento l’orgasmo arrivare come un’esplosione.
Mi sfilo da lei «Apri bene e tira fuori la lingua» comando.
Il mio piccolo demone obbedisce e io mi riverso in lei, schizzo dopo schizzo godendomi lo spettacolo di adornare la mia donna con il mio seme che le finisce in gola.

Dipingo il suo viso con gli ultimi schizzi sulle sue labbra e sulla faccia.
«Adesso manda giù e fammi vedere.»
Lilith ingoia tutto senza mai lasciare il mio sguardo.
Mi viene voglia di strapparle quei cazzo di vestiti di dosso e scoparmela fino a toglierle il fiato.

Ma per il momento mi limito a scendere dall’altare e pulirla con uno straccio umido, dopo averla slegata.

«Grazie per aver allontanato uno dei miei ricordi peggiori» dovrebbe essere una cosa buona, ma il gelo nella sua voce mi paralizza.
Fino a qualche minuto fa le piaceva, l’ho visto e non posso essermi sbagliato così tanto.
Mi ha implorato, lo voleva anche lei.

«Ho visto come ti piaceva, non provare a fare leva sui miei sensi di colpa, altrimenti ti prendo qui e ora» la rabbia mi offusca la vista.

Lilith mi gira intorno e danza come una dea fino a stordirmi, si piega su sé stessa e prende una delle catene che la teneva legata.
Osserva le maglie con uno scintillio malizioso negli occhi.
Se deciderà di implorarmi di farlo, non mi tirerò indietro.

«Hai detto che lo farai dopo il matrimonio» continua a maneggiare con le catene poi riporta lo sguardo su di me.

«Esatto» confermo le mie parole, e già me ne pento. Non so quanto riuscirò a sopportare di passare altre ventiquattro ore senza poter entrare dentro di lei e farla di nuovo mia.

«Ma prima devi riuscire a sposarmi» con un gesto rapido mi incatena il polso all’altare facendo scattare la manetta di ferro.

«Che cazzo stai facendo, Lilith?» il mio corpo si paralizza al contatto con le catene e una valanga di ricordi mi invade la mente.
Non posso permetterlo, devo concentrarmi sulla mia donna che non ha buone intenzioni.

«Me ne vado, Sascia» il freddo del suo tono mi colpisce in faccia mentre si volta, dandomi le spalle, e inizia a correre.

Cazzo, il mio demone della tempesta mi ha appena fottuto.
E non sono le catene che mi tengono legato a farmene rendere conto, ma il fatto che Lilith non sia uscita da dove è venuta.

Ha preso l’altro tunnel.
Quello che porta all’esterno della villa.


La piccola Lilith sta fuggendo, come la mettiamo adesso?
Sascia riuscirà a trovarla??

𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕾𝖆𝖘𝖍𝖆 - 𝖛𝖔𝖑. 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora