CAPITOLO 1
SASHA
Passato
«Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo»
Le ginocchia premono sul legno del confessionale impolverando i miei pantaloni YSL già macchiati di sangue, insieme alla camicia bianca.
«Perdonami Padre perché ho peccato»
Tengo la testa china con le dita delle mani intrecciate tra di loro, sotto al mento.
«Dimmi figliolo, qual' è il peccato che ti porta a chiedere l'assoluzione?»
La voce del parroco, al di là della grata, è asfissiante tanto quanto l'odore dell'incenso che si insinua nelle mie narici provocandomi un fastidioso prurito.
«Non ho rispettato il quinto comandamento»
Il silenzio incombe nella cappella mentre il respiro agitato nel parroco inizia a trapelare tra le mura. Percepisco il suo cuore accelerare ed è come se riuscissi a vedere il sudore imperlarsi sulla sua fronte.
«Sei sicuro, figliolo? F-forse confondi...»
«No» lo interrompo prima che possa finire la frase «ho appena ucciso un uomo. Uno di quelli infidi, Vadim Volkov»
«T-tu hai a-appena ucciso don Vadim? Figliolo forse hai bisogno di aiuto»
Mi viene da ridere.
«Credo che l'aiuto serva a lui. È crocifisso a testa in giù, prosciugato del suo sangue» faccio un respiro profondo e un sorriso meschino si affaccia sulle mie labbra. Peccato che lui non possa vederlo «e sto per ucciderne un altro»
Il mio pugno trapassa la grata di legno che si frantuma tra le dita. I polpastrelli si aggrappano al collo del sacerdote provocando un tremore sul suo corpo.
Prova a liberarsi graffiando con le unghie il mio avambraccio teso e rigido che non lascia scampo.
«Compirò su di loro una grande vendetta con castighi furiosi. E riconosceranno che io sono l'Eterno quando compirò su di loro la mia vendetta.»
E stringo. Stringo forte fino a sentire il suo cuore smettere di pulsare sulle mie dita.
29 anni
Molti pensano che io sia il diavolo in persona, per questo in tribunale mi faccio chiamare Michail come il demone di un famoso poema romantico della letteratura russa. Il nome che ho sostituito a quello di mio padre.
Sasha Roman Kovalenko.
Sasha Michail Kovalenko.
Suona meglio.
Non sanno che mi faccio chiamare così perché, proprio come quel demone, penso di essere destinato alla solitudine eterna.
Non credo nel demonio, nonostante le mie catacombe siano piene di crocifissi rovesciati. Tantomeno credo in un fantomatico Dio dietro al quale si nascondono le peggiori specie di esseri umani.
Se proprio dovessi scegliere un posto dove andare dopo la morte, sceglierei il Valhalla. Mi elettrizza l'idea che una volta finito il mio percorso sulla terra, io possa continuare a combattere, ubriacarmi e scopare come un animale. E poi mi piace Odino perché non è uno che se ne sta seduto sul suo trono dorato a osservare il resto della sua gente commettere peccati, lui partecipa. Combatte.
E ha donato un occhio per ottenere la saggezza del mondo.
Ma io ho fatto molto di più. Ho donato la mia anima.
Quella tormentata.
Il mio fratellino è affranto, i suoi occhi blu sono spenti mentre fa scivolare il bicchiere vuoto sul ripiano di legno della tavola calda a San Diego, il Roger Bar.
L'ho portato qui dopo avergli fatto trascorrere sei mesi nelle catacombe, una punizione nemmeno troppo severa dopo che ha tentato di uccidersi.
Se solo ripenso al fatto che era pronto a togliersi la vita mi viene voglia di rinchiuderlo di nuovo in una gabbia.
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𝖂𝖊 𝕬𝖗𝖊 𝕮𝖍𝖆𝖔𝖘 - 𝕾𝖆𝖘𝖍𝖆 - 𝖛𝖔𝖑. 3
Storie d'amoreMolti pensano che io sia il diavolo in persona, per questo in tribunale mi faccio chiamare Michail come il demone di un famoso poema romantico della letteratura russa. Non sanno che mi faccio chiamare così perché, proprio come quel demone, penso di...
