Ero in attesa di conoscere il colore della mia squadra e una volta scoperto di essere capitato in quella verde, andai subito a occupare il tavolo designato. Erano già state predisposte quattro postazioni PC con una stampante laser e dei fogli millimetrati per i nostri appunti.
Ogni postazione portava il colore della squadra ed era collegata a internet. Come tinta non mi dispiaceva per niente perché associavo il colore verde alla speranza che un giorno tutto sarebbe cambiato.
Mi sistemai comodo mentre leggevo i nomi dei miei compagni di squadra in sovrimpressione e uno per volta si sedettero insieme a me.
Scegliere il team leader nel giro di cinque minuti non sarebbe stato semplice, soprattutto non conoscendo ancora le persone con cui mi sarei dovuto confrontare. Sarebbe stata una bella sfida.
A raggiungermi per primo fu un ragazzo con capelli scuri e scompigliati che gli arrivavano alle spalle. Portava una maglietta nera con un'indecifrabile scritta verde fluorescente.
«Ciao! Io sono Josh» esordì ancora prima di prendere posto, nell'attesa che anche gli altri due fossero arrivati.
Dai suoi occhi castani traspariva un carattere intraprendente, una personalità molto espansiva. Prese rumorosamente posto trascinando la sedia con i piedi, mentre scostava i capelli che gli scivolavano costantemente davanti agli occhi. Il tavolo era rotondo e lui si sedette proprio di fronte a me, mentre alla mia destra si accomodò una ragazza.
«Piacere, mi chiamo Samantha» disse timidamente tenendo le mani dritte sotto il tavolo.
Le feci un sorriso per avere un approccio amichevole ma si vedeva attraverso i vetri dei suoi occhiali tondeggianti che fosse molto tesa. Assunse una posa composta, forse un po' troppo rigida ma, scrutai un carattere meticoloso e attento alla cura del corpo visti i bei vestiti e i capelli castani chiari ben pettinati e semi raccolti in un'elegante coda alta.
«Ciao squadra, Io invece sono Lucas, piacere di conoscervi» disse un terzo ragazzo che si unì alla squadra. Era un ragazzo magro e dalla pelle chiara quasi come la mia. Anche lui portava un paio di occhiali da vista e i capelli biondi e molto corti, i suoi vestiti erano normali abiti casual.
Si accomodò alla mia sinistra occupando l'ultimo posto rimasto e a quel punto mi presentai anch'io, col mio solito falso nome.
«Mi chiamo Noah, lieto di fare squadra con voi».
Lucas fu il primo a prendere la parola e sembrava piuttosto sicuro di sé.
«Allora ... la buona notizia è che sento che siamo la squadra più forte, quella cattiva ... »
«È che dobbiamo scegliere l'agnello sacrificale!» completò la frase Samantha per ironizzare.
«Ahahaha, bella la battuta bro» aggiunse Josh che a quanto pare sembrava quello più scherzoso di tutti.
Quel giorno riuscii a individuare una personalità molto nerd in Josh, mentre Samantha era certamente la classica ragazza seria e posata pronta ad avere tutto sotto controllo. Inquadrai un team formato tutto da membri molto giovani, forse era Josh il più grande di tutti noi.
I tre ragazzi iniziarono a discutere animatamente tra loro su chi dovesse essere la vittima che si sarebbe assunta la responsabilità di condurre il gruppo ma, siccome il tempo scorreva, mi decisi a prendere in mano la situazione.
«Non ci sarà nessun sacrificio perché noi vinceremo, quindi se vi fa piacere, mi prenderò io questa responsabilità, così sarete tutti più tranquilli».
Stupito dalla mia presa di posizione così coraggiosa a parer loro, Josh mi propose di giocarcela a sorte ma ripetei che per me andasse bene così. Se qualcuno tuttavia era desideroso di occupare il mio posto, gli avrei ceduto volentieri il ruolo; nessuno parlò. Leggevo nei loro sguardi e nei gesti una paura matta di essere eliminati dal torneo e così mi confermarono come leader del gruppo.
Scaduto il tempo della scelta, fu chiesto ai tre team leader di alzarsi e proclamarsi e il mio nome sullo schermo, balzò in cima alla squadra colorandosi di verde, così che tutti gli spettatori potessero vederlo. Sentii i miei compagni fare il tifo per me, soprattutto Akiko che sembrava entusiasta del mio ruolo.
Il cronometro della sfida a squadre fu avviato. Avevamo tre ore per portare a termine con successo questa prova e sui nostri monitor comparvero dei dati che corrispondevano a un bilancio aziendale in discesa. Il nostro compito era di migliorarlo con la proposta di un nuovo piano per farlo decollare, attuando delle strategie per salvare l'azienda, che però in questo caso era fittizia. Il tutto era facilitato per via del poco tempo disponibile ma non per questo non avremmo dovuto impegnarci al massimo.
Come team leader presi subito la parola, ma in un modo che gli altri tre non si aspettavano.
«Prima di iniziare vorrei sapere una cosa da voi: perché siete qui oggi e qual è il vostro sogno?»
Come d'aspettativa la mia richiesta, visto il poco tempo a disposizione fu alquanto singolare, scatenando una piccolissima protesta da parte dei miei collaboratori.
«Questo cosa c'entra con quello che dobbiamo fare?» Disse Lucas quasi infastidito corrugando la fronte per la strana richiesta. Anche Samantha non poté fare a meno di dire la sua.
«Infatti ... non sarebbe meglio utilizzare questo tempo per iniziare a leggere la commessa?»
Rimasi qualche secondo in silenzio aspettando anche il commento di Josh ma lui non disse nulla, forse stava ancora elaborando la mia richiesta e nel frattempo, cercai di dare le mie motivazioni.
«Colleghi ... È fondamentale capire la motivazione che ci spinge a raccogliere una sfida come questa. La motivazione è il motore senza il quale nessuno nella vita farebbe niente».
Ero fermamente convinto che se la mia volontà di rendere il mondo un posto migliore non fosse emersa qualche anno fa, di certo non mi sarei trovato nella situazione in cui ero oggi, tuttavia solo colui che osa ha qualche possibilità di spiccare il volo ... o schiantarsi, com'era successo a me. A quel punto Josh emerse dal silenzio ombroso schiarendosi la voce.
«Se non vi dispiace, posso iniziare io».
Molto felice della sua iniziativa gli diedi la parola e restai in ascolto. Per guidare un gruppo era necessario a mio parere conoscerne le parti e capire quanto fossero disposte a lottare e a mettersi in gioco.
«Sono qui perché voglio fare di questa passione il mio lavoro; dopo aver finito l'università e conseguito un master, desidero utilizzare questa opportunità per realizzare il mio sogno di diventare un esperto sviluppatore di videogiochi ma, questo non mi basta. Il mio più grande desiderio è di fare la differenza nel mondo e dare un contributo consistente all'umanità».
Rimasi piacevolmente colpito da quelle parole. Di solito la gente si limita a dire che vuole trovare un buon lavoro, che desidera realizzare se stessa, magari farsi una famiglia e questo ci può anche stare; fare la differenza nel mondo invece era una motivazione per cui valeva la pena lottare davvero ed anche io mi rispecchiavo molto nelle sue parole. Quel ragazzo già mi piaceva perché era molto simile a me, ma due caratteri affini che percorrono la stessa strada, è inevitabile che prima o poi si scontrino. In ogni caso era un buon inizio che servì per sbloccare anche gli altri due.
Lodai Josh e lo ringrazia per aver condiviso queste belle parole con noi, poi fu Samantha a dire la sua.
«Io sono qui per rendere fieri i miei genitori, hanno fatto molti sacrifici per permettermi di studiare e vorrei renderli orgogliosi di me».
«Ti fa onore Samantha, ti ringrazio molto» le dissi, per poi rivolgermi a Lucas. Quando lo interrogai, i suoi occhi si fecero lucidi.
«Per pregressi motivi di salute ... ecco ... non sono ancora riuscito a finire gli studi e questo mi ha fatto ammalare di depressione».
Mi venne la pelle d'oca al solo sentire quella parola. Che tasto dolente aveva toccato quel ragazzo dai capelli biondo platino e gli occhi grigi e lucidi. La depressione è una brutta bestia ed è difficile uscirne se non sei abbastanza determinato per sconfiggerla. È un mostro che ti consuma dall'interno e spesso nessuno se ne accorge, nemmeno l'interessato. È un male subdolo e difficile da isolare ed io ci ero passato. Notavo però che anche lui ne fosse uscito piuttosto bene, anche se immaginavo che non fosse ancora trascorso molto tempo visto il suo fisico un po' provato. Provai ammirazione nei suoi confronti e avrei voluto dirgli per esperienza che era stato grande nella sua battaglia ma preferii tenerlo per me. Non amo la compassione della gente, non mi piace quando qualcuno prova pena per me, è qualcosa d'insostenibile poiché fa sentire in imbarazzo. Lucas aveva avuto il coraggio di raccontarlo e quel giorno capii di avere intorno a me le persone che facessero al caso mio.
«Adesso pare che finalmente stia superando questa brutta fase e credo che questo torneo possa darmi quella scintilla che mi serve per riprendere in mano la mia vita».
«Che tu ne sia uscito Lucas dimostra la tua grande forza di volontà e per questo ti ammiro molto. Le vostre storie sono tutte meravigliose» conclusi chinando il capo per ringraziare tutti ma poi, mi fu rivolta da Josh la stessa domanda e non potevo tirami indietro nel rispondere e dovevo cercare anche di essere convincente.
«Sono qui perché era da tanto tempo che non mi divertivo in questo modo» risposi lasciando un velo di stupore nei miei interlocutori, ma era la pura verità, perché non potevo di certo aspettarmi un futuro diverso solo portando a casa un titolo di cui non avrei mai potuto usufruire.
«Sei qui solo per divertimento?» chiese Samantha che non si capacitava delle mie parole.
Cercai di colorare un po' la mia motivazione per avere una maggiore approvazione poiché sarei stato a capo del progetto, e un leader se vuole essere seguito non deve apparire superficiale, così corressi il tiro.
«Essere qui per vedere delle persone disposte a tutto per raggiungere i propri obiettivi, mi rende consapevole che il mondo sia in ottime mani, per questo sono molto felice di guidare questo gruppo e m'impegnerò per farlo al meglio. Adesso ditemi qual è la vostra abilità principale, così ci divideremo i compiti. Josh?»
«L'informatica è la mia passione, non mi batte nessuno; ho hakerato il mio primo sistema all'età di sei anni» rispose audacemente e se ne vantava pure. Mi ricordava molto me stesso diversi anni prima, due piccole menti geniali.
«Abbiamo un criminale informatico qui!» dissi scoppiando a ridere e ripensando a quando anch'io dalla mia stanza mi ero intrufolato attraverso il sistema di videosorveglianza di casa mia, per vedere i movimenti della servitù del palazzo e poter scappare. Ero già grande e stare chiuso tutto il giorno dentro quella stanza, era diventato pesante da sostenere, così pur di fare qualcosa di diverso mi ero ingegnato in questo campo.
«Molto bene, tu sarai il cuore pulsante del nostro software. Lucas?»
«Io sono bravo nella programmazione e nel mettere insieme le parti meccaniche, mi dedico alla costruzione di automi a stati finiti».
«Fantastico, sarai le nostre braccia e le nostre mani. E tu Samantha?»
«Amo la progettazione, pensare, prevedere, organizzare e attuare».
«Allora non avete proprio bisogno di me. Io mi occuperò di tutto il resto. Non potrebbe esserci squadra più completa della nostra. Adesso che ognuno di noi ha espresso il focus per cui sarà qui a lottare per le prossime tre ore ed anche oltre – e questo ve lo auguro con tutto il cuore - possiamo partire. Forza squadra verde! Qua la mano».
Con le mani impilate l'una sull'altra, siglammo il nostro patto, pronti a portare a termine la difficile missione che ci era stata affidata.
Dissi loro di iniziare a leggere la commessa mentre io mi sarei occupato di impostare i fogli di lavoro per tutti e quattro ma Josh, era preoccupato che ci avrei messo troppo tempo e propose che ognuno si facesse il suo. Obbiettai spiegando che anche se adesso avrei perso un po' più di tempo, avere un foglio di lavoro unico ce lo avrebbe fatto guadagnare nella fase successiva.
Alla fine accettarono il mio metodo, anche perché ero il leader ed ero bravo nei calcoli, sapevo destreggiarmi bene e velocemente.
Tutte le squadre si misero all'opera per dare il meglio, i team leader guidavano i tre gruppi, ma in alcuni casi la tensione era così alta che il lavoro diventava motivo di discussione; nella squadra rossa ci fu uno scambio d'idee un po' rumoroso e i membri della commissione si sentirono in dovere di intervenire. Il professor Campbell e il suo collega Williams si avvicinarono al tavolo rosso che era proprio accanto al mio e li sentii discutere.
«Che cosa succede ragazzi? Parlatene con noi». Intervenne il presidente cercando di calmare gli animi.
Il team leader rosso espose le difficoltà della gestione della propria squadra.
«Non mi ascoltano! Non riusciamo a metterci d'accordo su chi deve fare cosa!»
«Sei tu che vuoi imporre i ruoli!» Lo rimproverò un compagno di squadra abbastanza contrariato.
«Che cosa dici?» si ritrasse il capo squadra andando subito sulla difensiva; «come faccio a dirti cosa devi fare se non conosco le tue peculiarità?»
«Tu non ce le hai mai chieste!» si sfogò un altro compagno andando in difesa del primo.
«Infatti Kevin» s'intromise anche il terzo compagno «allora come facciamo a collaborare in questo modo?»
Tutti si erano ribellati al loro team leader che a quanto pare non aveva un metodo adatto per gestire delle persone sotto pressione. Iniziarono a litigare e il professor Campbell intervenne, deciso a riportare l'ordine.
«Calmatevi squadra rossa, non è questo il modo giusto di partire. Mi rivolgo a voi ma soprattutto a te che sei il team leader. Tu sai quali sono le competenze delle persone della tua squadra?»
Sapevo grazie alle sue lezioni, che un leader dovesse avere tutto sotto controllo e conoscere la propria squadra prima di farla lavorare, per questo mi ero soffermato a fare questo, proprio per evitare le difficoltà che stava avendo la squadra rossa a avviarsi. Ero soddisfatto di come avessi impostato il lavoro di squadra e desideravo con tutto me stesso che lui fosse fiero di me.
«No ...» rispose Kevin, il team leader rosso, «suppongo però che se loro sono arrivati fino a qui siano persone in gamba».
Con le supposizioni non si va da nessuna parte e la commissione cercò di farglielo capire, altrimenti la squadra avrebbe fallito ancora prima di cominciare.
Su questo non c'è dubbio Kevin, tuttavia i campi della matematica e dell'informatica sono molto vasti e difficilmente tutti siamo bravi in tutto. Capisci che cosa intendo?»
«Certo signore» sospirò abbassando la testa.
«Allora la prima cosa che devi fare come leader, è capire quali sono le armi a tua disposizione, così saprai a chi affidare certi compiti e a chi no; inoltre cosa non meno importante è interrogarvi se siete venuti qui solo per passarvi una giornata di svago oppure se avete intenzione di fare di queste competenze il vostro futuro. Il torneo non è semplicemente un gioco, anzi, rappresenta una grandissima opportunità perché vi farà da vetrina per il mondo del lavoro. Pensateci bene e tu Kevin hai una grande responsabilità. Agisci come se questo fosse un vero lavoro. Se il progetto non dovesse essere accettato dal committente, voi perdereste un'opportunità di guadagno e di futuro.
Le dodici persone che stanno partecipando a questa fase sono state accuratamente selezionate e sono tutte capaci, ma il risultato dipende soprattutto dalla gestione dei caratteri e dalle relazioni che nasceranno nel team e sei tu che tu dovrai mediarle per uniformare il gruppo senza però sopprimere le peculiarità di ciascuno».
Era facile a dirsi ma condividevo appieno quello che il mio professore intendeva dire. Il torneo non era un passatempo ludico, anche se molti lo consideravano tale. Avevo proprio azzeccato quello che la commissione si aspettava da noi e questo non fece altro che aumentare la mia sicurezza e la mia autostima, tanto da permettermi di sedare in maniera costruttiva tutte le discussioni che avrei avuto più avanti con i miei compagni, perché confrontarsi, anche in maniera consistente davanti a una difficoltà oggettiva come quella che stavamo affrontando era del tutto normale.
«Vuoi forse che tu e la tua squadra veniate eliminati?» continuò il presidente per spronare quel ragazzo che si era parecchio scoraggiato. Ormai la decisione di scegliere lui come team leader era definitiva e il regolamento del torneo non permetteva dei ripensamenti. Una volta che ci si assumono delle responsabilità non resta che affrontarle.
«Questo mai!» protestò Kevin con decisione.
«Allora mettiti a lavoro e non aver paura di farti rispettare dai tuoi compagni di squadra se ti hanno scelto come guida, ma ricorda: il buon leader non è quello temuto e nemmeno quello amato ...»
«"... il leader di successo è quello stimato"» ripetei a me stesso ripensando alla mia prima lezione sulla leadership imposta da Ghecis, la quale, anche se da me reputata noiosa allora, mi era tornata utile. «" ... rispetta sempre e idee di tutti ma la decisione finale prendila tu, perché il leader è quello che mette in gioco più di tutti"».
A proposito di leadership e di quelle noiose lezioni di etichetta a cui sono ero stato sottoposto per anni. Io ero diventato il re del Team Plasma; ogni azione nei miei confronti, ogni rimprovero e ogni pretesa era finalizzata a trasformarmi in un sovrano temuto più che stimato e questo a me non era mai piaciuto, io non volevo governare infondendo nella gente la paura ed il timore, non ero tagliato per fare questo, anzi, io non ero adatto a fare il re ed i miei ideali spesso e volentieri cozzavano con quelli di Ghecis.
Oggi però sarebbe stato diverso: sarei stato il leader stimato che avrei sempre voluto essere per il bene di tutti, per i motivi per cui mi ero sempre battuto e mosso dalle mie motivazioni. Era la mia occasione per dimostrare che Natural non era l'ombra di suo padre e nemmeno il suo degno erede, lui era diverso e voleva manifestarlo alla gente, lo desiderava più di ogni altra cosa al mondo. Io lo pretendevo da me stesso.
«"Qual è il tuo desiderio più grande Natural?"»
Ricordai le parole di Virgil. Nessuno me lo aveva mai chiesto prima di lui, nessuno si era mai interessato a me in questo modo, nemmeno Antea e Concordia che seguivano soltanto le direttive che Ghecis dava a loro per occuparsi di me.
Io dovevo crescere per l'unico scopo per cui valesse la pena vivere: il sogno di mio padre e nient'altro. Le mie aspettative, i miei desideri e le mie aspirazioni non contavano niente e loro erano lì per riportarmi sui binari che mio padre aveva fatto posizionare per me, e quando il mio treno deragliava ... beh ... c'erano sempre quelle due ragazze pronte a rimettermi in riga. Tuttavia non riuscivo a essere arrabbiato con loro, anche le mie sorelle adottive erano delle vittime come lo ero io.
«"Il mio desiderio più grande è avere il perdono"».
«"Perdono?"
«"Si. Se avessi la possibilità di avere l'attenzione di tutta la gente di Unima, la cosa che chiederei è che loro possano perdonare le mie azioni"».
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Per sempre mio fratello ~ Pokémon Nero e Bianco ~
Fiksi PenggemarQuando i destini di due persone desiderose di rialzarsi, le quali tuttavia non trovano la forza s'incontrano, ecco che tutto può cambiare. Due vite opposte e tormentate, due anime in fuga possono essere l'una rifugio dell'altra nelle avversità che i...