Le veneziane della mia stanza al secondo piano del centro Pokémon di Austropoli, facevano filtrare una piacevole luce che mi accarezzava la pelle, i rumori delle automobili dalle strade giungevano con piacere alle mie orecchie ovattate.
Mi sentivo ancora debole ma ero sollevato di essermi svegliato da quel terribile incubo.
Vidi il letto vuoto di fianco al mio, Virgil doveva essersi alzato già da un po' poiché l'orologio segnava le 10:30 passate. Tirai fuori il mio frattale cubico, una Spugna di Menger in metallo, artefatto lucido, resistente e ben fatto. Non avevo mai saputo perché portassi quell'oggetto sempre con me. Per paura di perderlo lo avevo agganciato a un passante dei pantaloni, riponendolo però dal lato interno e aveva funzionato. Nessuno me lo aveva portato via. Speravo tanto di scoprire cosa significasse per me quel cubo che tutti consideravano strano, tutti tranne chi è appassionato di scienza e di matematica. Lo feci ruotare come se fosse un cubo di Rubik, ma era diverso. Mi aiutava a pensare, a rilassarmi.
Continuavo a riflettere sul perché il pugnale a forma di fulmine avesse reagito nelle sue mani. Zoaroak me lo aveva raccontato e non mi capacitavo di credere che la persona che stavo cercando potesse essere davvero lui. Come avrei fatto ad interagire con qualcuno che non vedeva l'ora di consegnarmi alla polizia per smascherare i miei segreti? Sapevo che si stesse sforzando per capire che cosa si nascondesse in me, ma come potevo appellarmi a qualcuno che serve le autorità e che ha dei contatti con la polizia internazionale, con la quale non voglio avere più niente a che fare? Certo che se mio padre era tornato in libertà la questione sarebbe dovuta tornare tra le loro mani. Tuttavia non avrebbe avuto il mio aiuto mai più.
Non sapevo come comportarmi e che cosa fare. Volevo dare una mano per proteggere la mia terra, ma come potevo farlo se dovevo rimanere eternamente nell'ombra, col rischio quotidiano di essere ucciso, visto quanto era diventato aggressivo il Team Plasma nei miei confronti? E come avrei fatto a proteggere le persone che mi stavano intorno? Forse sarei dovuto andare via, approfittando della sua momentanea assenza per far perdere le mie tracce ma ormai, dopo quello che avevo subito e dopo che lui aveva rischiato la sua vita per trarmi in salvo, avevo paura di ogni possibile mossa. Mi stavo evidentemente indebolendo, del resto mio padre me lo aveva sempre ripetuto: «"L'amore verso i tuoi simili ti rende debole"».
E se avesse sempre avuto ragione? Per tutto il tempo in cui avevo vissuto con lui, mi aveva impedito di frequentare persone, se non con lo scopo che un tempo c'eravamo prefissati; quando m'innamoravo di una ragazza puntualmente, mi rinchiudeva nella mia stanza per mesi, per riportarmi all'obbedienza e mandava il Trio Oscuro a pedinarmi quando mi concedeva il permesso di avventurarmi fuori. Quei tre spettri erano le mie guardie del corpo. Loro però non proteggevano me quanto piuttosto gli interessi di Ghecis ed io dovevo essere il figlio fedele adattato ai suoi scopi; i miei sentimenti, la mia vita non contavano niente. C'era solo il suo sogno davanti, ed io, il suo burattino, ero qui oggi a subirne le conseguenze.
Ero in fuga da tutto e da tutti, non potevo avere amici, un lavoro, una vita normale perché la mia missione mi spingeva al di fuori di tutto. Era il mio destino e lo abbracciavo ogni giorno mentre la morte stava sempre alle mie spalle, pronta a trascinare me ed i miei segreti nell'oscurità. Mi trovavo in un limbo, tra la terra e il mare e se provavo a percorrere il labirinto sbagliando strada, rischiavo di perdermi per sempre.
Virgil mi aveva consigliato di alzarmi per andare a fare un po' di moto, ma non prima che lui tornasse per darmi una mano, nel caso in cui le mie gambe ancora fragili non avessero retto il mio insignificante peso. Rimasi a letto e abbassai le palpebre aspettando il suo ritorno che però tardava, così mi addormentai di nuovo.
Fui svegliato da due mani che mi scuotevano, aprii gli occhi e lo vidi davanti a me, agitato, forse un po' troppo eccitato. Corrugai la fronte in un'espressione interrogativa per capire.«Alzati, dobbiamo andare!» mi disse con decisione cercando di tirarmi fuori dal letto.
Guardai l'orologio, era mezzogiorno.
«Andare dove?» balbettai guardandomi intorno.
Virgil si muoveva a scatti, aveva fretta e mi sollecitò fisicamente ad alzarmi senza curarsi del mio stato di salute. Mi misi seduto nel letto, ma lui mi spronò affinché mi vestissi e lo fissai cercando una spiegazione.
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Per sempre mio fratello ~ Pokémon Nero e Bianco ~
Hayran KurguQuando i destini di due persone desiderose di rialzarsi, le quali tuttavia non trovano la forza s'incontrano, ecco che tutto può cambiare. Due vite opposte e tormentate, due anime in fuga possono essere l'una rifugio dell'altra nelle avversità che i...