1 - Oltre l'oblio

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cinque anni dopo.

Sappiamo entrambi quanto sia sbagliato stare qui, Charles Norton e David Omi, prima nemici che non potevano nemmeno tollerarsi, poi colleghi di lavoro all'interno della mafia, ora nuovamente nemici.

Ma questa sensazione? cos'è? la provo solo io questa sensazione? Totalmente orrenda come stupenda allo stesso tempo.

Sento lo stomaco rovesciato con vuoti improvvisi come se stessi sulle montagne russe: ogni giorno da quando Omi lasciò la mafia. "É normale che io pensi ancora a lui dopo tutto questo tempo?" Lui sarà sicuramente andato avanti, il nostro rapporto ormai è troncato da cinque anni, eppure, non riesco a dimenticarlo, non riesco ad abbandonare il fatto che sia tutto concluso, e un capitolo chiuso non si può riaprire una volta trascritto con l'inchiostro.

É come in fisica quantistica, se due particelle interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separate, non possono più essere descritte come due entità distinte, perché tutto ciò che accade a una continuerà a influenzare il destino dell'altra. Anche ad anni luce di distanza.

Presa così la fisica non sembra poi così pesante, se solo potessi non identificarmi in questo principio... "e allora per quanto dovrò subire questo strazio? Dovrei non potermi dimenticare di lui ancora per molto?".

Ci pensò Ryūga Akuta a riportarmi alla realtà togliendo il peso dei miei pensieri che, ormai porto da tempo; anche lui c'era rimasto molto male per la scomparsa di David dalla sua vita, avevano un rapporto molto legato in cui David insegnava al piccolo Ryū a combattere in vista del futuro e quando se ne andò quest'ultimo represse tutta la rabbia che aveva all'interno cercando di esternare tutto successivamente, solo nei combattimenti, questo è sempre stato il suo modo di sfogarsi dai cinque anni passati a ora.

<Norton, ora vieni con me> disse risvegliandomi dai miei pensieri. Mi prese per la vita sollevandosi piano con la schiena per non essere troppo brusco, mi fece alzare dalla sedia e mi trascinò fuori dalla taverna in cui mi trovavo <quante volte te lo devo ripetere? devi smettere di bere così tanto, non ti fa per niente bene e non lo reggi proprio> mi sgridò il ragazzo, lui si preoccupa spesso per me, anche se per la maggior parte del tempo non lo fa notare. <Ryū, non devi preoccuparti per me, riesco a reggere un po' d'alcol non ci sono problemi, mettimi giù> ridacchio per tranquillizzarlo <vedremo> disse l'altro. Il corvino subito dopo avermi fatto poggiare i piedi sul terreno emise un risolino abbastanza nascosto ma vedendomi barcollare si avvicinò frettolosamente a me e portò la mia testa sotto il braccio e andando verso quel "buco" considerato la sede della Mafia <non lo reggi proprio, Charles> continuò il moro. Non fiatai per tutto il tempo fino a quando non arrivammo in stanza, mi poggiò nel letto ma lui guardandomi in faccia notò che ci fu qualcosa che non andasse in me, gli occhi sono rossi, quasi ad assomigliare all'arancione carota dei miei stessi capelli, l'azzurro che si scurisce piano a diventare sempre più un grigio e la pupilla che si dilata sempre più.

L'alcol che mi sta mangiando vivo, quasi da sentirlo scorrere nel mio corpo, poggiai la testa sul cuscino e portai il cappello nero che avevo in testa sulla faccia, coprendola quasi del tutto. <Charles, cos'hai?> sentii la voce del mio amico, non risposi. <Non bevevi così tanto da...> iniziò la frase, senza mai finirla <da quando David se ne andò> aggiunsi posizionando le gambe incrociate una sull'altra <ma ora non c'è più e io mi sento vuoto, dov'è finito il mio compagno di squadra? non so nemmeno dove sia andato e in questi cinque anni non si è più presentato dinanzi a noi> le parole uscirono dalla mia bocca a bassa voce, come se fosse solo un sussurro lontano, lui rimase in silenzio, io con le lacrime agli occhi e l'alcol alla testa; non riesco più a trattenermi mi verrebbe da spaccare il muro. L'alcol incrementa maggiormente i poteri rendendoli incontrollabili e la rabbia sale fino a riempire ogni centimetro del corpo, ormai usato da contenitore per i sentimenti, fin troppo repressi, troppo tempo passato senza notizie, è uno strazio. L'attimo fu però spezzato da Ryūga, si avvicinò a me e mi abbracciò, un gesto agli occhi di molte normali, per me e Ryū è una sensazione molto strana, lui non si preoccupò minimamente che potessi colpirlo o attaccarlo in preda alla rabbia, era semplicemente tranquillo.

Riuscì a trasmettere in me un senso di pace che non provavo da anni in non più di dieci minuti di abbraccio, era davvero questo quello di cui avevo bisogno? Un abbraccio seppur corto che sembra durare in eterno.

Mi feci cullare dalle braccia di Ryū e chiusi finalmente gli occhi con la faccia rivolta nell'incavo del suo collo a farmi cullare tra le mie insicurezze; era un attimo di pace in cinque anni di casino, lasciamo che basti anche se per poco.

You made me hate this cityDove le storie prendono vita. Scoprilo ora